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Gare telematiche: regolarità dell’offerta anche senza la firma digitale? Possibile a determinate condizioni

10/04/2020

Cons. Stato, III, 19/03/2020 n. 1963

Prima d’entrare nello specifico della sentenza in commento occorre premettere che il punto di partenza di ogni pronuncia giurisprudenziale in tema di regolarità delle procedure telematiche sia (sempre) la presenza di un “errore”, sia esso della P.A. appaltante (malfunzionamento del portale ecc.) oppure del singolo partecipante (errato invio dell’offerta telematica ecc.).

Abbiamo dunque visto, commentando anche in questa rubrica come numerose siano le sentenze relative ad esclusioni comminate - ed impugnate - per non avere, le concorrenti, seguito le modalità di partecipazione telematiche e come non sempre sia agevole comprendere a chi attribuire la responsabilità dell’errore, tanto è vero che, nell’incertezza, i Giudici amministrativi sempre più sono parsi “costretti” a richiamarsi al principio generale del favor partecipationis. non riuscendo a dipanare la questione pratica per i difficili profili tecnici che la occupano.

Il caso oggi proposto, però, sembra da questo punto di vista apparentemente più semplice, atteso che l’errore commesso dal partecipante risulta fin da subito di planare evidenza, avendo il concorrente, nell’ambito di una gara telematica, del tutto omesso di firmare digitalmente la propria offerta economica, seppure egli fosse correttamente iscritto al portale telematico di gara ed avesse marcato temporalmente il file e tempestivamente poi inviato la propria offerta.

Inoltre la lex specialis de qua espressamente prevedeva, seppure con una formulazione infelice ed ambigua, la comminatoria d’esclusione nel caso d’omessa apposizione della firma digitale sull’offerta di gara, di talchè il caso in questione sembrerebbe, ad un primo avviso, di facile soluzione e non passibile di possibili differenti interpretazioni.

Senonché tanto il TAR periferico che il Consiglio di Stato hanno dato ragione alla concorrente esclusa, nonostante (appunto) la conclamata mancanza d’apposizione della firma digitale sulla propria offerta.

Vediamo dunque il perchè.

Firma digitale e documento informatico

Prima tuttavia d’affrontare detta questione, sia concessa una breve parentesi in relazione all’importanza degli elementi più comuni che si rinvengono nelle procedure di gare telematiche, ovvero la “firma digitale” e il “documento informatico”.

E’ noto ormai, anche ai meno esperti del settore, che la ‘firma digitale’ altro non è che l’equivalente informatico della tradizionale firma autografa; essa infatti viene associata, mediante un’apposita procedura informatica, al documento elettronico su cui è posta garantendo in tal modo, in relazione a quel determinato documento, integrità, autenticità e non ripudiabilità da parte del soggetto titolare della firma stessa.

La normativa di riferimento è senz’altro il Codice dell’Amministrazione Digitale (c.d. C.A.D., ovvero il D.Lgs 82/2005 e successive modificazioni), da leggersi in combinato disposto con gli artt. 40 e 52 del Codice appalti, il tutto a corredo di una normativa che, sostanzialmente, prevede l’obbligo di tutte le stazioni appaltanti, piccole o grandi che siano, di conformarsi all’utilizzo delle comunicazioni elettroniche in tutte le procedure d’aggiudicazione, mediante piattaforme di e-procurement che consentano lo svolgimento di procedure telematiche.

Con riferimento al Codice dell’Amministrazione Digitale si vuole poi citare l’art. 20 comma 1-bis, che recita “Il documento informatico soddisfa il requisito della forma scritta e ha l'efficacia prevista dall'articolo 2702 del Codice civile quando vi è apposta una firma digitale, altro tipo di firma elettronica qualificata o una firma elettronica avanzata o, comunque, è formato, previa identificazione informatica del suo autore, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall'AgID ai sensi dell'articolo 71 con modalità tali da garantire la sicurezza, integrità e immodificabilità del documento e, in maniera manifesta e inequivoca, la sua riconducibilità all'autore. In tutti gli altri casi, l'idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta e il suo valore probatorio sono liberamente valutabili in giudizio, in relazione alle caratteristiche di sicurezza, integrità e immodificabilità. La data e l'ora di formazione del documento informatico sono opponibili ai terzi se apposte in conformità alle Linee guida..”.

Leggendo dunque la norma citata s’evince con chiarezza come l’apposizione della “firma digitale” o di “altra modalità” che consenta di garantire la sicurezza, l’integrità, l’immodificabilità e la riconducibilità all’autore siano elementi necessari a qualificare il requisito della forma scritta in capo ad un documento informatico.

Un documento informatico che, con tali caratteristiche, è così paragonabile a un qualsiasi documento “cartaceo” che, ai sensi dell’art. 2702 cod. civ. “fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni da chi l'ha sottoscritta, se colui contro il quale la scrittura è prodotta ne riconosce la sottoscrizione, ovvero se questa è legalmente considerata come riconosciuta…”.


