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Approvate le linee guida per i servizi di telemedicina, il decreto del ministero della salute
In attuazione della Missione 6 del PNRR è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale serie generale n. 256 del 2 novembre 2022 il Decreto ministeriale 21 settembre 2022 recante “Approvazione delle linee guida per i servizi di telemedicina - Requisiti funzionali e livelli di servizio.”
Finalmente siamo davanti alla pubblicazione di disposizioni obbligatorie relative ai requisiti minimi per l’esercizio della telemedicina.
Fino al mese di novembre, infatti, tale materia è stata indirizzata dalle “Linee di indirizzo nazionali sulla Telemedicina” del 2014 e dalle “Indicazioni nazionali per l’erogazione di prestazioni di telemedicina del 17/12/2020” che prevedevano standard di servizio certamente consigliabili, ma non vincolanti.
Il Decreto Ministeriale 21 settembre 2022 si rivolge alle Regioni e Province autonome e ha funzione di stabilire degli standard tecnici e di servizio che gli Enti territoriali dovranno implementare nella progettazione dei propri servizi, affinché l’offerta sanitaria di telemedicina diventi diffusa e omogenea nell’ottica del perseguimento della realizzazione della Missione 6 del PNRR.
Il Decreto, quindi, riprendendo e rielaborando molti dei contenuti delle precedenti linee guida, individua le caratteristiche tecniche, organizzative e funzionali delle prestazioni di telemedicina.
Rispetto ai requisiti di natura organizzativa e funzionale, in questo articolo, ci si soffermerà sui seguenti profili:
- La definizione delle prestazioni di telemedicina e l’individuazione dei servizi minimi;
- Le caratteristiche della popolazione di pazienti eleggibili e il soggetto responsabile della valutazione dell’eleggibilità del paziente;
- La natura del software impiegato nei servizi di telemedicina;
La definizione delle prestazioni di telemedicina e l’individuazione dei servizi minimi
Il decreto ministeriale individua e definisce le prestazioni minime di telemedicina riprendendo espressamente le “Indicazioni nazionali per l’erogazione di prestazioni di telemedicina del 17/12/2020”.
Le prestazioni che le Regioni e le Provincie autonome dovranno garantire sono, dunque, la televisita, il teleconsulto/teleconsulenza, teleassistenza e il telemonitoriaggio.
Con riferimento alle singole definizioni delle prestazioni (già analizzate qui) si vuole porre l’attenzione sul fatto che il Decreto, citando il testo delle Indicazioni nazionali del 2020, ha confermato la natura complementare della televisita (ossia uno dei mezzi principali della telemedicina) rispetto all’esecuzione dell’atto medico in presenza.
Nel Decreto Ministeriale 21 settembre 2022 si legge, infatti, che “la televisita, come previsto anche dal codice di deontologia medica, non può essere mai considerata il mezzo per condurre la relazione medico-paziente esclusivamente a distanza, né può essere considerata in modo automatico sostitutiva della prima visita medica in presenza.”.
In sostanza, si è stabilito in modo vincolante, che il ricorso alla televisita (ma si ritiene di poter estendere il riferimento anche alle altre tipologie di prestazioni di telemedicina) deve essere implementato a integrazione e rafforzamento delle prestazioni sanitarie erogate in presenza e che non possa essere organizzato come sistema autonomo rispetto alle prestazioni sanitarie compiute in presenza.
Le caratteristiche della popolazione di pazienti eleggibili e il soggetto responsabile della valutazione dell’eleggibilità del paziente
Il paziente che può avere accesso alle prestazioni in telemedicina è l’assistito che risulta “eleggibile del punto di vista clinico, tecnologico, culturale e di autonomia o di disponibilità di un caregiver, qualora necessario, per la fruizione dei servizi di telemedicina”.
Non solo.
Idonee dovranno essere anche la dotazione tecnologica, la capacità di utilizzo di dispositivi, di internet e delle tecnologie dell’informazione (digital literacy) da parte del paziente, e/o del caregiver, e le condizioni igieniche del domicilio del paziente. La valutazione di adeguatezza potrà essere effettuata anche tramite un sopralluogo del domicilio dell’assistito.
A parere di chi scrive, l’illustrata indicazione delle caratteristiche di eleggibilità del paziente non sembra chiarissima.
Da un lato, infatti, è possibile desumere che il paziente debba essere in condizioni cliniche compatibili con la prestazione da remoto e che debba avere le capacità o l’assistenza adeguate a ricevere indicazioni e utilizzare un eventuale dispositivo medico e/o un accesso a internet.
