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La responsabilità del marketplace per la pubblicità scorretta del rivenditore: il caso di Vova.it

30/03/2021
Camilla Anderlini

AGCM, 8/03/2021, provvedimento n. 28481

Le piattaforme di marketplace, come le notissime Amazon o eBay, sono quei siti web che fungono da intermediario tra rivenditore e consumatore, offrendo il proprio spazio virtuale per lo scambio di prodotti e servizi; scambio che avviene, di norma, in maniera indipendente dal soggetto gestore del marketplace.

I rivenditori (o utenti commerciali), quindi, svolgono la propria attività commerciale in maniera autonoma, scegliendo liberamente anche i contenuti pubblicitari dei propri annunci.

I marketplace possono essere riconosciuti responsabili per tali messaggi?

Il commercio elettronico è disciplinato da diverse fonti, tra cui Decreto Legislativo 9 aprile 2003, n. 70, il Decreto Legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (c.d. Codice del Consumo) e il recente Regolamento (UE) 2019/1150 del Parlamento europeo e del Consiglio.

Tuttavia, in nessuna di esse si affronta espressamente la responsabilità dell’intermediario rispetto ad eventuali inserzioni illegittime pubblicate dai rivenditori, nemmeno da un punto di vista pubblicitario.

Nel silenzio della legge, posso essere certamente utili i “termini e condizioni d’uso” realizzati dalla piattaforma: con un simile documento, il marketplace stabilisce le regole di utilizzo dei propri servizi, entro le quali, potrebbe disciplinare anche il tipo di contenuti che ritiene leciti (conformemente alle disposizioni di legge), ossia le ipotesi di rimozione di una inserzione.

Quali sono le regole in assenza di una pattuizione?

Per orientarsi occorrerà verificare l’orientamento degli Enti competenti in materia.

Sul punto, è interessante la pronuncia dell’AGCM n. 28481, pubblicata il 8/03/2021, che ha riconosciuto il sito Vova.it, e quindi la società titolare, responsabile di aver diffuso una pubblicità ingannevole e aggressiva, sebbene pubblicata da un proprio utente commerciale.

Con questo provvedimento la piattaforma è stata sanzionata per la messa in atto di pratiche commerciali scorrette ai sensi degli artt. 20, 21, comma 1, lett.b), 21, comma 3, 23, lett. s) e 25, lett. c) del Codice del Consumo.

Vova.it è una piattaforma globale, gestita dalla società ZC (FR) Limited (di seguito ZC o “Società”), che offre un collegamento tra clienti e negozi online di ogni genere.

Il procedimento dinanzi all’Autorità, a carico di ZC, è stato instaurato per l’attività, svolta sul sito, di promozione e vendita di mascherine filtranti e di kit di autodiagnosi.

Questi prodotti venivano pubblicizzati, rispettivamente, come dispositivo medico “anti-virus” e come mezzo diagnostico dell’infezione da Covid-19, attraverso claim molto suggestivi come “Virus! Goodbye Mask” e “Repents per rilevazione di virus rapido per la casa […]”.

Il terzo rivenditore, quindi, aveva realizzato un contenuto pubblicitario innanzitutto falso, poiché i prodotti non erano dispositivi medici (in quanto carenti della necessaria certificazione), nonché privi dell’efficacia dichiarata. Si precisa, infatti, che le mascherine sono presidi, certamente utili, ma complementari all’insieme di misure utili al contrasto della diffusione del virus.

Non solo. L’unico mezzo diagnostico riconosciuto per il rilevamento dell’infezione da Covid-19 è quello che si basa sull’indagine dell’RNS (il noto tampone molecolare). Così il Comitato Tecnico Scientifico del Ministero della Salute nella comunicazione del 9/03/2020.

Oltre che ingannevole, l’AGCM ha rilevato l’aggressività della pubblicità: il rivenditore, sfruttando la situazione emergenziale e lo stato di preoccupazione del consumatore, tramite la diffusione nozioni errate in piena epidemia, ha impresso una coartazione maggiore alla volontà del pubblico nelle proprie scelte commerciali.

Inoltre, la falsità del messaggio era potenzialmente in grado di porre in pericolo la sicurezza dell’utente eventualmente convinto di essere difeso dalla contrazione del noto virus Covid-19.

Perché l’Agenzia ha ritenuto responsabile la piattaforma?

Poiché l’AGCM ha riconosciuto la Società quale soggetto professionista ai sensi dell’art. 18, lett. b), Codice del Consumo, ossia quel soggetto che agisce nelle pratiche commerciali sottoposte alla regolamentazione del Codice stesso.

Pertanto, Vova.it, risulta persona giuridica che deve adeguarsi ai doveri di diligenza professionale (art. 20 del Codice) e alla disciplina relativa alle pratiche commerciali scorrette (artt. 21, comma 1, lett.b), 21, comma 3, 23, lett. s) e 25, lett. c) del Codice del Consumo).

Più esattamente, l’organo giudicante ha valutato applicabile il menzionato art. 18 in ragione dell’instaurato rapporto di consumo” tra marketplace e rivenditore-consumatore, avente ad oggetto le pratiche commerciali di compravendita dei beni offerti online. Rapporto di consumo generato dall’accettazione vincolante, da parte degli utenti, dei “termini e delle condizioni d’uso” di vova.it.

In tal senso, Vova è il professionista che svolge attività commerciale a favore del consumatore “in nome o per conto di un (altro) professionista”, come previsto dall’art. 18 lett. b).

L’Agenzia, inoltre, precisa che per pratiche commerciali, si deve intendere qualsiasi operazione correlata alla promozione, alla vendita o alla fornitura di ben e servizi, anche senza natura negoziale ovvero senza che si instauri di un rapporto diretto con il consumatore: in altre parole, è sufficiente che l’operazione commerciale abbia quale destinatario ultimo il consumatore stesso, e irrilevanti sono i numeri di passaggi e soggetti che sono coinvolti in tale atto.

Dalla asserita natura di soggetto professionista in capo a vova.it, allora, deriva in capo alla piattaforma stessa il rispetto della diligenza professionale ex art. 20, Codice del Consumo, il quale impone agli operatori l’adozione di comportamenti competenti e corretti nei confronti dei propri consumatori, nonché di agire secondo buona fede.

Il mancato vaglio della pubblicità da parte di Vova, sebbene prodotta da terzi, è risultato per l’AGCM un comportamento contrario a diligenza.

Addirittura, secondo l’Agenzia, il sito avrebbe potuto esercitare anche un controllo preventivo, alla luce della dichiarata possibilità di vova.it di interfacciassi direttamente con i propri utenti commerciali.

In conclusione, quanto emerge dall’orientamento espresso dall’AGCM è che anche l’intermediario, che non offra un servizio di marketplace del tutto passivo e, anzi, insaturi un rapporto con i propri utenti, assume la veste di professionista e dunque di agente commerciale direttamente responsabile per eventuali lezioni dei diritti dei consumatori.