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Commento al nuovo Codice appalti: entrata in vigore e principi generali

16/05/2023

Entrata in vigore ed efficacia del nuovo Articolato

Il 31 marzo 2023 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il nuovo Codice dei contratti pubblici (D.Lgs.n. 36/2023), che è entrato in vigore il 1° aprile 2023; l’art. 229, tuttavia, stabilisce che detto decreto legislativo diverrà operativo - e quindi le sue disposizioni acquisteranno efficacia - solo a partire dal 1° luglio 2023.

A ciò aggiungasi che, per consentire l’effettiva messa a regime del nuovo articolato, molti degli istituti entreranno effettivamente in vigore solo a far data dal 1 gennaio 2024, con ciò significando che occorrerà attendere l’inizio del prossimo anno per vedere operativo l’intero Codice.

Le gare indette dopo il 1/4/2023 e fino al 30/06/2023 seguiranno dunque la disciplina del “vecchio” codice (D.Lgs.n. 50/2016), mentre quelle pubblicate successivamente vedranno l’adozione di quello nuovo (D.Lgs.n. 36/2023).

Attenzione tuttavia, in quanto vale in ogni caso la regola del “tempus regit actum” secondo cui la procedura è disciplinata dalla normativa vigente al momento della sua pubblicazione (anche se, nel corso della gara, detta normativa viene abrogata), ragion per cui il D.Lgs.n. 50/2016 continuerà ad esser applicato, anche dopo l’1/7/2023, alle gare indette prima di tale data.

Una delle più importanti novità del nuovo Codice sarà comunque operativa solo dal prossimo anno, quando dovrebbe andare a regime l“Ecosistema nazionale degli approvvigionamento digitali”, con la definitiva archiviazione della gara cartacea (come siamo stati finora abituati a conoscerla); il digitale diverrà così il protagonista assoluto dell’intero ciclo vita del contratto, dalla programmazione all’esecuzione ecc., garantendo la trasparenza, la tracciabilità, la partecipazione ed il controllo di tutti i procedimenti concorsuali d’appalto.

Ultima considerazione, poi, è che per la prima volta si ha finalmente un Codice dei contratti pubblici “auto-esecutivo”, ovvero già completo (in tutti i suoi Allegati) e privo quindi della necessità di successivi rinvii a fonti esterne.

Principi generali

Tra le più importanti novità del D.Lgs. 36/2023 si deve annovera anche (e soprattutto) l’inserimento, nei primi 12 articoli, dei cd. “Principi generali”, in precedenza previsti negli artt. 29 e 30 del D.Lgs. 50/2016 che tuttavia, nel nuovo Codice, vengono posti nell’incipit dell’Elaborato normativo, quali fondamenta di ogni futura procedura di gara nonchè metro di giudizio e valutazione per l’operato dei funzionari pubblici.

Si riassegna in tal modo, ancorchè indirettamente, un’ampia discrezionalità alla Pubblica Amministrazione nella definizione dell’intero disegno di gara, che le Linee-guida Anac – come previste nel precedente Codice (e qui definitivamente abrogate) - avevano drasticamente ridotto.

Analizziamo dunque brevemente i piu’ interessanti principi introdotti dal Legislatore.

art. 1. Il Codice apre la disciplina con il principio del risultato, da cui emerge l’interesse primario che le Stazioni appaltanti e gli Enti concedenti devono perseguire ovvero l’affidamento del contratto e la sua esecuzione con la massima tempestività ed il miglior rapporto qualità-prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza e nell’interesse della Comunità, per il raggiungimento degli obiettivi dell’UE.

La sua posizione rispetto agli altri principi ne testimonia l’importanza, elevando il risultato dell’”’affidamento del contratto’ quale “scopo” fondante l’azione procedimentale della P.A., rispetto a cui quindi gli altri principi si pongono quindi in una logica di “mezzo” a “fine”.

