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La distinzione tra subappalto e lavoro autonomo negli appalti pubblici

18/06/2021
Fabio Caruso

Cons. St., V, 31/5/2021, n. 4150

Due società partecipanti in R.T.I. si aggiudicavano la procedura negoziata, indetta dalla Camera dei Deputati ed avente ad oggetto l'affidamento quadriennale del monitoraggio dei contratti I.C.T. (Information and Communications Technology).

In sede di verifica dell’anomalia, la loro offerta veniva esclusa poiché la composizione del "gruppo di lavoro" proposto dalla mandataria (10 addetti, di cui 5 impiegati con contratto libero professionale 5, invece, con contratto di lavoro subordinato) non risultava – a detta della S.A. – compatibile con l’art. 105, comma 3, lett.a) d.lgs. 50/2016.

Infatti, quest’ultima disposizione esclude che possano configurare “subappalto” le forniture o servizi affidati a lavoratori autonomi, a patto che costituiscano attività accessorie o strumentali rispetto all’oggetto del contratto, previa comunicazione alla S.A.

La ratio è quella di evitare un uso elusivo delle norme in materia del subappalto, in quanto l’affidamento di parte delle mansioni a lavoratore autonomo implica lo svolgimento delle stesse da parte di un soggetto esterno all’organizzazione dell’appaltatore e non nella stessa stabilmente incardinato, come un lavoratore dipendente.

Nel caso in esame, la tipologia contrattuale del lavoro autonomo non veniva ritenuta compatibile con l’attività svolta da alcuni consulenti impiegati nel raggruppamento e, in particolare, con la funzione di coordinamento organizzativo prevista per il Direttore tecnico indicato dalla mandataria.

L’inquadramento, in termini di subappalto, delle attività da svolgersi da parte dei lavoratori autonomi impiegati nell’esecuzione del servizio, aveva fatto quindi ritenere superata la soglia massima del 30% dell’importo complessivo del contratto, anch’essa stabilita nella precedente formulazione dell’art. 105 del Codice dei contratti.

Tuttavia, il Consiglio di Stato ha innanzitutto ritenuto ormai superata la soglia massima subappaltabile del 30%, in virtù della sua incompatibilità con i principi stabiliti in materia della normativa europea. In ogni caso ha escluso che i contratti di lavoro autonomo sottoscritti con i consulenti impiegati nel R.T.I. potessero ritenersi “affidati in subappalto”.

Tuttavia, secondo i Giudici di Palazzo Spada, la distinzione tra le due figure contrattuali (subappalto e lavoro autonomo) non si fonda solamente sulla “specificità delle prestazioni” ma sui diversi effetti giuridici dei due contratti: mentre nel primo il subappaltatore esegue direttamente parte delle prestazioni oggetto dell’appalto con propria organizzazione e mezzi, nel contratto di lavoro autonomo le stesse prestazioni sono rese in favore dell'aggiudicatario che le riceve, inserendole nell'organizzazione di impresa necessaria per adempiere alle sue obbligazioni contrattuali.

In conclusione, l’applicazione ed estensione a tali contratti della normativa in materia di subappalto non è immediata ma deve essere in concreto dimostrato che il contratto di lavoro autonomo costituisca in realtà “uno schermo” per il contratto di subappalto.