Consiglio di Stato, Sez. V, 29/04/2025, nr. 3633
Per il Consiglio di Stato non ci sono dubbi sul fatto che l’equilibrio economico-finanziario deve caratterizzare i contratti di concessione (ai sensi degli articoli 176 e seguenti del Codice dei contratti) e, pertanto, da ciò deriva l’obbligo per i concorrenti di allegare uno schema di PEF alla propria offerta.
Con la sentenza in commento, il Consiglio di Stato interviene riformando la sentenza del TAR Lecce che, al contrario, non aveva considerato (in assenza di una indicazione chiara nel bando di gara) il PEF un elemento essenziale del contratto di concessione, tanto da comportare l’esclusione della offerta del concorrente.
La questione riguarda la gara indetta da una amministrazione pugliese per l’affidamento in concessione della gestione di un asilo nido. L’operatore economico secondo classificato impugnava l’aggiudicazione al primo lamentando che questo ultimo dovesse essere escluso per non aver allegato all’offerta il Piano Economico Finanziario (PEF). Il TAR Lecce (sent. n. 982/2024) rigettava il ricorso ritenendo che le disposizioni del Codice in tema di concessione (art.182) non annoverano espressamente il PEF fra gli elementi costitutivi di un’offerta finalizzata all’assegnazione di un contratto di concessione, a differenza di quanto, invece, espressamente previsto dall’art. 193 del Codice con riguardo ai contratti di project financing.
Nel riformare la sentenza il Collegio chiarisce il senso delle novità introdotte dal Codice e dal Correttivo in tema di partenariato pubblico privato. Rispetto al passato, infatti, l’art. 174 del Codice definisce il partenariato come una “operazione economica” caratterizzata da quattro elementi fondamentali, tra cui appunto l’allocazione del rischio operativo sull’operatore privato. La stessa norma distingue tra partenariato contrattuale (art. 174, 3 comma) e partenariato istituzionale (art. 174, 4 comma) chiarendo che la concessione è una forma di partenariato contrattuale, la più diffusa.
Il contratto di concessione, quindi, rappresenta una species del più ampio genus delle forme di PPP, e si qualifica per il trasferimento del rischio operativo dal concedente al concessionario.
Secondo i giudici il Piano Economico Finanziario è lo strumento mediante il quale si attua la concreta distribuzione del rischio tra le parti del rapporto, la cui adeguatezza e sostenibilità deve essere valutata dall'Amministrazione. Se non avviene un trasferimento del rischio, il rapporto è infatti qualificabile come appalto (e non come concessione).
Considerato che l’assetto di interessi dedotto nel contratto di concessione deve garantire la conservazione dell’equilibrio economico-finanziario (per tale intendendosi la contemporanea presenza delle condizioni di convenienza economica e di sostenibilità finanziaria) ne consegue la obbligatoria allegazione, già in sede di offerta, del PEF la cui assenza deve determinare l’esclusione dalla procedura.
Concludendo il Consiglio chiarisce che, proprio in ragione del rischio assunto dal concessionario, la valutazione della sua offerta non può limitarsi alla congruità dei prezzi, come in un appalto, ma deve estendersi all’equilibrio complessivo del rapporto contrattuale, nella sua dimensione gestionale e finanziaria. La mancanza di un piano economico finanziario è un grave vizio della procedura che si riflette sulla aggiudicazione.
Con la sentenza in commento non c’è dubbio che il Consiglio di Stato abbia voluto, da un lato chiarire la differenza tra appalto e concessione, ma soprattutto abbia voluto imporre alle stazioni appaltanti che intendono ricorre alle concessioni un maggiore rigore nella valutazione dell’offerta, legandola non solo a parametri formali, ma alla reale sostenibilità economico-finanziaria dell’affidamento. Gli operatori economici dovranno quindi sempre corredare la loro offerta con il PEF e le stazioni appaltanti sempre dovranno svolgere una istruttoria approfondita funzionale alla verifica della allocazione del rischio operativo per tutta la durata della concessione, e ciò anche a costo di integrare lacune della lex specialis, nell’ottica di tutelare l’interesse pubblico e prevenire affidamenti viziati da instabilità contrattuale o da asimmetrie informative.