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Rilascio dell’autorizzazione sanitaria in ritardo: l’amministrazione condannata a risarcire il laboratorio di analisi
Con la sentenza in commento il Consiglio di Stato stabilisce che le condotte omissive dell’Amministrazione nel rilasciare l’autorizzazione sanitaria a un soggetto privato non solo violano le disposizioni regolamentari in materia autorizzativa, ma anche le norme a tutela della concorrenza e del mercato.
L’azione dilatoria della Regione, infatti, determina una ingiustificata restrizione dell’offerta di prestazioni sanitarie sul libero mercato concorrenziale, suscettibile di essere condannata e, altresì, ristorata a favore del soggetto istante.
Prima di approfondire le argomentazioni del Collegio giudicante, è opportuno ripercorre brevemente le fasi più rilevante della (annosa) controversa in esame.
Nel 2012, una società titolare di un laboratorio di analisi presentava istanza per la realizzazione di un poliambulatorio privato alla Regione Lazio.
Quest’ultima esprimeva parere contrario al rilascio dell’autorizzazione, adducendo la sufficienza di strutture simili sul territorio in virtù di un fabbisogno assistenziale obsoleto e non più attuale.
La società adiva così il Tar Lazio che annullava il provvedimento di diniego della Regione, con sentenza che veniva confermata dal Consiglio di Stato.
Nelle more del giudizio, nonostante le numerose diffide inviate dalla società per chiedere il rilascio del provvedimento di competenza, la Regione “temporeggiava” adottando provvedimenti dilatori, costringendo così la società ad avviare un giudizio d’ottemperanza.
Nel 2015, la Regione rilasciava (l’agognato) parere favorevole al rilascio dell’autorizzazione sanitaria.
La Società decideva quindi di agire davanti al Tar Lazio per chiedere la condanna della Regione al risarcimento del danno ingiusto derivatole dall’illegittimo e tardivo esercizio dell’attività amministrativa.
La Regione, secondo l’appellante, era colpevole di aver rilasciato il titolo con un ingiustificato ritratto, nonostante l’attività reclamizzata fosse risultata già conforme alle norme in materia edilizia e sanitarie e senza alcun onere in capo alla sanità pubblicità.
Il TAR Lazio tuttavia respingeva il ricorso, rilevando come le precedenti pronunce non avessero riconosciuto il diritto a ottenere tout court il parere favorevole, bensì a sollecitare una istruttoria non meramente formale ma volta effettivamente ad accertare l’effettiva compatibilità della struttura con il fabbisogno assistenziale attuale.
La società impugnava la sentenza davanti al Consiglio di Stato, giungendo oggi alla pronuncia in esame.
I Giudici di Palazzo Spada hanno accertato che la Regione abbia atteso, senza alcuna adeguata giustificazione, circa tre anni prima di emanare l’autorizzazione per l’esercizio dell’attività di assistenziale specialistica ambulatoriale in regime totalmente privatistico, nonostante le pronunce intervenute e i solleciti della società istante.
Secondo i Giudici, quelle poste in atto dalla Regione costituiscono “una serie di condotte risultate per tabulas omissive e dilatorie, in quanto non giustificate da alcuna necessità istruttoria, che conducono a ritenere sussistente la responsabilità colpevole dell’Amministrazione per il ritardo, stante la palese violazione delle norme interne che regolano il procedimento teso all’emanazione del provvedimento richiesto (….), sia di quelle poste a tutela della concorrenza (…)”.
Più esattamente, ritardare senza giustificazione il rilascio dell’autorizzazione sanitaria significa di fatto bloccare o restringere illegittimamente l’offerta di prestazioni sanitarie sul libero mercato concorrenziale e al di fuori delle ipotesi di convenzionamento con il SSN.
Acclarata la responsabilità colpevole dell’Amministrazione, il Consiglio di Stato accoglie la domanda risarcitoria, rilevando come non possa dubitarsi della riconducibilità al ritardo del danno che la società allega di aver subito, sia a titolo di danno emergente in ragione degli ingenti investimenti posti per allestire la struttura sanitaria, sia a titolo di lucro cessante in ragione del mancato avvio dell’attività imprenditoriale.
La pronuncia in esame rappresenta così la chiusura definitiva di una vicenda caratterizzata da una evidente violazione delle norme e dei principi che regolano l’attività della Pubblica Amministrazione e delle ricadute concrete che possono esserci in capo ai soggetti istanti.
Non solo.
La sentenza giunge all’esito di una controversia amministrativa e giudiziaria che risulta essere il manifesto di tutti quei profili di incertezza e criticità giuridica che costellano il faticoso percorso di apertura al mercato sanitario ai nuovi operatori.