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L’importanza di regolare gli aspetti relativi alla proprietà industriale ed intellettuale in vista del trasferimento tecnologico

19/05/2022

Il risultato dell’attività di ricerca e sviluppo è auspicabilmente un’invenzione; ciò comporta la necessità di stabilire a chi spetta la paternità ed i diritti di sfruttamento patrimoniale della stessa.

In un nostro precedente intervento ("Il trasferimento tecnologico come fattore di sviluppo portatore di valore. Le linee guida dalla ricerca all’impresa di MUR e MDS") abbiamo già visto come allo schema tradizionale di trasferimento tecnologico, che prevede la “consegna” delle conoscenze e delle tecnologie sviluppate dalla ricerca scientifica al mondo delle imprese, si sta affiancando la partecipazione di soggetti privati a fianco dei tradizionali protagonisti pubblici sin dalla fase di progettazione delle iniziative di ricerca e quindi della partecipazione ai bandi, come previsto nell’ambito del PNRR. (Di questo ne abbiamo parlato in due precedenti articoli "Il ruolo chiave dei privati nel processo di sviluppo tecnologico: i partenariati estesi" e "Il primo passo verso il processo innovativo: centri di trasferimento tecnologico - ecosistemi dell’innovazione e infrastrutture di ricerca"

Qualunque sia lo schema è mandatorio proteggere i risultati della ricerca e disciplinarne i diritti di sfruttamento.

A chi spetta la paternità dell’invenzione?

La prima domanda da porsi è a chi deve essere riconosciuta la paternità dell’invenzione.

La disciplina diverge a seconda che l’inventore svolga la sua attività presso una Università o un Ente di ricerca oppure presso una diversa organizzazione.

L’art. 64 (Invenzione dei dipendenti) del Codice della proprietà industriale (D.lgs. 30/2005) prevede che

  1. Quando l'invenzione industriale è fatta nell'esecuzione o nell'adempimento di un contratto o di un rapporto di lavoro o d'impiego, in cui l'attività inventiva è prevista come oggetto del contratto o del rapporto e a tale scopo retribuita, i diritti derivanti dall'invenzione stessa appartengono al datore di lavoro, salvo il diritto spettante all'inventore di esserne riconosciuto autore.

Viceversa, quando l’inventore è un ricercatore universitario o di un Ente di ricerca, in tal caso l’art. 65 D.lgs. 30/2005 prevede che

  1. (…) il ricercatore è titolare esclusivo dei diritti dall’invenzione brevettabile di cui è autore.

Diversa la disciplina per la ricerca finanziata; il comma 5 dell’art. 65, stabilisce, infatti, che

  1. Le disposizioni del presente articolo non si applicano nelle ipotesi di ricerche finanziate, in tutto o in parte, da soggetti privati ovvero realizzate nell'ambito di specifici progetti di ricerca finanziati da soggetti pubblici diversi dall’università, ente o amministrazione di appartenenza del ricercatore.

Lo scenario potrebbe semplificarsi nei prossimi mesi, in quanto con il DDL del 6/4/2022 il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge di modifica del Codice della proprietà industriale, prevedendo l’attribuzione a Università ed Enti di ricerca del diritto di brevettare tutte le invenzioni realizzate dai propri ricercatori nonché dei diritti patrimoniali sull’invenzione.

In uno scenario normativo complesso come quello delineato, lo sviluppo di progetti di ricerca e sviluppo che vedano coinvolti più soggetti, sia pubblici che privati, non può prescindere da una disciplina contrattuale che regoli la proprietà industriale dell’invenzione.

