Abbiamo visto in un precedente contributo l’importanza di regolare gli aspetti relativi alla proprietà industriale ed intellettuale in seno ad un trasferimento tecnologico ("L’importanza di regolare gli aspetti relativi alla proprietà industriale ed intellettuale in vista del trasferimento tecnologico").
L’innovazione tecnologica rappresenta infatti il bene immateriale suscettibile di valutazione economica per eccellenza e, in quanto tale, può formare oggetto di proprietà industriale o intellettuale.
La complessa organizzazione delle società moderne e la definitiva globalizzazione tecnologica hanno comportato una sempre maggiore circolazione di beni immateriali.
Come ogni fenomeno che dipende dall’attività umana, anche la circolazione dei beni immateriali comporta la possibilità che i consociati confliggano nelle attribuzioni di diritti e doveri in relazione agli stessi.
Il presente articolo vuole offrire uno spunto di riflessione sul modello contrattuale utilizzabile dagli operatori economici nell’ambito dello scambio delle tecnologie, tra le quali, software, banche dati o, più in generale, qualsiasi tipologia di know how che possa essere oggetto di privativa.
L’odierna analisi concerne pertanto le differenze fra la cessione e la licenza d’uso dei diritti di proprietà industriale o intellettuale che hanno come oggetto le tecnologie, al fine di comprendere la formula più adatta da adottare nel caso concreto.
Il contratto di cessione di tecnologia prevede che un soggetto - cedente – trasferisca la piena titolarità del diritto di proprietà industriale ad un altro soggetto - cessionario, dietro corrispettivo.
Il contratto di licenza prevede invece che, dietro corrispettivo, un soggetto - licenziante - conceda lo sfruttamento di un diritto di proprietà industriale o intellettuale ad uno o più soggetti, definiti licenziatari, mantenendone tuttavia la titolarità.
Attività preliminari comuni
A prescindere dalla modalità di acquisizione, il soggetto che ‘riceve’ la tecnologia dovrebbe preliminarmente verificare la sussistenza e la validità del bene immateriale oggetto del contratto. Ciò si estrinseca nella verifica dell’assenza di ulteriori brevetti e della titolarità del diritto di privativa in capo al cedente.
Una volta conclusa questa fase, le parti possono passare alle trattative per la redazione del contratto. Esse hanno un’ampia libertà dispositiva nella formazione dello stesso. A tal proposito, si ricorda che l’art. 2589 cod. civ. sancisce il principio di libera alienabilità dei diritti nascenti dalle invenzioni industriali.
La forma del contratto invece deve essere scritta ad substantiam nel caso di trasferimento della domanda di brevetto europeo (art. 72 Convenzione sul brevetto europeo) mentre è prevista la forma scritta ad probationem per il trasferimento dei diritti patrimoniali d’autore (art. 110 l. 633/1941).
Viste queste premesse passiamo ora all’analisi delle due forme contrattuali summenzionate.
Il contratto di cessione della tecnologia
Come già anticipato, nel caso di cessione la tecnologia (rectius, del diritto di privativa che ha ad oggetto la tecnologia) viene trasferita dal cedente al cessionario. Solitamente, in questi casi viene corrisposto un prezzo unico per l’intero trasferimento.
Dovrebbe utilizzare la formula della cessione chi non ha interesse o non ha alcuna esperienza o non ritiene economicamente vantaggioso implementare la tecnologia nel proprio processo produttivo. Infatti, l’implementazione o lo sfruttamento della tecnologia potrebbe comportare dei costi imprevedibili.
Con la cessione, l’alea di rischio relativa all’implementazione della tecnologia passerebbe al cessionario, a fronte, peraltro, di un corrispettivo in favore del cedente.
D’altra parte il cessionario potrebbe acquistare una ‘tecnologia’ vantando di essendo l’unico di titolare di diritto di proprietà intellettuale sulla stessa, accollandosi, tuttavia, i rischi connessi all’implementazione della stessa.
Il contratto di licenza d’uso della tecnologia
A differenza della cessione che rappresenta uno spostamento di asset piuttosto lineare, il contratto di licenza d’uso di tecnologia prevede il trasferimento dal licenziante al licenziatario del solo diritto utilizzare la tecnologia, senza che la titolarità del diritto di proprietà venga trasferito. In questo caso, in cambio della licenza, il licenziatario corrisponde al licenziante un compenso definito royalty.
Questa formula contrattuale ha il vantaggio di offrire più opzioni alle parti rispetto a quelle offerte dalla cessione a titolo definitivo. Infatti, la licenza d’uso potrebbe essere concordata solo per determinati mercati in cui già opera il licenziatario. In questo modo, il licenziante otterrebbe dei compensi che da solo non riuscirebbe ad ottenere, non avendo i mezzi e le competenze per operare in un mercato sconosciuto. Inoltre, in questi casi, il licenziante rimarrebbe comunque l’unico titolare della proprietà e potrebbe continuare a sfruttare economicamente la sua tecnologia nel suo mercato di riferimento.
Un altro indubbio vantaggio è costituito dalla possibilità di sviluppo della tecnologia. L’implementazione da parte di più soggetti di una determinata tecnologia ne consentirebbe un più rapido sviluppo a vantaggio di ambo le parti. Ovviamente, tale aspetto dovrebbe essere appositamente regolato nel contratto garantendo, ad esempio, un riconoscimento a chi fornisce un apporto utile all’altra parte nella implementazione della tecnologia.
Il licenziatario ha inoltre il privilegio di poter sfruttare una tecnologia di cui - in autonomia, per carenze di infrastrutture o più semplicemente per motivi economici - non potrebbe altrimenti disporre.
D’altro canto, il rischio che corre il licenziante è di creare un potenziale concorrente; per questo motivo è fondamentale regolare nel contratto di licenza i mercati di riferimento di ciascuna parte sia da un punto di vista territoriale che commerciale. Invece, un rischio comune alle parti è di diventare “dipendenti” dall’altra parte. Su questo fronte, il licenziante potrebbe necessitare delle royalties per poter continuare a sviluppare la tecnologia. Parimenti, il licenziatario potrebbe diventare tecnologicamente assoggettato al licenziante e diventare incapace di sviluppare delle alternative qualora il contratto di licenza non dovesse essere rinnovato.
Conclusioni
La scelta fra cessione e licenza d’uso rappresenta un momento fondamentale per lo sfruttamento economico di una tecnologia. Tuttavia, tale scelta deve essere corroborata dalla redazione di un contratto ‘tailor made’ che disciplini tutte le fasi della cessione/licenza, partendo dalla fase delle trattative fino alle modalità di esecuzione del contratto e gli eventuali rimedi.
Viceversa, l’adozione di un contratto standard rischia di minare le possibilità di sfruttamento economico della tecnologia e potrebbe persino determinare un coinvolgimento delle parti in un lungo e costoso contezioso.