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I nuovi scenari di responsabilità del medico nella telemedicina

13/10/2022

La telemedicina rappresenta senza dubbio una delle nuove frontiere della organizzazione dei servizi sanitari a livello mondiale.

La pandemia Covid ha infatti evidenziato, in maniera inequivocabile, la necessità di immaginare nuovi e nuove modalità di erogazione delle prestazioni che possano permette di seguire i pazienti anche a distanza, attraverso l’utilizzo di strumenti di tecnologia.

Certamente poi di telemedicina in Italia se ne parla già da tempo.

Basti ricordare in questa sede

E’ però con il Decreto Ministero della Salute n. 77 del 23/05/2022 Regolamento recante la definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell'assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale” che per la prima volta viene introdotta una definizione normativa di telemedicina.

L’allegato 1 punto 15 stabilisce infatti che:

“La telemedicina è una modalità di erogazione di servizi e prestazioni assistenziali sanitarie sociosanitarie a rilevanza sanitaria a distanza, abilitata dalle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, e utilizzata da un professionista sanitario per fornire prestazioni sanitarie agli assistiti (telemedicina professionista sanitario - assistito) o servizi di consulenza e supporto ad altri professionisti sanitari (telemedicina professionista sanitario - professionista sanitario)”.

Si pone allora il problema della responsabilità sanitaria.

In altre parole si pone la seguente domanda: cambia la responsabilità sanitaria nell’erogazione di una prestazione in telemedicina?

In primo luogo sotto il profilo strettamente giudico l’art. 7, comma 2, della Legge 24/2017 (c.d. Legge Gelli) nel dettare le regole di riparto della responsabilità fra struttura sanitaria e singolo esercente, ha stabilito che la struttura sanitaria risponde anche per le “prestazioni sanitarie svolte … attraverso la telemedicina”.

Quindi le regole non cambiano: il richiamo esplicito da parte del legislatore a questa nuova forma di modalità di erogazione della prestazione sanitaria comporta che per gli atti medici svolti in telemedicina varranno le stesse regole previste per la medicina “tradizionale” (cfr. nostro contributo: "Il teleconsulto in ambito sanitario: quali profili di responsabilità?"

Per quanto riguarda invece la casistica, seppure le segnalazioni negative e/o di problematiche sorte, è scarsissima, non si può negare che l’erogazione di una prestazione in telemedicina possa presentare rischi specifici e certamente diversi rispetto a quelli tipicamente connessi alla medicina “tradizionale”.  

Il che non significa che la telemedicina sia più “pericolosa”, ma significa solo che i rischi possono essere “diversi” da quelli tradizionali.

Quindi è necessario effettuare una specifica analisi di detti rischi.

Abbiamo quindi ragionato su 4 nuovi scenari di responsabilità sanitaria che potrebbero presentarsi con l’avvento della telemedicina e che, pertanto, tutti i medici dovranno conoscere per evitare di incorrere in responsabilità sanitaria derivante da uso errato dello strumento della telemedicina.

a. L’OPPORTUNITÀ DI RICORRERE ALLA TELEMEDICINA

Un primo scenario di “nuovi” contenziosi potrebbe riguardare l’opportunità del sanitario di ricorrere alla telemedicina.

In particolare, si potrebbero profilare due casi di responsbilità sanitaria:

  • Il medico fa colpevolmente ricorso alla telemedicina, o perché la patologia del paziente controllato (Telecontrollo) o monitorato (Telemonitoraggio) richiede un grado di controllo/monitoraggio maggiore rispetto a quello garantito dalla telemedicina (es. ricovero in struttura), o perché il medico effettua una Televisita in sostituzione di una visita in presenza che, attraverso un esame obiettivo completo (tradizionalmente composto da ispezione, palpazione, percussione e auscultazione), avrebbe consentito di rilevare una diversa e/o più grave patologia.
  • Il medico ha colpevolmente omesso di far ricorso alla telemedicina, per esempio quando un Telecontrollo/Telemonitoraggio avrebbe potuto migliorare le condizioni di salute del paziente se affiancato al ricorso della medicina “tradizionale”.

