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L’ingannevolezza del messaggio pubblicitario e la tutela del consumatore “debole”: la pronuncia dello iap n. 47/2021

01/03/2022
Camilla Anderlini

La pubblicità commerciale può, e in un certo senso deve, essere persuasiva, ossia deve essere in grado di rendere desiderabile il prodotto reclamizzato.

Tale effetto, però, non può arrivare a ledere il giudizio critico del consumatore e pregiudicare le sue scelte d’acquisto in virtù di una falsa rappresentazione del prodotto.

Alcune categorie commerciali sono circondate da maggiori cautele per il consumatore che è ritenuto più sensibile e più facilmente coercibile nella propria autodeterminazione all’acquisto.

In merito alla soglia di sensibilità del consumatore di prodotti cosmetici è interessante la decisione n. 47/2021, del Giurì dell’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria, pubblicata recentemente, che chiarisce i parametri d’ingannevolezza del messaggio pubblicitario e pare innalzare il grado di tutela del consumatore, ritenuto ancora più fragile in questo ambito.

Il fatto

Nel corso del 2021 il Comitato di Controllo ha inoltrato alla Pasquali S.r.l (di seguito anche la Società) un’ingiunzione di desistenza, ai sensi dell’art. 39 del Codice di Autodisciplina, relativa a una comunicazione commerciale, di alcuni prodotti cosmetici, nella quale gli stessi venivano presentati come adatti al trattamento di pelli con tendenze patologiche.

Più esattamente, la campagna pubblicitaria prevedeva un claim, “Pelle secca, sensibile, o con tendenza a dermatiti?”, principale oggetto di contestazione, ed altri elementi, come l’inserimento di nomi di patologie della pelle, capaci nel complesso di confondere il consumatore sulla natura del prodotto in violazione degli artt. 2 e 23 del Codice di Autodisciplina.

In particolare, a parere del Comitato, il destinatario della campagna pubblicitaria non sarebbe stato nelle condizioni di capire se l’oggetto della comunicazione fosse un cosmetico o un farmaco, risultando ingannato sulle vere proprietà del prodotto.

Nonostante l’opposizione presentata dalla Pasquali S.r.l, il Comitato ha rigettato le motivazioni proposte dalla società e ha trasmesso gli atti al Giurì, il quale ha convocato le parti per procedere alla discussione.

Le considerazioni del Giurì

Il Giurì, nella valutazione del messaggio pubblicitario ha accolto le osservazioni del Comitato di Controllo, riconoscendo la violazione degli artt. 2 e 23 del codice di Autodisciplina.

Tali norme vietano, rispettivamente, il ricorso ad una pubblicità ingannevole e il vanto, per i prodotti cosmetici e per l’igiene personale, di caratteristiche diverse e ulteriori da quelle di pulizia, profumazione, protezione e modifica dell’aspetto del corpo (sempre a garanzia della trasparenza e veridicità della comunicazione).

Nella pubblicità contestata, i prodotti della Pasquali S.r.l sono stati associati a patologie cutanee, per mezzo del claim “Pelle secca, sensibile, o con tendenza a dermatiti?”.

Tale associazione è stata valutata in grado di ingannare il consumatore facendogli ritenere di poter acquistare un prodotto assimilabile a un farmaco.

In particolare, l’affermata applicabilità delle creme cosmetiche ad una situazione patologica, anche non conclamata (nel messaggio si legge “tendente a…”), è apparsa sufficiente a trasmettere l’idea che i cosmetici in questione avessero una efficacia di cura e/o di trattamento della malattia, tipica del medicinale, pertanto trascendete quella dei cosmetici.

Si noti che l’art. 23, comma 2, del Codice permette la reclamizzazione di “caratteristiche sussidiarie per la prevenzione di particolari situazione patologiche”.

Pertanto, il mero riferimento a malattie in testi pubblicitari, non è vietato tout court, ma deve essere suffragato dalla formulazione del prodotto che deve comprendere composizioni e ingredienti specifici e diretti a quello scopo preciso.

In assenza di una siffatta formulazione, la pubblicità si ritiene ingannevole.

Tornando alla pronuncia, il Giurì, come il Comitato nella propria ingiunzione, hanno dato rilievo anche al contesto in cui era inserito anche il claim contestato.

Invero, il Giurì ha ritenuto che l’effetto menzognero della campagna pubblicitaria è stato rafforzato da un complesso di elementi svianti la percezione delle reali caratteristiche del prodotto pubblicizzato, come l’abuso di linguaggio tecnico-scientifico non afferente alla cosmesi e la reperibilità dello stesso in farmacia e para-farmacia.

Si precisa che la vendita di prodotti cosmetici presso tali esercizi è lecita.

Tuttavia, se già il consumatore è confuso sulla natura del prodotto, la sua collocazione in farmacia, può convincere il futuro acquirente che la pubblicità si riferisca a un medicinale.

Gli elementi d’ingannevolezza, così come individuati e descritti dagli Organi dello IAP, poi, sono stati poi esaminati sulla base delle particolari esigenze di tutela del consumatore di prodotti cosmetici.

Invero, nell’opinione del Giurì, tale fruitore pare più “fragile” soprattutto laddove la cosmesi presenta collegamenti con i trattamenti medicali.

Il senso critico del consumatore pare doversi considerare più cedevole agli stimoli pubblicitari, individuando un pregiudizio alla sua autodeterminazione ogni qual volta venga sfruttato il  suo desiderio di trovare sollievo ad una eventuale condizione patologica, per il tramite di prodotti  che non hanno quello scopo.

Le comunicazioni pubblicitarie, pertanto, devono essere precise nell’indicazione degli effetti, considerato che è ammissibile che il consumatore non si soffermi sulla composizione del cosmetico, ma sulle caratteristiche dichiarate.

Altresì le stesse devono tenere conto del contesto del prodotto, come i luoghi di vendita, affinché il consumatore possa valutare liberamente i contenuti testuali ed esercitare la propria capacità di discernimento nonostante gli eventuali elementi di collegamento con un’altra categoria di prodotti.