La tutela contrattuale

Sia che si tratti di un mero finanziamento di progetto per lo sviluppo di nuova tecnologia sia che si tratti di un partenariato più ampio, le parti devono stabilire preliminarmente e nel dettaglio, ad esempio

  • chi avrà il diritto di presentare domanda di brevetto ed eventualmente prevedere una co-titolarità
  • come sono ripartite le spese
  • le possibilità di azione per le altre parti se chi ne ha il diritto non presenta domanda di brevetto o la presenta solo limitatamente ad alcuni paesi mentre potrebbe essere interesse degli altri estendere la tutela territoriale della privativa
  • l’eventuale cessione dei diritti patrimoniali oppure
  • la concessione in licenza d’uso del brevetto ed i limiti della stessa (es. zone di esclusiva, limitazioni temporali).

Per una corretta gestione del rapporto tra le parti tutti questi aspetti dovrebbero essere trattati e inseriti in un contratto prima dell’avvio del progetto di ricerca o del partenariato.

Vale in questo ambito il vecchio adagio “prevenire è meglio che curare”, soprattutto quando la cura può sfociare in lunghe e costose controversie sui diritti di proprietà industriale, rischiando di inficiare il risultato positivo dell’attività di ricerca ed impedirne lo sfruttamento economico.

Tutela contrattuale anche in fase di trattative; i patti di riservatezza

Le parti che intendono sviluppare insieme un progetto di ricerca devono necessariamente condividere informazioni riservate sin dalle fasi preliminari e di verificare della fattibilità.

Perché lo scambio possa avvenire con maggiore serenità e trasparenza, le parti dovrebbero sempre preoccuparsi di sottoscrivere un patto di riservatezza, volto a stabilire

  • quali sono le informazioni riservate che verranno scambiate
  • l’obbligo di riservatezza per tutte le parti, che le stesse dovranno far rispettare ai propri collaboratori e dipendenti
  • il divieto di divulgazione
  • le modalità di scambio delle informazioni
  • le sanzioni in ipotesi di inadempimento.

 

Solo invenzioni brevettabili?

In realtà l’attività di ricerca e sviluppo può portare a risultati non interessati dalla tutela brevettuale ma comunque possibile oggetto di diritti di privativa.

In questa sede vorrei richiamare l’attenzione su due possibili risultati dell’attività di ricerca.

Il software

I risultati della ricerca sfociano sempre più spesso in software, stand alone oppure incorporati in altri prodotti o dispositivi.

Spesso la paternità ed i diritti patrimoniali non vengono disciplinati compiutamente; d’altra parte, può non rivelarsi semplice in considerazione del fatto che il software

  • può essere tutelato in base alle norme sul diritto d’autore e quindi come proprietà intellettuale
  • oppure può essere oggetto di domanda di brevetto se presenta le caratteristiche della novità, della originalità, è idoneo ad un’applicazione industriale e offre una soluzione ad un problema tecnico.

Le parti potranno comunque prevedere entrambi gli scenari e disciplinare i futuri diritti di privativa di conseguenza.

Le banche dati

Anche le banche dati sono oggetto di tutela; possono godere della tutela del diritto d’autore se si tratta di creazioni originali in particolar modo nella organizzazione dei dati oppure può essere riconosciuto all’autore il c.d. diritto sui generis, a tutela di un investimento anche ingente.

Nello sviluppo di progetti di ricerca è frequente che siano create banche di dati; queste rappresentano un valore economico non solo all’interno di quel determinato progetto ma l’accesso a quei dati potrebbe essere fondamentale per futuri progetti e quindi oggetto, ad esempio, di licenza d’uso.

Prima di poter parlare di licenza d’uso e di sfruttamento delle banche dati è necessario come sempre stabilire a chi spettano la paternità e i diritti patrimoniali.

In conclusione, l’articolazione da un punto di vista tecnico-scientifico di un progetto di ricerca e sviluppo deve essere sempre accompagnata da precisi accordi contrattuali tra le parti, accordi necessariamente “tailor made” e perfettamente calzanti rispetto ad uno specifico progetto.

Solo in questo modo l’auspicabile risultato dell’attività di ricerca sarà sfruttabile economicamente e potrà essere oggetto di trasferimento tecnologico e quindi di arricchimento sia per il partner del progetto sia per coloro che ne potranno fruire.