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Le piattaforme on-line di e-procurement: strumenti che offrono più garanzie rispetto alle tradizionali gare cartacee, anche quando il sistema va in tilt

07/08/2020
Cons. St., 28/07/2020, n. 4795
Cons. St., 29/07/2020, n. 4811


Vengono oggi commentate due sentenze pubblicate recentemente a distanza di un giorno l’una dall’altra. Esse hanno certamente il comune denominatore rappresentato dalla scelta (sempre più frequente) di indire gare in forma telematica. La prima Sentenza è d’interesse poiché il Consiglio di Stato riconosce l’affidabilità della “scelta telematica” in quanto tali tipologie di gare espletate a mezzo piattaforma on-line, impegnano ciascun concorrente in determinati adempimenti successivi nel tempo, tali da offrire una garanzia di corretta partecipazione, inviolabilità e segretezza delle offerte.

L’altra Sentenza, invece, prevede il caso (non proprio isolato) di trasmissioni di offerte danneggiate per vizi del sistema, ciò a significare che la “comodità” degli strumenti digitali non sempre esonera le parti, siano esse le Stazioni Appaltanti o i concorrenti, da possibili problematiche e dispute giudiziali.
 

La prima Sentenza

Come abbiamo detto il Consiglio di Stato condivide l’assunto secondo cui più fasi e adempimenti in fase partecipativa offrono una giusta garanzia di corretta partecipazione (e ciò a discapito di eventuali errori commessi dai concorrenti).

Nello specifico la prima Sentenza, la n.ro 4795 del 28/07/2020, analizza il caso di una gara telematica la cui disciplina prevedeva una prima fase volta a caricare sulla piattaforma la

  • documentazione amministrativa,
  • l’offerta tecnica,
  • il numero seriale del protocollo informatico identificativo dell’offerta economica, ovvero in altre parole la “prova” della intervenuta marcatura temporale[1] del file contenete l’offerta economica.

Il file “offerta economica”, così marcato temporalmente, doveva essere conservato nel computer dell’offerente e caricato sulla piattaforma solo in un secondo momento.

Sulla firma digitale e sulla marcatura temporale dei file abbiamo già avuto modo di scrivere anche in altro contributo della presente rubrica.

A ben vedere la gara era certamente caratterizzata da più fasi, ma la società esclusa lamentava la farraginosità e artificiosità degli adempimenti procedurali prescritti dalla lex specialis, tenendo conto che ella non era un operatore del settore informatico, con ciò ben potendo cadere in errore. Inoltre lamentava la violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione, ed in ultimo il difetto di istruttoria da parte della Stazione Appaltante che, se eseguito correttamente, a dire della ricorrente avrebbe consentito una regolarizzazione dell’offerta 

Vediamo in cosa è consistito l’errore della partecipante tale da comportarne l’esclusione.

L’esclusione dalla gara – telematica – è dipesa dal fatto che l’impresa aveva inserito nel sistema, quale numero seriale di marcatura temporale indicante la sigillatura dell’offerta economica, il codice “125”, mentre poi è emerso che detto codice non corrispondeva al codice alfa-numerico dell’offerta economica caricata sul “server” della stazione appaltante. Un errore, dunque, alquanto banale. 

Ritiene il Consiglio di Stato che la marcatura temporale consentiva di stabilire che l’offerta economica predisposta dal concorrente sarebbe stata chiusa, sigillata e resa immodificabile alla stessa data in cui anche la documentazione amministrativa e l’offerta tecnica venivano caricate sulla piattaforma della stazione appaltante. Il numero di serie da comunicarsi preventivamente garantiva, quindi, l’identità di quella data offerta, chiusa e sigillata – ma conservata nel computer del concorrente – con l’offerta che poi il concorrente medesimo avrebbe caricato in un secondo momento sulla piattaforma. Ma, allora, la difformità tra il numero seriale inserito dalla concorrente e quello che poi è risultato il codice alfa-numerico di marcatura temporale della sua offerta economica, ha impedito di accertare la prescritta identità tra l’offerta economica “chiusa” e sigillata e l’offerta che poi è stata effettivamente presentata dall’impresa.

In pratica, volendo fare un parallelismo con gli adempimenti relativi alle ordinarie gare cartacee, “firma e marcatura” corrispondono alla “chiusura della busta”.