Il medico, in sostanza, è tenuto a valutare in quali situazioni e in che misura la telemedicina può essere impiegata in favore del paziente. Il fondamento della responsabilità, quindi, non sarebbe rinvenibile nelle modalità di erogazione della prestazione sanitaria, ma nella scelta stessa di ricorrere alla telemedicina.

Questo è quanto accaduto per esempio nel risalente precedente giurisprudenziale in cui la Cassazione penale, con la sentenza n. 9279 del 28 marzo 2003, ha deciso di condannare per omicidio colposo tre medici che avevano seguito un paziente per telefono, così omettendo la necessaria visita in presenza. E infatti, in questo noto caso giudiziario la condanna non scaturì dal contenuto della prestazione sanitaria, bensì dalla erronea scelta di prescrivere diagnosi e terapie senza prevedere la necessità di svolgere una visita in presenza.

b. ERRATE MODALITÀ DI EROGAZIONE DELLA PRESTAZIONE IN TELEMEDICINA

Al “nuovo” profilo di cui al punto precedente potrebbero aggiungersi anche gli atti di malpractice sanitaria derivanti dall’inosservanza dei requisiti richiesti dalla legge e/o dalle linee guida per l’erogazione di una prestazione in telemedicina.

In questa diversa ipotesi, il paziente potrebbe contestare la modalità attraverso la quale la prestazione in telemedicina è stata erogata (e non il ricorso stesso alla telemedicina come nel caso precedente). Ciò potrebbe accadere, per esempio, nei casi in cui:

  • venga effettuato un Telecontrollo (o un Telemonitoraggio) senza garantire al paziente di essere visitato in presenza in un tempo congruo al suo quadro clinico, come richiesto dalle citate “Indicazioni del Ministero della Salute del 17 dicembre 2020”
  • il medico non riesca a rilevare durante una Televisita una patologia a causa della impossibilità tecnica del paziente di fornire in tempo reale tutti i necessari dati clinici, referti medici, immagini, audio-video, requisito invece ritenuto indispensabile dalle citate “Indicazioni del Ministero della Salute del 17 dicembre 2020 (sul punto si precisa che, secondo le nuove linee di indirizzo, in caso di difficoltà nell’esecuzione della prestazione per qualunque motivo tecnico legato alle condizioni riscontrate del paziente, il sanitario dovrà riprogrammare la prestazione in presenza).

È chiaro come in tali casi spetterà alla struttura provare di non avere responsbilità per i danni subiti dal paziente, per cui sarà fondamentale disporre di idonea documentazione, anche videoregistrata, della corretta esecuzione della prestazione.

c. INADEGUATEZZA NELL’ACQUISIZIONE DEL CONSENSO INFORMATO

In terzo luogo, è pacifico che la prestazione sanitaria in telemedicina debba rispettare gli stessi requisiti previsti per la “medicina tradizionale” in materia di consenso informato in conformità ai requisiti introdotti dalla Legge Gelli.

Ciò implica che il sanitario dovrà specificare nel modulo di consenso informato, oltre alle informazioni indicate nell’ambito delle attività svolte in presenza, anche quelle più specificamente connesse all’erogazione della prestazione sanitaria da remoto.

La mancanza di tali ulteriori informazioni potrebbe dunque comportare una responsabilità per violazione della disciplina in materia di consenso informato ed esporre il professionista al risarcimento dei danni.

Tra queste informazioni possiamo certamente annoverare quelle ritenute indispensabili dalle citate “Indicazioni del Ministero della Salute del 17 dicembre 2020” e, quindi, la circostanza che:

  • l’intervento tenuto in via telematica si potrebbe interrompere a causa di blackout, blocchi di sistema o instabilità della linea internet;
  • i dati del paziente potrebbero essere esposti a ulteriori e diversi rischi di riservatezza;
  • in caso di rifiuto della prestazione in telemedicina, il paziente potrebbe correre dei rischi a causa dell’attesa dei tempi di programmazione per una visita in presenza.

d. IL CONCORSO DI RESPONSABILITÀ TRA MEDICO E PRODUTTORE

Infine, un’altra possibile causa di contenzioso correlata alla telemedicina potrebbe riguardare il riparto delle responsabilità tra i diversi soggetti coinvolti nella erogazione della prestazione sanitaria in telemedicina.  

