TAR Lazio, Sez. II, 13/11/2024 nr. 20194
Con la sentenza in commento i giudici tornano su un tema di grande attualità: la corretta declinazione dei CAM (Criteri Ambientali Minini) nei documenti di gara.
Ci eravamo già occupati del tema del rispetto dei CAM con il commento alla sentenza del Consiglio di Stato, Sez. III 11/10/2024 n. 8171 che, in una gara divisa in lotti, aveva ritenuto la violazione dei CAM come vizio centrale del bando che compromette la validità di tutta la procedura, rendendo nullo anche il risultato per i singoli lotti.
Nella pronuncia del TAR Lazio si affronta in maniera analitica la questione della eterointegraizione.
La questione posta è se possa considerarsi sufficiente il richiamo ai Decreti Ministeriali oppure se tale richiamo non sia sufficiente dovendo, invece, la stazione appaltante “declinare” puntualmente i CAM con riguardo allo specifico oggetto di affidamento.
Non hanno dubbi i giudici romani sul fatto che l’indicazione dei CAM deve essere puntuale e non possa ritenersi sufficiente il mero richiamo ai decreti ministeriali o il mero “copia incolla dei contenuti dei decreti”. Se manca una declinazione puntuale dei CAM – e peraltro se i punteggi attribuiti ai CAM siano irrisori - allora la stazione appaltante non ha rispettato l’obbligo di inserire i CAM e, quindi, ha “sostanzialmente” violato le prescrizioni dell’art. 57, 2 comma del Codice Appalti. La conseguenza è che l’eventuale aggiudicazione deve essere annullata e l’intera procedura di gara viene travolta e va rinnovata.
Nel caso di specie, la società ricorrente (quarta in graduatoria) lamentava che, nella gara per l’affidamento dei servizio di manutenzione degli impianti e della parte edile di una serie di edifici di proprietà della committenza, la stazione appaltante non avesse rispettato il “CAM Manutenzione” (DM 23 giugno 2023) il “CAM Energia” (DM 7 marzo 2012) e il “CAM Rifiuti” (DM 23 giungo 2023) avendo, negli atti di gara, fatto solo un generico richiamo ai tre decreti ministeriali, senza una chiara identificazione delle specifiche tecniche applicabili. La ricorrente lamentava inoltre la totale inadeguatezza del criterio di valutazione delle offerte tecniche e il fatto di non essere calibrate sui CAM applicabili, essendogli destinati solo 2 punti su 70.
Il TAR accoglie il ricorso richiamando le conclusioni cui era giunto il Consiglio di Stato (27 maggio 2024 n. 4701) e confermando che “il mero richiamo del decreto ministeriale non è idoneo a conformare la funzione del contratto, in punto di scelta della migliore offerta, agli obiettivi avuti di mira dalla norma”. L’art. 57, 2 comma del Codice (come peraltro l’art. 34 del vecchio codice) non introduce un “obbligo meramente formale di riproduzione del suo contenuto ma impone una conformazione degli obblighi negoziali funzionale, sul piano sostanziale, all’effettiva esecuzione della prestazione dell’appaltatore in conformità alle specifiche tecniche portate dai criteri ambientali”, sicché anche “il ricorso alla eterointegrazione della legge di gara ad opera dei decreti che disciplinano gli specifici criteri ambientali non è sufficiente a far ritenere rispettata la norme del Codice, con conseguente illegittimità della lex specialis “.
I giudici, quindi, non condividono la tesi della c.d. “eterointegrazione” del bando (pur supportata da altri TAR) sul presupposto che “tale tesi avrebbe l’effetto di spostare nella fase di esecuzione del contatto ogni questione relativa alla conformità della prestazione ai criteri ambientali: così contraddicendo la logica del risultato … che mira piuttosto ad una sollecita definizione, in termini di certezza e stabilità del rapporto negoziale, dei reciproci diritti ed obblighi”.
Il ricorso è accolto nel merito attesa l’illegittimità della legge di gara, per violazione dell’art 57, 2 comma, avendo la stazione appaltante omesso di declinare specifiche e clausole contenute nei decreti CAM, costituendo le relative previsioni non norme programmatiche bensì obblighi cogenti per le stazioni appaltanti.
La pronuncia è significativa anche con riguardo ad un altro aspetto: il momento di impugnazione del bando.
Il TAR rigetta l’eccezione di tardività del ricorso. La non conformità della legge di gara all’art. 57, comma 2 del Codice non è un vizio tale da imporre un’immediata e tempestiva impugnazione del bando di gara in quanto la partecipazione alla gara non può considerarsi “acquiescenza alle regole di gara, essendo l’impugnazione proponibile solo all’esito della procedura e avverso l’aggiudicazione, senza che ciò possa qualificarsi come un venire contra factum proprium” (Cds, Sez. III, 14 ottobre 2022, n. 8773). Nel caso di specie, inoltre, non sussistono le condizioni per la immeditata impugnazione dei bandi prevista dalla Adunanza Plenaria n. 4/2018 ovvero che la clausola contestata sia escludente o impedisca di presentare offerta in quanto “in alcun modo l’illegittimità dei criteri ambientali minimi influisce sulla formulazione dell’offerta: non solo in termini di impossibilità assoluta, ma neppure in termini di condizionamento relativo” (CdS, sez. III, sentenza n. 1300 del 2024).
Significativo è infine il passaggio della sentenza in cui i giudici respingono l’eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse.
Secondo la stazione appaltante (resistente) la ricorrente non aveva fornito la c.d. “prova di resistenza” o almeno un principio di prova sulla circostanza che la diversa formulazione della lex specialis, con l’inserimento dei CAM, condurrebbe ad un esito diverso e, segnatamente, all’aggiudicazione dello stesso, né aveva dimostrato o il “nesso” esistente tra l’assenza dei CAM e la mancata aggiudicazione.
Tale prospettazione tuttavia non è condivisa dai giudici che ritengono muova da un presupposto errato ovvero che la rinnovata procedura manterrebbe inalterati i criteri di valutazione, così come inalterate rimarrebbero le offerte tecniche formulate dai concorrenti, senza tener conto del fatto che, in caso di accoglimento del ricorso, in occasione della rinnovazione della gara, la stazione appaltante - nell’adottare una nuova lex specialis rispettosa delle disposizioni normative di cui si lamenta la violazione – sia chiamata a declinarne diversamente i relativi contenuti, modificando anche i criteri di selezione, con conseguente riformulazione delle rispettive offerte dei partecipanti alla procedura, essendo, tra l’altro, quelle precedenti ormai note agli altri concorrenti.
Nel caso in cui, come nella fattispecie, le censure tendano ad invalidare l’intera procedura, e non la aggiudicazione, poiché, attraverso di esse, è coltivato un interesse diverso da quello dell’aggiudicazione, strumentale alla riedizione dell’intera gara, esiste un interesse concreto ed attuale e , quindi, il ricorso è ammissibile.
Non vi è debbio che la sentenza segni un ulteriore grande passo, nel solco delle indicazioni del Consiglio di Stato di maggio (sentenza del 27 maggio 2024 n. 4701) verso la tutela di “affidamenti sostenibili” delle pubbliche amministrazioni e per un rispetto sostanziale e non solo formale dei CAM.