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Non vi sono più dubbi: l’attività odontoiatrica è consentita anche alle società di capitali - la posizione del Consiglio di Stato

15/09/2021

Cons. St., III, 4/08/2021, n. 5756

L’esercizio dell’attività odontoiatrica è consentito a tutte le società operanti nel settore odontoiatrico purché le stesse siano dotate di un direttore sanitario e le prestazioni vengano eseguite da professionisti abilitati. Il tentativo ordinistico di limitare tale attività alle sole STP non è andato a buon fine.

Lo ha chiaramente, e definitivamente, ribadito il Consiglio di Stato nella recente sentenza del 04 agosto 2021 n. 5756/2021, nel cui procedimento lo Studio Stefanelli, con l’avv. Silvia Stefanelli e la collaborazione dell’avv. Giorgia Verlato, ha difeso gli interessi della società odontoiatrica coinvolta.

La vicenda giudiziaria nasce a seguito del rilascio di una autorizzazione sanitaria, da parte del Comune di La Spezia, per struttura odontoiatrica in capo ad una SRL: la Commissione Albo Odontoiatri impugna il provvedimento del Comune spezzino avanti al Tar Liguria, cercando di sostenere (tra gli altri profili) come tale autorizzazione non possa essere rilasciata ad una SRL, ma solo ad odontoiatri o a società STP di odontoiatri.

Il Tar Liguria respinge la posizione delle Commissione Odontoiatri con sentenza n. 858/2020, rigettando tutte le pretese di quest’ultima e riconoscendo la piena legittimità del provvedimento autorizzativo rilasciato in capo alla società di capitale.

La Commissione decide così di impugnare la sentenza davanti al Consiglio di Stato, che definisce il giudizio con una pronuncia che si può definire storica per il settore odontoiatrico, essendo la presenza delle società di capitali una questione oggetto di scontri e battaglie da anni.

La posizione degli Ordini e dei sindacati, infatti, è sempre stata quella - sin dall’arrivo di Vitaldent nel 2007 - di osteggiare la possibilità di gestione di strutture odontoiatriche da parte di società del Codice civile (es. SRL) per evitare (obiettivo sempre dichiarato) l’espandersi dei network in odontoiatria o comunque una odontoiatria considerata troppo “impresa” e troppo poco professionale.

Sembrava poi che il tema della gestione da parte di società si fosse assestato con il disposto dell’art. 1, comma 153, l. m. 124/2017 (legge annuale per il mercato e la concorrenza), che espressamente prevede:

L’esercizio dell’attività odontoiatrica è consentito esclusivamente a soggetti in possesso dei titoli abilitanti  di  cui alla legge 24 luglio 1985, n. 409, che prestano la propria  attività come liberi professionisti. L'esercizio dell'attività odontoiatrica è altresì consentito   alle   società operanti   nel   settore odontoiatrico le cui strutture siano dotate di un direttore sanitario iscritto all'albo degli odontoiatri  e  all'interno  delle  quali  le prestazioni di cui all'articolo 2 della legge 24 luglio 1985, n. 409, siano erogate dai soggetti in possesso dei titoli abilitanti  di  cui alla medesima legge”.

La Commissione Albo Odontoiatri ha cercato allora di sostenere che tale disciplina sarebbe in contrasto con l’art. 1, comma 2, l. n. 4/2013,  così come innovata dall’art. 4, comma 1, l. n. 3/2018 dedicata al riordino delle professioni sanitarie, dal momento che è assolutamente vietato per i soggetti non iscritti nell’apposito albo professionale svolgere “attività riservate per legge a soggetti iscritti in albi o elenchi  ai sensi dell’art. 2229 c.c., delle professioni sanitarie e relative attività tipiche o riservate per legge”.

Tale posizione è stata definitivamente rigettata dai giudici del Consiglio di Stato che ritengono, invece, come:

  • la l. n. 3/2018 regoli l’esercizio della professione intellettuale riservata per legge ai soggetti abilitati;
  • mentre con la l. n.124/2017 vengano cristallizzati gli elementi minimi obbligatori di una società di capitali per aprire un ambulatorio odontoiatrico, al cui interno opereranno ed eserciteranno la professione i singoli soggetti abilitati (senza per questo entrare in contrasto con la l. n. 3/2018).

I Giudici, inoltre, puntualizzano che “ […] Va inoltre considerato che essendo tale ultima disposizione  [l. n. 124/2017] funzionale alla tutela della concorrenza nel settore, una interpretazione restrittiva, o addirittura implicitamente abrogante, […], sarebbe contraria alla ratio della stessa.”.

Da una lettura corretta dell’art. 1, comma 153, legge n. 124/2017 si comprende infatti che, nel consentire alle società non STP di esercitare l’attività odontoiatrica, il legislatore si è premurato di garantire la sicurezza dei pazienti, prevedendo che il direttore sanitario sia iscritto all’albo degli odontoiatri, e che l’erogazione delle prestazioni avvenga per il tramite di soggetti abilitati. Il raccordo con l’albo professionale diventa così lo strumento per coniugare la tutela della concorrenza con la garanzia che le prestazioni siano eseguite materialmente solo da soggetti idonei.

Dunque, la pronuncia del Consiglio di Stato mette una pietra tombale rispetto a qualsiasi (eventuale) dubbio sulla legittimità delle società di capitali di essere titolari di una autorizzazione per la gestione di struttura odontoiatrica.

Ma vi è più.

Risulta talmente solare che la l. n. 124/2017 sia volta a tutelare la concorrenza, senza ovviamente perdere di vista la salvaguardia della salute garantita dalla presenza del direttore sanitario e dei soggetti abilitati, che il Consiglio di Stato definisce le contestazioni sollevate dall’organo ordinistico addirittura connotate da un tenore anticoncorrenziale.

Una precisazione quest’ultima che diventa l’occasione per chiedersi quali siano i confini entro cui un Ordine nel rappresentare una azione di natura corporativa può esporsi, dal momento che (forse?) potrebbe sembrare paradossale che un ente pubblico, quale è l’Ordine, arrivi a non tutelare la concorrenza, costituzionalmente garantita, dello stesso settore di cui fa gli interessi.

Ma questa è una altra storia.