Il principio del risultato dà poi piena attuazione, nel settore degli appalti pubblici, ai principi di buon andamento, efficacia, efficienza ed economicità previsti nell’art. 97 della Costituzione, diventando altresì il criterio di valutazione del corretto esercizio del potere pubblico nonchè di determinazione della responsabilità dei funzionari coinvolti in ogni fase del ciclo del Public Procurement.

In estrema sintesi, l’introduzione del principio del risultato evidenzia come la legittimità non sia più “sufficiente” per ritenere una gara “efficace”.

Art. 2. Il principio della fiducia si pone in stretta correlazione con quello precedente, ricollegandosi al concetto espresso al comma 4 dell’art. 1, secondo cui la fiducia “favorisce e valorizza l’iniziativa e l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici, con particolare riferimento alle valutazioni e alle scelte per l’acquisizione e l’esecuzione delle prestazioni secondo il principio del risultato”.

Il principio della fiducia deve dunque porsi alla base del rapporto tra Funzionari pubblici ed Operatori privati, dovendo entrambi confidare da una parte nell’esercizio di un’azione legittima, trasparente e corretta della P.A. nonché, dall’altra, nel comportamento altrettanto specchiato dei concorrenti; la fiducia, inoltre, mira ad accrescere l’iniziativa e l’autonomia decisionale dei dipendenti pubblici, ponendosi quale rimedio alla burocrazia difensiva (cd. “paura della firma”).

La sfiducia nella correttezza dell’azione amministrativa ed il timore di sbagliare avevano  infatti contribuito al rallentamento – se non alla paralisi - di molti procedimenti amministrativi, per cui una rinnovata “fiducia” in tutti i partecipanti dovrebbe favorire la ripresa dell’iniziativa pubblica ed al rilancio dell’attività amministrativa, tanto piu’ necessaria in relazione agli ingenti investimenti dei fondi PNRR.

Il comma 3, inoltre, re-introduce il concetto di “colpa grave” nel caso di violazione di legge, della lex specialis nonché delle regole di prudenza, perizia e diligenza, mentre prevede il non configurarsi della colpa grave nei casi di violazione d’indirizzi giurisprudenziali (anche se prevalenti) nonchè di pareri delle Autorità competenti.

Art. 3. Il terzo principio fondamentale è quello dell’accesso al mercato, che svolge una funzione complementare rispetto ai precedenti e dispone che le Stazioni appaltanti debbano favorire il piu’ possibile l’accesso al mercato degli operatori economici, nel rispetto dei principi di concorrenza, imparzialità, non discriminazione, pubblicità, trasparenza e di proporzionalità (art. 97 Cost.).

Lo scopo del Legislatore, dunque, non è solo quello di favorire la concorrenza - che, si badi bene, non significa che tutti gli operatori hanno il diritto a partecipare a tutte le gare, ma che tutti devono poter concorrere alle medesime condizioni – quanto piuttosto quello, piu’ ampio, di consentire al maggior numero possibile di soggetti di partecipare alle procedure di gara, mirando quindi a ridurre quelle barriere d’accesso che spesso limitano artatamente detta partecipazione.

Il principio d’accesso al mercato è dunque destinato a rappresentare una formidabile “chiave di volta” nell’interpretazione, ad esempio, delle Specifiche tecniche descrittive dell’oggetto di gara, oppure della Suddivisione in lotti delle procedure in quanto, come ben si può comprendere, se lo scopo che d’ora in poi deve perseguire il Redattore della lex specialis è quella d’ottenere comunque il piu’ libero accesso al mercato da parte di tuti gli operatori economici del settore, qualsiasi barriera o limitazione ad esso non potrà che configurare una violazione di legge.                   

Art. 5. Corollario della fiducia è poi il principio della buona fede e dell’affidamento, che si differenzia dal precedente per il profilo piu’ “oggettivo” rispetto ad una connotazione piu’ “soggettiva”, invece, tipica del principio della fiducia (art. 2).

