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LABORATORI DI PROVA E RESPONSABILITA’ CIVILE: e possibile limitare la responsabilita attraverso il contratto?
Relazione svolta dall’avv. Valeria Fabbri dello Studio Legale Stefanelli al seminario organizzato dall’associazione ALPI in data 12 febbraio 2014.
QUI è possibile scaricare le diapositive del seminario.
Come noto, il processo produttivo dei prodotto in generale (ed altresì dei dispositivi medici) è caratterizzato da una straordinaria complessità, specie sotto il profilo del numero dei soggetti che vi prendono parte.
Numerosi infatti ne possono essere i protagonisti (dal produttore, ai fornitori, ai laboratori di prova, agli organismi di certificazione e così via), ciascuno dei quali si caratterizza per il segmento di attività che svolge nell’ambito del processo produttivo complessivamente inteso. Tale segmentazione non rimane priva di effetti anche sotto il diverso profilo della responsabilità civile in caso di danno: se è vero, infatti, che, agli occhi dell’utilizzatore o del consumatore, è il fabbricante ad essere responsabile per i danni da questi subiti, ciò non toglie che quest’ultimo a propria volta potrà rivalersi nei confronti di quel componente della catena produttiva alla cui attività il danno dovesse risultare causalmente ricollegato.
Spesso, tuttavia, l’ammontare del risarcimento richiesto supera di gran lunga l’importo pagato per la commessa: è il caso, ad esempio, di test realizzati da laboratori di prova per la realizzazione di un dispositivo medico.
In altre parole, è il caso in cui non vi è proporzione fra il valore economico dell’attività prestata all’interno del processo produttivo e la misura dell’eventuale risarcimento (ad esempio) dal paziente danneggiato dal dispositivo medico.
Come ovviare a tale problematica? Come evitare che vengano avanzate richieste risarcitorie sproporzionate rispetto all’importo pattuito per la commessa?
Senza dubbio lo strumento potenzialmente più efficace è la corretta redazione del contratto in essere tra le parti.
Più esattamente l’inserzione, all’interno delle pattuizioni contrattuali chiamate a regolare i rapporti fra i vari partecipanti al processo produttivo, di apposite clausole di limitazione della responsabilità.
La risposta ai quesiti appena posti non è tuttavia nè semplice né tantomeno immediata.
Gli articoli che rilevano in questa fattispecie – e che possono apparire tra loro in contraddizione - sono due:
- da una parte l’art. 1229 c.c. sanziona con la nullità qualsivoglia patto che escluda o limiti preventivamente la responsabilità di un soggetto la cui condotta sia caratterizzata dal dolo o dalla colpa grave,
- dall’altra parte l’art. 1382 c.c. autorizza le parti a determinare in via preventiva, sotto forma di clausola penale, l’ammontare del risarcimento dei danni che il contraente dovrà versare in caso di inadempimento (sempre che la sua condotta si caratterizzi per sola colpa lieve e non già per colpa grave o dolo, nel qual caso il soggetto sarà tenuto a risarcire integralmente il danno).
In sostanza appare possibile introdurre clausole di limitazione di responsabilità – soggette all’obbligo di pattuizione per iscritto ai sensi di quanto disposto dall’art. 1341 c.c. e comunque solo per i casi di colpa lieve – tenendo necessariamente tenere conto del fatto che le stesse dovranno essere disegnate caso per caso e con grande attenzione, commisurandole agli elementi economici propri della singola fattispecie contrattuale e bilanciando i diversi interessi in gioco.