Andando nel concreto, le ragioni del Consiglio di Stato sono evidenti; la Stazione Appaltante prevedendo una preliminare marcatura del file (date e ora certe) e il contestuale invio del codice alfanumerico generato, voleva semplicemente evitare che un operatore economico predisponesse una pluralità di offerte economiche, firmandole digitalmente ed apponendo, così, una marca temporale a ciascuna di esse, senza, però, inserire nella piattaforma della stazione appaltante – al momento del caricamento in essa della documentazione amministrativa e dell’offerta tecnica – l’esatto numero seriale di alcuna delle offerte predisposte; quindi, dopo averle conservate tutte nel suo computer, procedesse, all’atto di caricare l’offerta economica sulla piattaforma, a scegliere tra di esse l’offerta che a quel momento meglio gli aggradava.

Nemmeno l’eccezione circa la violazione del principio di tassatività delle cause d’esclusione ha trovato il favore del Consiglio di Stato.

È, infatti, evidente che, in difetto dell’esatta indicazione del numero seriale di marcatura temporale, l’offerta economica del concorrente risultasse affetta da un vizio radicale, non essendo la stessa neppure univocamente identificabile […] dovendo rinvenirsi la norma di legge che in ipotesi del genere impone l’esclusione del concorrente nell’art. 83, comma 9, del Codice, lì dove prevede l’impossibilità del soccorso istruttorio per sanare le irregolarità essenziali dell’offerta economica. 

Altrettanto non condivisibile – dice il Consiglio di Stato – è la tesi che l’errore commesso sarebbe scusabile perché la concorrente non sarebbe un operatore esperto del settore informatico: sul punto vanno, infatti, richiamati i principi di auto responsabilità e di diligenza professionale connessi alla partecipazione di un operatore economico ad una procedura di affidamento di contratti pubblici. Tale principio fa ritenere che la ricorrente dovesse dotarsi di personale munito di adeguate conoscenze informatiche. 

La seconda Sentenza

Se è vero dunque, da un lato, che le procedure che portano ad una offerta di tipo “telematico” garantiscono la correttezza partecipava, dall’altro può succedere che qualcosa “vada storto” e non sempre si riesca a comprendere (o meglio, provare) su chi debba ricadere la responsabilità.

Si è affermato, in un susseguirsi di pronunce, un principio generale secondo cui il rischio del malfunzionamento debba ricadere sulle pubbliche amministrazioni. Di questo argomento ne avevamo trattato anche in un precedente articolo.

Ovviamente tale principio potrà essere applicato se (e solo se) rimanga del tutto impossibile stabilire con certezza se via stato un errore della trasmittente o, piuttosto, se la trasmissione sia stata danneggiata per un vizio di sistema. Solo in questo caso il pregiudizio ricade sull’ente che ha bandito la gara. 

La Sentenza 4811 del 29/07/2020 prende in considerazione un caso in cui la concorrente era riuscita a “caricare” i file della busta amministrativa e dell’offerta tecnica, ma non era riuscita a fare altrettanto con l’offerta economica.

La scadenza per la presentazione delle offerte era fissata al 03/06/2019 ore 12.00. La concorrente comunicava alla S.A. il malfunzionamento attraverso una prima segnalazione (delle ore 12.04) e una successiva diffida via PEC (alle ore 21.06).

La concorrente veniva esclusa.

Solo successivamente, si avvedeva la concorrente della pubblicazione sul sito istituzionale di un avviso di differimento del termine di presentazione dell’offerta alla data del 07/06/2019.

Lamentava innanzitutto la società esclusa il fatto che la Amministrazione avesse omesso di inviare una comunicazione individuale circa la posticipazione del termine.

La Amministrazione, sul punto, si difendeva sostenendo che l’articolo 79 comma 5-bis del Codice Appalti prevede espressamente che la proroga debba essere pubblicizzata mediante avviso presso l’indirizzo internet, ovvero dove sono accessibili i documenti di gara[2].

Il Consiglio di Stato però non pare essere pienamente d’accordo, preferendo sposare la tesi della ricorrente volta a far ricadere il comportamento della Amministrazione nell’alveo della “mala fede”.

Difatti lo stesso articolo 79 comma 5bis prevede che la comunicazione avvenga anche “attraverso ogni altro strumento che ritenga opportuno”.

Pertanto, dice il Consiglio di Stato, è imposta alla stazione appaltante una duplice e cumulativa forma di pubblicità dell’avviso di riapertura/posticipazione del termine, che si realizza: i) sia tramite la pubblicazione dell’avviso sulla medesima pagina del sito in cui sono pubblicati gli atti di gara; ii) sia (è il significato della congiunzione “nonché”) tramite la comunicazione ai concorrenti con altro strumento adeguato; – le suddette misure non sono alternative, né è riconosciuta alcuna discrezionalità alla stazione appaltante nel modularle.