L’art. 5 rappresenta in altri termini un monito del Legislatore ai soggetti (Funzionari pubblici ed Operatori economici) coinvolti nelle procedure di gara, affinchè si comportino entrambi nel segno di una reciproca (e rinnovata) ‘fiducia’, confidando i primi nella buona fede dei partecipanti nonchè i secondi, nella legittimità dei comportamenti dei primi.

Di estremo interesse sono poi i 3° e 4° comma che prevedono, in ossequio ai suddetti principi, l’ipotesi d’annullamento di un’aggiudicazione che, se causata dal comportamento colpevole del partecipante/aggiudicatario, possa allora questi subìre l’azione di rivalsa dell’amministrazione condannata al risarcimento del danno dal ricorrente vittorioso (ipotesi poi ripresa dall’art. 209).

Art. 8. Altro articolo completamente nuovo è quello che introduce, nell’ordinamento italiano, il principio dell’autonomia contrattuale inteso come assoluta libertà, finalmente riconosciuta anche alle PP.AA., di sottoscrivere qualsiasi tipologia convenzionale (quindi anche contratti atipici), senza doversi necessariamente rifare a forme tipiche, come già riconosciuto ai privati.

Questo articolo ha dunque una portata che va ben oltre la “semplice” materia degli appalti, in quanto riconosce la suddetta autonomia in termini assolutamente generici e scevra da vincoli di settore o materia, purché ovviamente siano perseguite le finalità istituzionali e non si violino i divieti imposti dal Codice e da altre disposizioni di legge.

Se dunque la P.A. viene ad essere del tutto equiparata al privato in termini di autonomia contrattuale, si deve di conseguenza presumere che debba allora rispettare anche quanto disposto dall’art.1325 Cod.Civ. secondo cui i requisiti del contratto solo l’accordo delle parti, la causa, l’oggetto e la forma (che, come noto, in ambito pubblico non può che risultare per iscritto).

Logica conseguenza di detta autonomia è poi anche quella che le Pubbliche Amministrazioni possono ricevere donazioni o altre prestazioni a titolo gratuito, purchè corrispondenti all’interesse pubblico e – altra precisazione non irrilevante – non occorrendo in tal caso alcun esperimento di gara.     

Art. 9. In combinato disposto con il precedente articolo è quello che introduce poi il principio della conservazione dell’equilibrio contrattuale, che rappresenta una straordinaria innovazione nell’ambito dei contratti pubblici da sempre caratterizzati, stante l’obbligo di rispetto dei principi di contabilità pubblica, dall’immodificabilità del prezzo dell’appalto.

In considerazione infatti dell’obbligo – prima della firma contrattuale - d’imputazione a capitolo di bilancio della P.A. di una spesa pubblica, da ciò ne è sempre conseguito l’assoluto divieto di qualsivoglia modifica delle voci di costo da parte di una P.A. (da cui l’annosa questione dell’inammissibilità delle varianti nei lavori pubblici).

Il drammatico periodo della pandemia Covid, cui hanno poi fatto seguito gli eventi bellici ancora in essere, hanno tuttavia indotto il Legislatore ad introdurre una serie di correttivi a detta immodificabilità degli appalti pubblici, per ricondurli alla loro (corretta) natura di contratti di natura sinallagmatica tali per cui il rapporto fra le obbligazioni convenzionalmente dedotte deve permanere, il piu’ possibile immutato, per tutta la durata del periodo contrattuale.

Per questo risulta necessario introdurre dei correttivi, ovvero delle clausole di rinegoziazione dei rapporti – in caso di modifiche sostanziali delle condizioni iniziali d’esecuzione - che mirino a preservare quell’equilibrio pattizio come cristallizzato alla firma del contratto.    

