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Importanti novità dal Cura Italia sotto il profilo giuslavoristico

19/03/2020

Per far fronte all'epidemia, è stato pensato un primo provvedimento governativo a cui – ne siamo certi – ne seguiranno degli altri già dal prossimo mese di aprile. Innanzitutto, per tutte le imprese sopra i 5 dipendenti è esteso il trattamento di CIGO (Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria – settore industria) e FIS (Terziario), con modalità semplificate e possibilità di raggiungere l'accordo sindacale anche in forma telematica. Applicazione della Cassa Integrazione in deroga anche per le realtà con meno di 5 dipendenti, ad esclusione del lavoro domestico.

Ciò significa che per il legislatore la modalità ordinaria di gestione del rapporto di lavoro con il personale dipendente durante il Covid-19 sarà quella di utilizzazione delle integrazioni salariali del reddito per almeno 9 settimane, a cui si aggiungono naturalmente le modalità di lavoro agile, l'utilizzazione di ferie, il rispetto del protocollo d'intesa tra le parti sociali.  La particolarità è che la richiesta di Cassa potrà essere presentata entro 4 mesi dal 9 marzo 2020, e retrodatata sino a quest'ultimo termine nei limiti sopra visti.

Non è tutto, vengono infatti estesi i congedi parentali del personale dipendente con figli a carico, in via gradata a seconda dell'età del minore. Novità invece di non poco conto per il bonus babysitter (€ 600,00 una tantum), esteso anche ai lavoratori autonomi, e ai liberi professionisti iscritti alle proprie casse previdenziali di appartenenza.  Ai medesimi lavoratori autonomi, nonché alle collaborazioni coordinate e continuative – ma non ai liberi professionisti – viene altresì riconosciuto un contributo forfettario di € 600,00 mensili. Vengono poi previsti fondi per le imprese che intendono dotarsi di dispositivi di protezione individuale connessi al contenimento del virus.

Da ultimo, ma certamente non per ordine di importanza, viene sospesa per 60 giorni la possibilità di licenziamento per ragioni economiche. Tale limite è esteso ai licenziamenti individuali e collettivi, le cui procedure sindacali siano state iniziate successivamente al 23 febbraio 2020.

A parere di chi scrive l'intento del legislatore, pacificamente volto alla tutela del posto di lavoro, pare esser apprezzabile, ma tale nullità/inefficacia del provvedimento espulsivo rischia di essere, allo stesso tempo, piuttosto limitante.

Vero è infatti che anche in vertenze in cui si era raggiunto l'accordo al 17 marzo 2020, e si attendeva la sola sottoscrizione in sede protetta, si dovrà attendere in ogni caso il 17 di maggio per concludere il rapporto di lavoro. Nel frattempo, potrebbe accadere che un nuovo lavoratore non può essere assunto perché il lavoratore licenziato è ancora in forza, oppure che il lavoratore in uscita, per non perdere l'incentivazione all'esodo, non possa cercare un nuovo posto di lavoro, o magari non accettare una nuova proposta di lavoro. Sarebbe stato più opportuno, evidentemente, fare in modo che detta impossibilità a licenziare fosse pacificamente rinunciabile a verbale, nel quale il lavoratore – debitamente avvertito della rinuncia – dichiari di non voler impugnare il licenziamento, anche se comminato nel periodo anzidetto.

E quanto scritto è ancor più vero se si considerano i licenziamenti collettivi, attivati per motivazioni che negli ultimi giorni di febbraio 2020 non erano certamente quelle riconducibili alla pandemia, e che vedono postadatare l'efficacia – appunto – alla metà del mese di maggio.

Complessivamente, quindi, il Decreto governativo sembra essere una prima iniezione di fondi in un'economia affaticata dalla pandemia, volto principalmente ad evitare la perdita di posti di lavoro. Un risposta, quindi, a cui dovranno seguire altri impegni, forse anche più gravosi, per evitare che al termine della pandemia il paese (ma l'Europa tutta) non si trovi a dover gestire una recessione pesante, dai costi incalcolabili.


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Questo articolo fa parte della rubrica "Emergenza Coronavirus: focus per le imprese". Vedi qui gli altri approfondimenti