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Prodotti cosmetici o trattamenti di medicina estetica? Il Giurì dell’Autodisciplina pubblicitaria cristallizza i concetti di ottemperanza e di idea promozionale
Con la Pronuncia n. 12/2021, il Giurì dell’Autodisciplina pubblicitaria riconferma la Pronuncia n. 49/2020 (già commentata nel nostro articolo reperibile qui) in merito all’accostamento di un prodotto cosmetico ad un trattamento di medicina estetica.
Ripercorrendo brevemente la vicenda, il Provvedimento n. 49/2020 generava dall’istanza della società L’Orèal Italia S.p.a. (anche solo “L’Orèal”) volta ad ottenere la cessazione di messaggi pubblicitari veicolati dalla società - sua concorrente - Laboratoires Filorga Cosmetiques Italia S.r.l. (anche solo “Filorga”) sul prodotto cosmetico NCEF-REVERSE (una crema anti-età).
In particolare, il Giurì considerava contraria agli artt. 2 (Pubblicità ingannevole) e 23 (Pubblicità di prodotti cosmetici e per l’igiene personale) del Codice di Autodisciplina la comunicazione di Filorga per aver lasciato intendere – non troppo velatamente – al consumatore che con l’uso della suddetta crema avrebbe ottenuto risultati equiparati ai filler utilizzati in medicina estetica.
Proprio il concetto di equiparazione di prodotti – l’uno cosmetico, l’altro farmaceutico e soggetto a prescrizione medica - essenzialmente diversi quanto a composizione, efficacia, ma soprattutto quanto a luogo, modalità e competenze di applicazione, portava il Giurì ad ordinare la cessazione del messaggio.
A distanza di pochi mesi dalla conclusione del procedimento e tra le stesse parti, L’Orèal si rivolgeva al Giurì per ottenere l’ottemperanza di Filorga alla decisione n. 49/2020. Con l’occasione l’istante lamentava il continuo accostamento tra la cosmesi e la medicina estetica veicolato tramite nuovi messaggi pubblicitari, questa volta riferiti al prodotto Lift Structure Radiance di Filorga.
Nell’ambito di tale procedimento, il Giurì chiarisce e cristallizza taluni dei principi cardine della comunicazione commerciale.
Procedendo con ordine:
Ottemperanza
Il Regolamento sui tempi tecnici di attuazione delle decisioni autodisciplinari (emanato in conformità con quanto previsto dalle lettere c) e d) delle Norme Preliminari e Generali del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale) ha “stabilito in 5 giorni lavorativi il termine entro il quale deve cessare la comunicazione commerciale riprovata”. Lo scopo perseguito dal Regolamento è evidentemente quello di ottenere, in tempi rapidi, la cessazione della comunicazione ritenuta non conforme al Codice di Autodisciplina.Si pensi però al fatto che se, da un lato, all’adempimento di un’ingiunzione pubblicitaria è obbligato chi realizza la comunicazione ritenuta scorretta; dall’altro, tale adempimento coinvolge – forse in maniera più preponderante - chi è tenuto alla rimozione materiale del messaggio di cui viene ordinata la cessazione (es. vetrofanie, cartelloni, ecc.). Quest’ultimo soggetto non sempre – anzi quasi mai – corrisponde all’ingiunto, tanto che un suo diniego renderebbe “difficoltoso” all’ingiunto adempiere correttamente alle decisioni autodisciplinari.
Da qui, le molteplici ricadute della comunicazione: l’attività pubblicitaria non produce solo effetti circoscritti alla sfera del consumatore o della tutela della leale concorrenza, ma è altresì idonea ad incidere sui rapporti commerciali tra privati.
Sul punto, appare lungimirante il Giurì ad auspicare che ogni aderente al sistema di Autodisciplina regoli nel contratto di cessione le obbligazioni nascenti da un’eventuale ingiunzione del Giurì. La definizione delle modalità, delle tempistiche e dei costi di adempimento consentirebbe alle imprese, tra le altre cose, di tutelare la continuità dei rapporti commerciali e contenere i costi nascenti dall’ottemperanza alla pronuncia del Giurì.Idea Promozionale
Il claim contestato riguarda “il fluido rosa con attivi utilizzati anche nelle iniezioni”.
L’art. 42 C.A. (Inosservanza delle decisioni) prevede che:
“qualora chi è tenuto ad uniformarsi alle decisioni del Giurì o del Comitato di Controllo non vi si attenga nei termini previsti dall’apposito regolamento, il Giurì o il suo Presidente reiterano l’ordine di cessazione della comunicazione commerciale e dispongono che si dia notizia al pubblico dell’inottemperanza (…)”.
Il Giurì fornisce una interpretazione estensiva della norma. Essa non dovrà ritenersi applicabile ai soli casi di reiterazione della pedissequa contravvenzione alla precedente decisione - svuotandosi così di significato – ma andrà applicata tenendo conto della ratio e della funzione che le è propria:
“inibire i messaggi che, nella sostanza, si avvalgono della medesima “idea promozionale” veicolata da quelli già vietati, indipendentemente dalle parole, dai suoni e dalle immagini nei quali i primi e i secondi consistono” (Pronuncia n. 12/2021).
Seppure, infatti, il caso valutato dal Giurì riguardasse sia un prodotto che un messaggio differenti rispetto a quelli oggetto delle precedente pronuncia, l’idea promozionale sottesa rimaneva pur sempre l’accostamento di un prodotto cosmetico ad un trattamento di medicina estetica, considerato, ora come allora, ingannevole.
La Pronuncia 12/2021, nel riaffermare dei principi fondamentali della comunicazione, accenna alle possibili ricadute sul piano dei rapporti commerciali dell’attività pubblicitaria ed estende i confini dell’ingannevolezza del messaggio pubblicitario dei prodotti cosmetici. Chissà che non abbia voluto anche scongiurare che il consumatore fosse destinatario di comunicazioni vietate (ad es.: pubblicità di farmaci soggetti a prescrizione), celate da messaggi – solo apparentemente – leciti.