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Gara articolata in più lotti: è legittimata la società che non ha le caratteristiche di PMI a criticare l’assetto anticompetitivo?

06/05/2022
Consiglio di Stato, Sez. III, 01/04/2022, n. 2409

Il Consiglio di Stato arriva a chiarire l’esistenza di una legittimazione ad agire, e conseguentemente di un interesse a ricorrere da parte della concorrente che non abbia le qualità di PMI, allorquando l’individuazione da parte della Stazione Appaltante di più lotti all’interno della gara configuri un assetto anticompetitivo.

L’appalto oggetto di causa era stato articolato in quattro lotti funzionali incontrando però la critica della terza classificata che riteneva l’articolazione scelta dalla Amministrazione illegittima. L’irragionevolezza del criterio di suddivisone dei lotti risiedeva nella scelta del parametro funzionale a totale discapito di un parametro territoriale, da preferirsi nel caso specifico.

Senza entrare nel merito della promossa eccezione, rileva il fatto che la prima classificata resisteva (ovviamente) in giudizio, sostenendo che la natura soggettiva della terza classificata le avrebbe impedito tale tipo di doglianza in quanto non classificabile quale PMI.

Ciò si rinverrebbe proprio dall’articolo 51 del Codice dei Contratti, intitolato appunto “suddivisione in lotti”, il quale prevede la suddivisione della gara in lotti funzionali o prestazionali proprio al fine di favorire l’accesso alla competizione da parte di medie, piccole e micro imprese.

Su tale scorta si sosteneva dunque che nessuna legittimazione o interesse avesse la terza classificata, in quanto società di “grandi dimensioni”, a criticare l’eventuale correttezza dell’articolazione in lotti, o il loro dimensionamento.

Di diverso avviso è invece il Consiglio di Stato il quale afferma senza mezzi termini che tale tipologia di contestazione sarebbe facilmente esperibile anche un soggetto non qualificabile quale PMI a condizione però che la critica sia supportata da una adeguata dimostrazione dell’effetto pregiudizievole come conseguenza della restrizione concorrenziale.

Quanto afferma il Consiglio è tutt’altro che banale in quanto impone sicuramente un onere probatorio importante in capo alla società vuole lamentare l’illegittima articolazione dei lotti per lesione sulla concorrenzialità.

Non solo.

Dice il consiglio che tale onere probatorio sarebbe modulabile e proporzionalmente inverso. In pratica più l’impresa si allontana dai parametri delle PMI, tanto più essa sarebbe chiamata a fornire una dimostrazione sempre più rigorosa della effettiva e concreta diminutio subìta per effetto della denunciata contrazione delle condizioni di accesso alla selezione.

Nel caso di specie il Consiglio di Stato seppure individuata l’astratta possibilità per una società di grandi dimensioni di promuovere una critica all’assetto della suddivisione in lotti, ha specificato non avere la terza classificata dedotto alcuna difficoltà progettuale nel formulare la propria offerta tecnica, né dimostrato, ad esempio, alcun impedimento a sostenere l’impegno economico della commessa in funzione proprio dei lotti così come previsti dalla Amministrazione.

Anzi, i Giudici hanno valorizzato il fatto che la concorrente ben aveva potuto concorrere a tutti i lotti coltivando, oltretutto, una concreta chance di aggiudicazione, al punto che la stessa si era addirittura aggiudicata uno dei quattro lotti in gara.

In buona sostanza, dice il Consiglio, non è possibile istituire un automatismo sillogistico tra esito avverso della gara e vizio presunto della sua impostazione, senza offrire alcun elemento probatorio circa la correlazione causale tra i due elementi.

Il difetto di prova doveva dunque lasciar presumere la piena capacità competitiva dei soggetti ammessi alla gara alle condizioni date dalla Amministrazione.