Il fatto di causa

Passiamo ad analizzare brevemente il fatto oggetto di commento.

Come detto il Consiglio di Stato individua precisamente l’errore in capo al concorrente, arrivando espressamente a scrivere in sentenza “l’offerta economica della concorrente vittoriosa in primo grado, ed oggi contro interessata, non è stata firmata digitalmente, come invece richiesto dal bando di gara a pena di esclusione”.

Nessun dubbio quindi che si trattasse di un’omissione, non solo foriera d’esclusione, ma nemmeno di remissione in termini non potendosi applicare l’istituto del soccorso istruttorio.

Le altre concorrenti, che ovviamente osteggiavano la riammissione della concorrente alla gara, lamentavano il fatto che la sottoscrizione “digitale” dell’offerta risultasse, contrariamente da quanto sostenuto dal TAR in primo grado, del tutto essenziale nelle gare pubbliche, sia per verificare la necessaria coincidenza tra il soggetto apparentemente autore dell'atto e colui che lo aveva sottoscritto, sia perché quest'ultimo, attraverso la firma (invece assente), faceva sostanzialmente proprio il contenuto del documento informatico.

Secondo le appellanti il TAR avrebbe così trascurato di considerare la reale portata della firma digitale nel processo telematico di selezione delle concorrenti e che tale obbligo, nella sostanza, non avrebbe potuto essere sostituito da altri e differenti passaggi, ovvero l’accredito al portale tramite “account” ed il successivo “upload” dell’offerta.

La supposta equivalenza di tali passaggi rispetto alla necessaria firma digitale sul documento non si rinveniva, inoltre, dalle prescrizioni della lex specialis di gara, che diversamente prevedevano l’esclusione della concorrente nel caso d’omessa apposizione della firma.


La decisione del Collegio

Di diverso avviso il Consiglio di Stato in relazione alle specifiche circostanze dei fatti di causa, nonché alle risultanze probatorie portate dalle rispettive parti.

Ritengono i Supremi Giudici che l’offerta poteva ritenersi ragionevolmente, ancorchè erroneamente, firmata digitalmente per il tramite di strumento e procedimento idoneo a far conseguire i medesimi obiettivi sostanziali della firma digitale nella modalità di rito.

In pratica, seppure non firmato digitalmente il documento informatico, il fatto che lo stesso fosse integro, inviolabile e di provenienza certa poteva dirsi provato da altri elementi.

A sostegno di ciò si rinvengono i passaggi eseguiti dalla concorrente in fase di partecipazione alla procedura, ripresi dal Consiglio di Stato a fondamento del proprio ragionamento:

  1. l’impresa si era accreditata sul portale di gara, designando il proprio legale rappresentante, il quale aveva firmato digitalmente tale passaggio;
  2. il medesimo legale rappresentante, qualificandosi con l’accredito ricevuto, aveva poi caricato il modulo dell’offerta economica, compilandolo e restituendolo corredato dalla marca elettronica acquistata dal fornitore “Infocert” (marca che solo il L.R. poteva utilizzare e che a lui era associata sulla base della sua propria firma digitale);
  3. quindi l’offerta economica, essendo munita di quella specifica marcatura elettronica, non solo era “inviolabile, integra e certa quanto a provenienza..” ma anche, ed univocamente, associata alla manifestazione di volontà del legale rappresentante;
  4. peraltro la clausola di gara che prevedeva l’esclusione nel caso d’omissione di firma risultava impugnata in quanto mal formulata, laddove disponeva l’esclusione delle offerte “..non firmate digitalmente e/o non munite di marca temporale..” salvo poi chiariva che la firma digitale non poteva comunque bastare e che la provenienza da soggetto non accreditato e la mancanza della marcatura avrebbero in ogni caso comportato l’esclusione, senza nulla invece aggiungere quanto alla firma digitale;
  5. infine era previsto dal Sistema che, quando veniva depositata l’offerta economica (pur priva d’espressa firma digitale,) lo stesso generava una PEC di risposta, a conferma che l’offerta era stata regolarmente caricata; se il sistema dunque non avesse permesso l’invio in assenza di firma digitale, il concorrente avrebbe potuto avere contezza dell’errore e rimediarvi, atteso che l’invio era stato oltremodo tempestivo.

La sentenza in commento appare dunque un precedente di notevole interesse, che tuttavia non deve far pensare come, da questo momento in poi, sia sempre lecito (e non foriero di conseguenze) presentare un’offerta priva della necessaria firma digitale.

Tuttavia in presenza di molteplici passaggi, certificati e successivamente provati in corso di giudizio, questa pronuncia apre la strada a linee difensive interessanti che potrebbero far propendere, in casi simili, per l’impugnazione dell’esclusione.

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Rubrica "Appalti pubblici e digitalizzazione"

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