E infatti la telemedicina implica che la prestazione sanitaria del medico venga filtrata attraverso l’uso di dispositivi digitali, rete internet, software e sistemi di comunicazione (di seguito, per semplicità, “Tecnologie”). Il ruolo nella telemedicina del proprietario delle Tecnologie è stato codificato per la prima volta nelle già citate Linee Guida Nazionali del Ministero della Salute del 10 luglio 2012 che gli hanno attribuito il ruolo di “Centro Servizi”.

Dette indicazioni del Ministero definiscono “Centro Servizi”:

“una struttura che ha le funzioni di gestione e manutenzione di un sistema informativo, attraverso il quale il Centro Erogatore svolge la prestazione in Telemedicina, la installazione e manutenzione degli strumenti nei siti remoti (casa del paziente o siti appositamente predisposti), la fornitura, gestione e manutenzione dei mezzi di comunicazione (compresa la gestione dei messaggi di allerta) tra pazienti e medici o altri operatori sanitari, l’addestramento di pazienti e familiari all’uso degli strumenti). Di minima, esemplificando, il Centro Servizi gestisce le informazioni sanitarie generate dall’Utente che devono pervenire al Centro Erogatore della prestazione sanitaria, e gli esiti della prestazione che devono essere trasmessi dal Centro Erogatore all’Utente”.

Le stesse Indicazioni chiariscono in tema di responsabilità il seguente principio:

“Il Centro Servizi non interviene a livello di responsabilità clinica, risponde al Centro Erogatore per quanto riguarda lo svolgimento efficace di tutti i suoi compiti, in particolare per gli aspetti di integrità e sicurezza delle informazioni sanitarie trasmesse durante le attività di Telemedicina”.

Di conseguenza, nella telemedicina la responsabilità professionale (i.e. clinica) rimane in capo alla struttura sanitaria e non si trasferisce al Centro Servizi (si precisa che il ruolo di “Centro Servizi” potrebbe essere anche ricoperto dalla stessa struttura sanitaria).

Sussiste tuttavia una eccezione.

Come chiarito dalla Cassazione (Cass. Pen., Sez. III, Sent. n. 38485 del 17/9/2019) il Centro Servizi potrebbe rispondere qualora il servizio fornito, benché non qualificato come atto sanitario, risulti pur sempre una prestazione sanitaria ai sensi delle normative vigenti. Detto accertamento sarà di competenza dell’Autorità Giudiziaria, la quale, nel caso ritenga il servizio una prestazione sanitaria, riterrebbe inevitabilmente configurata la contravvenzione sanzionata dal R.D. n. 1265 del 1934, art. 193 per assenza della prescritta autorizzazione sanitaria. Ai fini della responsabilità, dunque, sarà dirimente per la Struttura Sanitaria e il Centro Servizi assicurarsi che il servizio da quest’ultimo erogato non abbia le caratteristiche dell’atto medico.

Se è vero che la responsabilità professionale (al netto della eccezione indicata) non si trasferisce al Centro Servizi, è altrettanto vero che il Centro Servizi risponde (nei confronti della struttura sanitaria e del paziente) dei danni derivanti da un difetto della Tecnologia e/o, più in generale, da un malfunzionamento del servizio (es. si pensi al caso in cui il software utilizzato dal paziente elabori la pressione o la glicemia in modo errato, ovvero ritardi la trasmissione dei dati al punto tale da far scaturire un ritardo diagnostico o di trattamento). In questo caso, qualora il danno sia imputabile al prodotto e/o servizio fornito dal Centro Servizi, il paziente potrà chiedere i danni:

  • al Centro Servizi direttamente a titolo di responsabilità del “produttorecome regolata dal Codice del Consumo per aver fornito un prodotto/servizio difettoso (Cfr. Cass. n. 3258/2016);
  • alla struttura sanitaria a titolo di responsabilità professionale per essersi avvalsa nell’erogazione della prestazione in telemedicina di una tecnologia malfunzionante e/o difettosa, fermo restando il diritto di quest’ultima di rivalersi nei confronti del Centro Servizi per avergli fornito un prodotto/servizio che ha arrecato danni ai propri pazienti.