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Digitalizzazione, trasparenza e codice sorgente: la digital PA ha dei limiti?

19/06/2025
Consiglio di Stato, Sez. V, 21/05/2025, nr. 4857

La digitalizzazione degli appalti pubblici non è (più) una prospettiva: è una realtà pienamente operativa, ma non per questo priva di nodi critici. Lo dimostra un recente caso, che ha posto al centro dell’attenzione la questione del diritto di accesso al codice sorgente di una piattaforma telematica.

La gara, interamente telematica, prevedeva l’obbligo di marcatura digitale dell’offerta entro un termine perentorio. Tuttavia una concorrente veniva esclusa in ragione della difformità riscontrata in detta marcatura. L’operatore, a questo punto, adiva l’autorità giudiziaria contestando la propria esclusione, e chiedendo l’ostensione di una serie di file e dati digitali – tra cui il codice sorgente della piattaforma – sostenendo che solo attraverso tale accesso si sarebbe potuto verificare l’assenza di errori del sistema e garantire un ricorso effettivo.

Il Consiglio di Stato è dio tutt’altro avviso e chiarisce alcuni punti essenziali.

In primo luogo, non vi è stata alcuna decisione “algoritmica” in senso proprio.
l software non ha adottato la decisione di esclusione (non si trattava quindi di un algoritmo “decisionale”), ma ha svolto solo un’attività di supporto istruttorio.
Inoltre la decisione è stata formalmente assunta dalla Commissione di gara, in seduta pubblica telematica, e dunque, stante la decisione “umana”, ne discenderebbe l’inapplicabilità dell’art. 30 del Codice e relativo alle decisioni automatizzate e all’accesso al codice sorgente.

Sul punto centrale – il diniego di accesso al codice sorgente – la sentenza compie un bilanciamento: l’art. 35 del Codice consente l’accesso anche a software coperti da copyright, ma solo se strettamente indispensabile per la difesa in giudizio. Ma ciò va inteso in senso restrittivo, e dunque non basta invocare genericamente un’esigenza istruttoria. Occorre dimostrare un nesso causale diretto e necessario tra il documento richiesto e l’effettiva possibilità di contestare il provvedimento lesivo. Nesso che, nel caso di specie, non è stato ravvisato, trattandosi di automatismo neutro e non decisionale.

Infine, il Consiglio di Stato ha sottolineato come la presunzione di corretto funzionamento delle piattaforme telematiche per le operazioni di gara possa essere superata solo con una prova concreta di malfunzionamento. Le attestazioni del gestore della piattaforma che confermano l'assenza di malfunzionamenti, sono da considerarsi valide a meno che non sia fornita una controprova specifica. Pertanto, sebbene la sentenza non basi esplicitamente sulla certificazione della piattaforma in questione come motivo determinante della presunzione di affidabilità, può comunque dirsi un principio generale quello secondo cui la certificazione delle piattaforme di e-procurement da parte di Autorità competenti rafforzi ulteriormente tale presunzione di affidabilità.

La conclusione che se ne trae è che l’accesso difensivo al codice sorgente richiede un vaglio rigoroso di strumentalità, e dunque non appare così scontato poter accedere ai codici della digital PA anche solo per esigenze difensive.

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Rubrica "Appalti pubblici e digitalizzazione"

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