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Dati non personali e Open Data: dove eravamo rimasti?

18/07/2023
Ilaria Nanni

Negli ultimi anni, è emerso l’enorme potenziale dei dati e il loro contestuale impiego in diversi settori economici.  In particolare, l’evoluzione tecnologica ha portato con sé una necessaria regolamentazione e/o revisione della disciplina dei dati, al fine di consentire una costante attualità della normativa in materia.

Conoscere le fonti dei dati è pertanto essenziale al fine di garantire la qualità e l’affidabilità delle informazioni utilizzate quotidianamente, oltre a comprendere le tutele e i profili di rischio prospettabili nella loro creazione ed utilizzo.



Tra le principali fonti di dati ampio spazio viene riconosciuto al Regolamento (UE) 2016/679 sulla protezione dei dati personali, per l’importanza che il legislatore europeo riconosce alle persone fisiche cui i dati si riferiscono e alla loro tutela; altrettanto importanti a livello di economia dei dati sono il Regolamento (UE) 2018/1807 sulla circolazione dei dati non personali, la Direttiva (UE) 2019/1024 attuata in Italia con il D.lgs. 200/2021 sull’apertura dei dati ed il riutilizzo dell’informazione del settore pubblico, il Regolamento (UE) 2022/868 sulla governance europea dei Dati (DGA), la proposta COM (2022) 68 (c.d. Data Act) e la proposta COM (2022) 197 sull’European Health Data Space (EHDS).

Vista l’importanza di comprendere le implicazioni e le opportunità offerte da questi apporti legislativi europei, analizzeremo dettagliatamente DGA, Data Act ed EHDS in un prossimo contributo.

Questo articolo, si pone invece l’obbiettivo di riavviare la discussione e l’analisi sulla disciplina dei dati non personali e degli open data anche alla luce delle recenti modifiche normative e dei progressi compiuti nell’economia digitale.

Nel corso del 2021, abbiamo infatti già dedicato ampio spazio all’approfondimento di questi temi, raccogliendo tutti i contributi in un whitepaper.

Dati non personali

Il Regolamento (UE) 2018/1807 disciplina la libera circolazione dei dati non personali nel territorio dell’Unione europea.
Si tratta in particolare di dati che possono essere qualificati in base alla loro origine:

  • dati anonimi ex-ante: ossia dati che in origine non si riferiscono ad una persona fisica identificata o identificabile;
  • dati anonimi ex-post: ovvero dati che inizialmente erano personali e che successivamente sono stati resi non personali attraverso un processo di anonimizzazione.

Le fonti dei dati non personali possono essere rinvenute in diversi ambiti, quali l’intelligenza artificiale, l’analisi dei big data, i dati generati nel quadro di processi aziendali ed i dati sull’agricoltura di precisione, i quali costituiscono solo alcuni esempi di dati non personali.

L’obiettivo principale del Regolamento è quello di garantire che i dati non personali possano essere trattati liberamente su tutto il territorio dell’UE, e questo porta inevitabilmente a chiederci quali possano essere le implicazioni concrete nell’utilizzo di tali dati.

Sebbene infatti dal 2018 non vi siano state grandi novità in materia, è comunque evidente la crescente rilevanza che i dati non personali assumono nei diversi ambiti dell’economia digitale.

L’esempio più rilevante è rappresentato dallo sviluppo dei sistemi di intelligenza artificiale che certamente non può prescindere dalla tutela dei dataset (costituiti anche da dati non personali) posti alla base, tema recentemente approfondito in un nostro contributo (Lo sviluppo dei sistemi di intelligenza artificiale non può prescindere dalla tutela dei dataset).

Ulteriori applicazioni possono coinvolgere i settori della ricerca e sviluppo, anche in ambito medicale, così come attività a fini statici o tecnologici, evidenziando così il grande potenziale intrinseco dei dati non personali.

Al riguardo non ci resta dunque che attendere, per verificare se gli sviluppi del mercato e le esigenze di trattazione dei dati a livello contrattuale potranno effettivamente indurre la Commissione europea ad apportare modifiche al Regolamento.

Open Data

Il Considerando 9 della Direttiva (UE) 2019/1024 stabilisce che l’informazione del settore pubblico rappresenta una fonte straordinaria di dati che può contribuire al miglioramento del mercato interno e allo sviluppo di nuove applicazioni per i consumatori e le imprese.

Nello specifico, la direttiva fissa norme minime per favorire il riutilizzo dei documenti in possesso degli enti e delle imprese pubbliche, nonché dei dati della ricerca. Secondo il principio base introdotto dalla direttiva Open Data, i contenuti del settore pubblico accessibili in base alle norme nazionali sull’accesso ai documenti sono in linea di principio liberamente disponibili per il riutilizzo, a fini commerciali o non commerciali.

Gli enti pubblici che rendono disponibili i dati devono rispettare i principi di: trasparenza, non discriminazione e non esclusività nella fornitura dei dati, garantendo altresì l’utilizzo di formati e modalità di diffusione adeguati.

Quali novità in tema di Open Data?  

La Direttiva (UE) 2019/1024 è stata recepita in Italia attraverso il D.lgs. 8 novembre 2021, n. 200, che è entrato in vigore il 15 dicembre 2021. Con questo decreto, le pubbliche amministrazioni e gli organismi di diritto pubblico si impegnano a garantire che i documenti siano riutilizzabili sia a fini commerciali che non commerciali. Le richieste di accesso ai documenti devono essere esaminate entro 30 giorni e, qualora venga negato l’accesso, deve essere fornita adeguata motivazione.

In particolare, il D.lgs. n. 200/2021 stabilisce le basi per la promozione dell’apertura dei dati pubblici in Italia, incoraggiando il riutilizzo dei dati e favorendo la trasparenza e l’efficienza delle pubbliche amministrazioni.

Nei primi mesi del 2023, è stato inoltre pubblicato il Regolamento di esecuzione (UE) 2023/138 che identifica un elenco specifico di dati ad elevato valore e prevede che le relative modalità di pubblicazione e riutilizzo siano rese operative entro il 9 giugno 2024.

Per questi specifici set di dati è prevista l’accessibilità alle condizioni della licenza Creative Commons BY 4.0 o di una licenza aperta equivalente o meno restrittiva. Queste licenze consentono agli utenti di copiare, distribuire ed esporre pubblicamente i dati, nonché modificarli anche a fini commerciali, con l’obbligo di attribuire la paternità dei dati, fornire un collegamento alla licenza e indicare le eventuali modifiche apportate.