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Reati ambientali e d.lgs. 231/2001: strategie aziendali per una gestione sostenibile

14/03/2024

Il 27 febbraio 2024, il Parlamento Europeo ha approvato la proposta di Direttiva COM/2021/851, già concordata lo scorso novembre con il Consiglio dell’Unione Europea, per il rafforzamento delle norme penali a difesa dell’ambiente.

La proposta di Direttiva, oltre a prevedere l’introduzione di nuovi reati ambientali ed il relativo assetto sanzionatorio da applicare alle aziende coinvolte, sottolinea altresì l’importanza delle segnalazioni da parte di coloro che denunciano la commissione di reati ambientali.

I segnalanti di tali violazioni (c.d. informatori) svolgono un servizio di interesse pubblico, assumendo un ruolo fondamentale nella denuncia e prevenzione di tali violazioni, beneficiando di una tutela adeguata ed efficace ai sensi della Direttiva UE 2019/1937 recepita in Italia con il D.lgs. 24/2023 (c.d. whistleblowing).

Ciò comporta una riflessione sull’importanza del tema ambientale, della sostenibilità e dell’applicazione di sistemi aziendali efficienti volti a mitigare il rischio di commissione di reati.

Quali sono i reati presupposto in tema ambientale?

Il legislatore italiano ha introdotto la responsabilità degli enti da reati ambientali a partire dal D.Lgs. 121/2011, decreto di attuazione tardiva della Direttiva 2008/99/CE sulla tutela penale dell’ambiente e della Direttiva 2009/123/CE sull’inquinamento marino provocato dalle navi. Con l’emanazione della L. n. 68/2015 relativa ai delitti ambientali, il catalogo dei reati presupposto di cui all’art. 25-undecies D.Lgs. 231/2001 è stato ulteriormente modificato.

Ad oggi, l’art. 25-undecies del D.lgs. 231/2001 prevede i seguenti reati ambientali:

  • Inquinamento ambientale (art. 452-bis c.p.)
  • Disastro ambientale (art. 452-quater c.p.)
  • Delitti colposi contro l’ambiente (art. 452-quinquies c.p.)
  • Traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività (art. 452-sexies c.p.)
  • Circostanze aggravanti (art. 452-octies c.p.)
  • Uccisione, distruzione, cattura, prelievo, detenzione di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette (art. 727-bis c.p.)
  • Distruzione o deterioramento di habitat all’interno di un sito protetto (art. 733-bis c.p.)
  • Importazione, esportazione, detenzione, utilizzo per scopo di lucro, acquisto, vendita, esposizione o detenzione per la vendita o per fini commerciali di specie protette
  • Scarichi di acque reflue industriali contenenti sostanze pericolose; scarichi sul suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee; scarico nelle acque del mare da parte di navi od aeromobili (D.Lgs n.152/2006, art. 137)
  • Attività di gestione di rifiuti non autorizzata (D.Lgs n.152/2006, art. 256)
  • Inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali o delle acque sotterranee (D.Lgs n. 152/2006, art. 257)
  • Traffico illecito di rifiuti (D.Lgs n.152/2006, art. 259)
  • Violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari (D.Lgs n.152/2006, art. 258)
  • Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (art. 452-quaterdecies c.p.)
  • False indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti; inserimento nel SISTRI di un certificato di analisi dei rifiuti falso; omissione o fraudolenta alterazione della copia cartacea della scheda SISTRI - area movimentazione nel trasporto di rifiuti (D.Lgs n.152/2006, art. 260-bis)
  • Sanzioni (D.Lgs. n. 152/2006, art. 279)
  • Inquinamento doloso provocato da navi (D.Lgs. n.202/2007, art. 8)
  • Inquinamento colposo provocato da navi (D.Lgs. n.202/2007, art. 9)
  • Cessazione e riduzione dell'impiego delle sostanze lesive (L. n. 549/1993 art. 3).

La proposta di Direttiva introduce nuove fattispecie di reato ambientale e prevede all’art. 7 che gli Stati membri adottino le misure necessarie affinché la persona giuridica “dichiarata responsabile di un reato” tra quelli previsti dalla Direttiva sia passibile di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive.

E’ presumibile, pertanto, che i nuovi reati che saranno introdotti dalla normativa nazionale di recepimento della Direttiva entreranno a far parte del catalogo dei reati presupposto 231, allargandolo ulteriormente.

Quali possibili azioni per le imprese?

L’art. 6 del D.lgs. 231/2001 contiene un c.d. esimente, prevedendo l’esclusione della responsabilità dell’ente qualora adotti un modello di organizzazione, gestione e controllo (c.d. MOG o Modello 231) volto a mitigare il rischio di commissione dei reati.

In questi termini, l’impresa è incentivata a implementare presidi che si integrino con le procedure interne aziendali, al fine di prevenire reati ambientali.

  1. Fattori ESG (Environmental, Social, Governance)

Il Modello 231, in quanto strumento di autoregolamentazione e controllo della responsabilità amministrativa degli enti, incide sulle attività aziendali a rischio di commissione di reati presupposto, evidenziando uno stretto legame con i fattori ESG.

Tali fattori sono volti a controllare e sostenere, mediante scelte di investimento o l’acquisto di determinati prodotti, l’impegno in termini di sostenibilità di un ente.

In particolare, l’approccio ESG non si limita esclusivamente alla salvaguardia dell’ambiente, in quanto se declinato in ambito 231, si estende a coprire ulteriori ambiti operativi:

  • Environment: relativamente al catalogo dei reati ambientali
  • Social: reati contro la salute e la sicurezza dei lavoratori o contro la personalità individuale
  • Governance: reati societari, tributari, riciclaggio o autoriciclaggio 
  1. UNI EN ISO 14001:2015 - Gestione ambientale

Tale certificazione, costituisce uno standard internazionale di gestione ambientale, volta a fornire un quadro di amministrazione efficace per ridurre l’impatto ambientale e per migliorare le prestazioni ambientali delle imprese in linea con gli impegni di politica sostenibile.

È evidente che, la scelta degli enti di implementare un sistema di gestione ambientale conforme a standard riconosciuti è volto non solo alla salvaguardia dell’ambiente, ma risponde anche all’esigenza di prevenire la commissione di reati ambientali in ottemperanza a quanto disposto nel D.lgs. 231/2001.

  1. Il Codice Etico

Il Codice Etico è un elemento fondamentale del Modello 231 , in quanto declina i valori fondamentali riconosciuti dall’azienda e formalizza gli standard etici e di comportamento ritenuti coerenti ai fini del rispetto di tali valori.

In questi termini, può costituire un valido strumento aziendale volto a identificare i principi fondamentali per l’impresa, e ad orientare l’ente nella transizione verso la sostenibilità ambientale, riducendo così indirettamente il rischio di commissione di reati ambientali.

La normativa di recente approvazione in tema di whistleblowing (D.lgs. 24/2023) ha lo scopo di contrastare e prevenire i fenomeni illeciti nelle organizzazioni pubbliche e private, incentivando l’emersione di condotte pregiudizievoli - di cui il segnalante sia venuto a conoscenza nell’ambito del suo contesto lavorativo - in danno dell’ente di appartenenza e, di riflesso, per l’interesse pubblico collettivo.

Considerazioni conclusive

In conclusione, gli enti non ancora dotati di un modello organizzativo, soprattutto se operanti in settori che presentano elevati margini di rischio di commissione di reati ambientali, dovrebbero considerare l’adozione di un sistema di gestione e controllo 231 che riduca al minimo tali rischi, soprattutto considerato l’impianto sanzionatorio previsto per tale categoria di reati presupposto.