La Commissione Europea ha deciso di alzare il tiro contro la Cina. Il 19 giugno 2025 è entrato in vigore il Regolamento numero 1197/2025, che per la prima volta nella storia vieta espressamente l’accesso alle procedure di gara europee per dispositivi medici a tutti gli operatori economici cinesi. Una mossa importante, soprattutto se si considera che durante la pandemia l’Europa aveva fatto massiccio ricorso proprio ai dispositivi medici “made in China”.
Non è una decisione presa alla leggera. Dietro c’è un’indagine approfondita che ha portato alla luce come la Repubblica Popolare Cinese applichi da tempo una strategia protezionistica nel settore dei dispositivi medici. I numeri parlano chiaro: oltre l’87% delle gare pubbliche cinesi prevede divieti espliciti o impliciti all’acquisto di dispositivi medici importati.
Le tattiche utilizzate da Pechino sono diverse ma convergenti:
- favorire sistematicamente l’acquisto di dispositivi medici nazionali;
- escludere di fatto i produttori stranieri dalle gare pubbliche;
- imporre condizioni negli appalti centralizzati che rendono economicamente insostenibile la partecipazione per chi non gode del sostegno statale.
L’Europa ha deciso di reagire
Più esattamente la risposta dell’Ue si basa sul “principio di reciprocità” codificato nel Regolamento IPI (International Procurement Instrument) del 2022; il divieto si applica a tutte le gare europee per dispositivi medici di valore pari o superiore a 5 milioni di euro, una soglia che rappresenta circa il 59% del mercato totale degli appalti Ue nel settore. L’obiettivo è duplice: dare una ‘sveglia’ ai produttori europei per superare la dipendenza dal colosso cinese e spingere Pechino a rimuovere le proprie barriere commerciali.
Il Regolamento non è invalicabile
Come sopra accennato il Regolamento 1197/2025 ha come obiettivo quello di introdurre limiti stringenti alla partecipazione degli operatori cinesi alle gare pubbliche Ue. Sono coinvolti i dispositivi rientranti nei codici CPV da 33100000-1 a 33199000-1 e sono destinatarie tutte le amministrazioni e gli enti aggiudicatori europei. Il Regolamento però non è un muro invalicabile e vi sono alcune regole che lasciano spazio alla flessibilità delle amministrazioni appaltanti. Più esattamente:
- prodotti “misti” ammessi. I concorrenti non cinesi possono offrire dispositivi di provenienza cinese purché non superino il 50% della fornitura complessiva di gara.
- Deroga per unicità tecnica. Le stazioni appaltanti possono ammettere produttori cinesi quando i loro dispositivi sono gli unici in grado di soddisfare specifici requisiti tecnici di gara.
- Interesse generale. In caso di ‘motivi imperativi di interesse generale’ come la salute pubblica, è possibile non applicare la misura di esclusione.
La determinazione dell’origine del prodotto
Per le aziende, conta il Paese di costituzione e dove svolgono attività commerciale ‘sostanziale’. Se l’attività non coincide con il Paese di costituzione, rileva l’origine di chi esercita ‘influenza dominante’ sull’azienda. Per i prodotti, invece, si applica il Codice doganale Ue ovvero il dispositivo medico è originario del Paese dove è stato interamente realizzato ma, se la produzione coinvolge più Paesi, conta dove avviene ‘l’ultima trasformazione’ o ‘lavorazione sostanziale’.
Il Codice degli appalti italiano
Si deve ritenere quindi che le stazioni appaltanti abbiano la facoltà di stabilire le regole di gara in base alle quali decidere non già se ammettere i produttori ‘totalmente’ cinesi – espressamente esclusi dall’articolo 1 del Regolamento in commento – bensì quelli di origine ‘mista’.
A questi ultimi appartengono, ad esempio, quei concorrenti i cui prodotti abbiano subìto “l’ultima trasformazione sostanziale” o “una fase importante del processo di fabbricazione” in un Paese Ue o equiparato.
Quanto poi alla normativa italiana sugli appalti pubblici, detta dedica pochissimi articoli alla partecipazione di imprese extra-UE. L’articolo 69 del dlgs numero 36/2023 (rubricato “Accordo sugli appalti pubblici (AAP) ed altri accordi internazionali”) stabilisce che le stazioni appaltanti debbano garantire un trattamento non meno favorevole rispetto a quello previsto dal Codice agli operatori economici provenienti da Paesi terzi, a condizione che questi siano firmatari dell’AAP o di accordi bilaterali con l’Italia.
Cosa dice l’articolo 170
Qui il caso è diverso. Riguarda esclusivamente le gare per “forniture” nei settori speciali (gas, energia, elettricità, acqua, trasporti, servizi postali ecc.), secondo cui la stazione appaltante può respingere un’offerta proveniente da un concorrente extra-Ue, ma anche ammetterla se almeno metà dei prodotti offerti proviene da Paesi Ue, ed inoltre prevedere la possibilità d’ammettere offerte composte interamente da prodotti extra-Ue, purché la pubblica amministrazione motivi esplicitamente il mancato respingimento. Un approccio analogo sembra essere stato adottato dalla Commissione europea con il Regolamento n. 1197/2025. Questo dimostra comunque che il legislatore nazionale è consapevole dell’esistenza di settori in cui la produzione può avvenire al di fuori dell’Unione Europea e che, in tali casi, è necessario derogare alla regola generale della reciprocità per garantire l’approvvigionamento, ammettendo operatori extra-Ue previa motivazione della stazione appaltante.
Considerazioni finali
Il nuovo Regolamento numero 1197/2025 vieta in maniera esplicita la partecipazione dei dispositivi medici e dei produttori cinesi a tutte le gare pubbliche in Europa di valore superiore ai 5 milioni di euro ma, allo stesso tempo, riserva alle amministrazioni degli Stati membri la facoltà di derogare a tale prescrizione in caso di stretta necessità. In particolare il Regolamento prevede che, qualora solo operatori originari della RPC siano in grado di soddisfare i requisiti di gara o fornire dispositivi medici specifici, indispensabili per motivi imperativi di interesse generale, le amministrazioni possano decidere di non applicare la misura IPI, evitando così il rischio di ridurre eccessivamente le fonti di approvvigionamento (Considerando numero 37), richiamando in tal modo quanto disposto dall’articolo 9 del Regolamento Ue 1031/2023, che autorizza le P.A. a disapplicare in via eccezionale l’esclusione dei prodotti cinesi se non vi sono idonee alternative oppure per motivi d’interesse generale come la tutela della salute pubblica etc.
Le stazioni appaltanti conservano dunque un ampio margine di discrezionalità nel decidere se escludere del tutto i dispositivi medici di origine cinese (totale o parziale) o se, al contrario, ammetterli per evitare rischi di carenza sul mercato.
La Commissione Europea, nell’adottare il Regolamento 1197/2025, ha dunque valutato che le possibili conseguenze negative di una minore disponibilità di dispositivi cinesi siano comunque inferiori rispetto ai benefici economici attesi dal rafforzamento della produzione europea; detta misura, inoltre mira a esercitare pressione sulla Repubblica Popolare Cinese affinché elimini le restrizioni che oggi ostacolano l’accesso dei dispositivi medici stranieri al proprio mercato.
ARTICOLO PUBBLICATO SU ABOUTPHARMA
Rubrica "I DISPOSITIVI MEDICI TRA NORMATIVA E REGOLATORIO"
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