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I reati tributari nel sistema 231. Il doppio binario sanzionatorio e la necessità di un Mog efficace.

12/04/2022

L’introduzione dei reati tributari tra quelli presupposto ai sensi del D.lgs. 231/2001 ha generato molteplici riflessioni sulla loro natura e sul loro inserimento nel contesto della criminalità d’impresa.

La loro esclusione dal novero 231 aveva da sempre sollevato perplessità, soprattutto in relazione alla loro natura ontologica: trattasi infatti di reati strettamente correlati alle patologie della vita dell’ente. Si pensi alla natura del contesto societario segnato dalla sostanziale coincidenza tra ente e contribuente, ai fini delle norme tributarie. Quindi, a differenza degli altri reati presupposto – che possono essere compiuti anche a vantaggio del singolo e per i quali deve essere dimostrato l’interesse-vantaggio dell’ente – la commissione dei reati tributari nello specifico contesto societario appare strettamente finalizzata a garantire un beneficio all’ente, nella sua veste di contribuente.

Ecco allora che l’adozione di un “modello 231” diviene di strategica  importanza.

I reati tributari hanno fatto ingresso nel panorama 231 con un ritardo di ben 18 anni e a seguito di due successivi interventi normativi.

Il primo intervento (Legge n. 157 del 19 dicembre 2019 che ha convertito il D.L. n. 124/2019, c.d. Decreto Fiscale) ha comportato l’introduzione nel decreto 231 del nuovo art. 25-quinquiesdecies che estende la disciplina 231 ai reati di:

  • dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti(art. 2, co.1 e co. 2-bis, d.lgs. n. 74/2000);
  • dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici(art. 3, d.lgs. 74/2000);
  • emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti(art. 8, commi 1 e 2-bis, d.lgs. 74/2000);
  • occultamento o distruzione di documenti contabili(art. 10, d.lgs. 74/2000);
  • sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte(art. 11, d.lgs. 74/2000).

Con il secondo intervento, risalente a luglio 2020 e dettato dalla c.d. Direttiva PIF (Direttiva UE 2017/1371), le fattispecie tributarie rilevanti ai fini 231 sono state ulteriormente estese ai reati di:

  • dichiarazione infedele(art. 4, d.lgs. 74/2000);
  • omessa dichiarazione(art. 5, d.lgs. 74/2000);
  • indebita compensazione(art. 10-quater, d.lgs. n. 74/2000).

Con riferimento a questo secondo ordine di reati, la configurabilità della responsabilità dell’ente è sottoposta però all’ulteriore condizione che essi siano commessi:

  • nell’ambito di sistemi fraudolenti transfrontalieri;
  • al fine di evadere l’IVA e
  • per un importo superiore a dieci milioni di euro.

QUALI CRITICITÀ SI SEGNALANO?

Tra i punti critici maggiormente rilevanti vi è di certo il  regime sanzionatorio previsto per la commissione dei reati tributari nell’ambito della vita d’impresa.

Il rischio prospettabile è che le sanzioni irrogabili nei confronti dell’ente si moltiplichino fino a divenire giugulatorie:: alla commissione di una condotta rilevante ai sensi di uno dei reati tributari presupposto, l’ente potrà rispondere, oltre che ai sensi delle norme tributarie, anche ai sensi dell’art. 25- quinquiesdecies del decreto 231.

Questo profilo assume particolare rilevanza per le imprese di piccole dimensioni, caratterizzate da identità soggettiva tra il titolare ed il gestore dell’impresa che è autore del fatto penalmente rilevante: l’indifferente applicabilità del regime sanzionatorio a imprese di grandi o piccole dimensioni ha infatti sollevato notevoli perplessità sulla proporzionalità di tale cumulo sanzionatorio.

L’apparato sanzionatorio 231 previsto per la commissione dei reati tributari ha innanzitutto natura pecuniaria,  secondo il modello delle quote a importi variabili.

Oltre alla sanzione pecuniaria, all’ente potranno essere comminate anche più sanzioni interdittive, quali:

  • il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;
  • l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi e la revoca di quelli già concessi
  • il divieto di pubblicizzare i propri beni e servizi.

Oltre ciò, occorre sottolineare che, ai sensi dell’art. 19 del D.lgs. 231/2001, all’ente potrà essere anche comminata la confisca del prezzo o del profitto del reato. Quest’ultima sanzione potrà certamente spiegare effetti molto significativi con riferimento ai reati tributari, soprattutto se si tiene conto che anche il cd. risparmio di spesa rientra nella nozione di profitto confiscabile.

IN CONCLUSIONE

Alla luce di quanto brevemente riportato,  emerge in modo preminente che l’introduzione dei reati tributari nel contesto 231 costituisce una spinta  all’adozione di un modello  231, a maggior ragione se si considera come nell’attualità la società si trovi ad affrontare un doppio binario sanzionatorio di tipo cumulativo (tributario e 231) che rischia – se non adeguatamente monitorato e gestito - di “piegare” l’ente, attesa la sua (inspiegabile) esclusione da meccanismi “premiali” previsti per il contribuente / persona fisica.

Nell’attesa di una maggiore razionalizzazione del sistema, è bene adeguare e rendere efficace il Mog cosi da costruire un sistema di prevenzione e controllo che passi indenne il vaglio successivo dell’Autoritá, almeno in sede penale.