Di contro, l’attivazione di un ulteriore canale di comunicazione avrebbe comportato per la Stazione Appaltante un impegno aggiuntivo assai modesto (l’invio di una pec), del tutto coerente peraltro con le indicazioni contenute nel disciplinare di gara (ove era previsto che le comunicazioni tra committente e concorrente avvenissero tramite piattaforma e con l’ausilio di “notifiche all’indirizzo PEC … indicato dai concorrenti nella documentazione di gara”). 

D’altronde non era possibile ritenere un onere di consultazione quotidiano del sito da parte dei concorrenti, non risultando il predetto “portale”, come visto, l’unico canale di comunicazione possibile. 

È pur vero che nella vicenda qui in commento i Giudici sono risultati avvantaggiati dal fatto che il malfunzionamento era stato di fatto ammesso dalla Stazione Appaltante (seppure ella non lo ritenesse tale da impedire la corretta partecipazione). In concreto infatti la concorrente esclusa aveva certamente iniziato il caricamento della propria offerta, ma non era riuscita a concluderlo in ragioni di tale “anomalie”. Pertanto avendo oltretutto deciso la S.A. di “riaprire” i termini, la concorrente avrebbe dovuto essere considerata ancora “pretendente” (piuttosto che esclusa), avendo ella già creato il proprio profilo sul portale e parzialmente caricato la documentazione di gara.

Se è vero dunque che in questo caso specifico le mancanze della Amministrazione risultavano abbastanza evidenti, occorre significare come si evinca dal caso di specie comunque una prassi utilizzata da moltissime concorrenti, ovvero quello di caricare le proprie offerte in prossimità della scadenza dei termini, ovvero in quel periodo in cui, nella quasi totalità dei casi, si possono ravvisare problematiche.

Si segnala a tal proposito un altro articolo della presente rubrica nel quale era in commento una Sentenza del TAR Lazio il quale, contrariamente, faceva invece incombere il “rischio di rete” in capo alla concorrente. In quel caso la tardività di invio risultava di appena 13 secondi, e il Collegio sanciva che il caricamento dei documenti – seppur tempestivo – non valeva a render l’offerta valida se poi la conferma finale fosse avvenuta dopo il termine di gara. 

È certamente vero che i fatti di causa nel caso del TAR Lazio divergono da quelli della Sentenza qui oggi in commento, ma in ogni caso offrono uno spaccato secondo cui è da ritenersi valido sempre e comunque il principio generale del “principio di prova” che ciascun concorrente deve poter sostenere in sede giudiziale allorquando lamenti un malfunzionamento del sistema (in altre parole, non è sufficiente per il concorrente voler tout court attribuire la responsabilità alla Stazione Appaltante, soprattutto allorquando l’offerta risulta inviata a cavallo della scadenza dei termini, senza offrire al Giudice un principio di prova in tal senso). 

Ad ogni modo la pronuncia del TAR Lazio risulta impugnata e tutt’ora in attesa di Sentenza da parte del Consiglio di Stato. Sarà interessante vedere in che direzione si vorrà andare.



Note:

[1] La marcatura temporale è un procedimento che si attua attraverso la generazione, ad opera di un soggetto terzo, di una firma digitale del documento, cui si associa una data e una ora (certe). IN particolare una marca temporale è una sequenza di caratteri che rappresentano una data e/o un orario per accertare l'effettivo avvenimento di un certo evento. La data è di solito presentata in un formato compatibile, in modo che sia facile da comparare con un'altra per stabilirne l'ordine temporale.

[2] Il D.Lgs n. 50/2016, così come modificato dal D.Lgs. n. 56/2017, ha aggiunto, all’originale revisione dell’art. 79, il comma 5 bis, recante la seguente specifica: “…la stazione appaltante adotta i necessari provvedimenti al fine di assicurare la regolarità della procedura nel rispetto dei  principi di cui all’art. 30, anche disponendo la sospensione del termine per la ricezione dell’offerte per il periodo necessario a ripristinare il normale funzionamento dei mezzi e la proroga dello stesso per una durata proporzionale alla gravità del mancato funzionamento [……] la pubblicità di tale proroga avviene attraverso la tempestiva pubblicazione di apposito avviso presso l’indirizzo internet dove sono accessibili i documenti di gara … nonché attraverso ogni altro strumento che la Stazione appaltante ritenga opportuno”.

 

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Rubrica "Appalti pubblici e digitalizzazione"

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