Dall’altro lato, risultano di difficile inquadramento gli eventuali parametri di valutazione dell’adeguatezza culturale e sociale del paziente, nonché quelli relativa dotazione tecnologica e igienica che, quindi, rimangono astrattamente individuati e non circoscritti ad aspetti inerenti all’erogazione delle cure in telemedicina.
Ci si chiede, inoltre, chi sarà o saranno i soggetti competenti a individuare l’ammissibilità del paziente alla prestazione di telemedicina.
A norma del Decreto ministeriale in commento “l’eleggibilità clinica è a giudizio insindacabile del medico” che dovrà, dunque, esaminare non solo le condizioni cliniche dell’assistito, ma anche la sua “eliggibilità” per quanto attiene ai profili sociale e tecnologici. Non è dubbio che tale previsione potrà aprire nuovi profili di responsabilità in capo al medico.
Sotto questo profilo, è quindi auspicabile un intervento a livello di normativa nazionale e/o regionale o anche di linee guida delle società scientifiche rivolto, sia a delimitare con precisione i requisiti di eleggibilità del paziente, sia a individuare le debite figure competenti che da coinvolgere in tale giudizio.
Per gli aspetti che non hanno natura clinica, ad esempio, potrebbero essere di riferimento i Dipartimenti ASL competenti in materia informatica/tecnologica e in materia di igiene e sanità dei luoghi.
La natura del software impiegato
Il Decreto ministeriale in commento ha il pregio di chiarire un aspetto dubbio che aveva caratterizzato le Indicazioni nazionali del 17/12/2020 circa la necessità che i software, impiegati nelle prestazioni di telemedicina, dovessero essere sempre certificati come dispositivi medici.
Dalle Indicazioni nazionali del 17/12/2020 sembrava infatti che ogni software utilizzato nelle prestazioni di telemedicina dovesse essere certificato come dispositivo medico.
Dunque, vi erano dubbi interpretativi relativi all’applicazione dell’obbligo di certificazione a tutte quelle APP o piattaforme che, non avendo funzioni ricollegabili a quelle di un dispositivo medico, non possono essere qualificate come tali.
Sul punto, il Decreto indica in maniera più precisa che il ricorso ad un software certificato come dispositivo medico è necessario solo nei casi in cui sia utilizzato un software che effettivamente presenta la funzionalità di un dm (finalità medica ed elaborazione dei dati).
Una grande assente: l’adesione informata da parte del paziente per l’attivazione dei servizi di telemedicina
Nelle “Linee di indirizzo nazionali sulla Telemedicina” del 2014 e nelle Indicazioni nazionali del 17/12/2020 è oggetto di attenzione la relazione medico-paziente con specifico riguardo alla fase di proposta e accesso al servizio in telemedicina.
Più esattamente, i testi sopracitati ricomprendono tra gli aspetti fondamentali dell’implementazione dei servizi di telemedicina quello dell’informazione del paziente sulle caratteristiche, peculiarità e rischi della prestazione sanitaria di telemedicina.
Le Indicazioni nazionali del 2020, sul punto, stabiliscono che il paziente per accedere al servizio sanitario in telemedicina deve dare espressa adesione informata al trattamento sanitario in telemedicina dopo essere stato reso edotto dal medico: sulle precise modalità di esecuzione della prestazione, sull’obiettivo della stessa, sui vantaggi e sui rischi tipici dell’erogazione della prestazione in telemedicina, nonché sulla gestione dei suoi dati personali, su come rivolgersi al titolare o al responsabile del trattamento e quali sono suoi diritti di soggetto interessato.
Tale adesione informata, dunque, assume la configurazione di uno strumento a completamento del consenso informato alle cure e dell’informativa privacy normalmente raccolti nell’ambito della prestazione sanitaria tradizionale.
In tal senso, si ritiene che l’adesione informata sia per il paziente uno strumento in più a garanzia di sicurezza delle cure, nonché una tutela in più per il medico in materia di responsabilità professionale che si estende anche alle peculiarità tipiche di una prestazione sanitaria resa “a distanza”.
Nonostante il silenzio del Decreto ministeriale, dunque, si reputa che l’adesione informata sia un mezzo che le Regioni e le Province autonome potrebbero comunque implementare.
Per il momento, tuttavia, non rimane che aspettare le determinazioni degli Enti territoriali per assistere alle evoluzioni in materia e per vedere quali saranno le diverse sensibilità nella concretizzazione dei punti critici del Decreto Ministeriale.