In presenza dunque di sopravvenienze straordinarie ed imprevedibili tali da determinare una sostanziale alterazione nell’equilibrio contrattuale, si deve riconoscere in capo alla parte svantaggiata il diritto di rinegoziare secondo buona fede le condizioni contrattuali, al fine di ripristinare l’originario equilibrio senza alterazioni della sostanza economica, modifiche tuttavia applicabili solo allorquando detta alterazione sia rilevante nonchè causata da circostanze estranee alla normale alea contrattuale, all’ordinaria fluttuazione economica ed al rischio di mercato.

L’art. 9 tutela altresì l’ipotesi in cui le sopravvenienze rendano la prestazione, in parte o temporaneamente, inutile o inutilizzabile per uno dei contraenti nel qual caso potendo, chi ne ha interesse, chiedere la riduzione del corrispettivo secondo le regole dettante dall’art. 1464 c.c.

Art. 10. Non poteva infine mancare, nell’elencazione dei principi posti a caposaldo del corretto operato delle amministrazioni in materia di contratti pubblici il principio della tassatività delle cause d’esclusione e di massima partecipazione, che rappresentano un’endiadi direttamente collegabile all’art. 3 (accesso al mercato) e di cui ne sono il necessario baluardo.

Le Stazioni appaltanti non possono dunque consentire la partecipazione alle pubbliche gare a quegli operatori economici privi dei cd. “requisiti di moralità”, disponendone quindi l’esclusione anche quando il possesso di detti requisiti non sia stato richiesto ai fini partecipativi e connotando, in tal modo, gli artt. 94 e 95 del Codice del carattere della cd. “eterointegratività”. Non solo in quanto viene anche confermato il disposto del precedente D.Lgs.n. 50/2016 (art. 83, comma 8), secondo cui quelle clausole delle lex specialis che introducono motivi d’esclusione non previste nel Codice sono automaticamente nulle, assegnando in tal modo al solo Legislatore (peraltro del Codice appalti e non di altre disposizioni di legge, in ossequio a quanto disposto dall’art. 227) la potestà di decidere quali siano i requisiti minimi “di ordine generale” che devono possedere i futuri contraenti pubblici. Alle PP.AA. viene dunque lasciata (solo) l’autonomia di decidere quali possano essere i requisiti “speciali”, di carattere economico-finanziario e tecnico-professionale, da richiedere in gara, sia in termini valutativi (nel rispetto del principio di proporzionalità) che partecipativi, in tal caso tuttavia nel rispetto del principio dell’acceso al mercato (art. 3) nonché di favor per la crescita delle PMI.  


Scheda riepilogativa

Con un paio d’articoli il Legislatore del 2023 ha completamente cambiato non solo la materia degli appalti pubblici ma, senza ombra di dubbio, anche tutta la contrattualistica di natura pubblicistica.

Con i primi 3 principi, infatti, vengono completamente modificate le modalità d’esperire le pubbliche gare (il cui scopo principale era stato, finora, quello di perseguire la “mera legittimità”, nel rispetto dei principi del Trattato UE), ponendo al centro il “risultato” che la P.A. ha l’obbligo di perseguire - e quindi previamente definire – e con l’impegno altresì di consentire il massimo “accesso al mercato” da parte di tutti gli operatori economici (condizione che imporrà certamente l’utilizzo, in maniera sempre più marcata, della suddivisione in lotti delle gare).     

Gli artt. 8 e 9 portano poi a definitivo compimento l’opera di “privatizzazione” dell’attività contrattuale della P.A., consentendo la stipula di contratti anche “atipici” nonché introducendo l’obbligo di riequilibrio sinallagmatico (con la definitiva archiviazione dell’immodificabilità dei contratti pubblici).

Infine l’architettura stesso del Codice, con i principi generali posti come “faro” per illuminare ogni attività pubblica, riassegnano un’ampia discrezionalità alle Amministrazioni nella redazione delle procedure di gara, che non deve più (solo) rispettare la legge ma servono (soprattutto) a raggiungere il risultato (della P.A.) e del Legislatore (accesso al mercato).