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Danni emendabili con successivo intervento chirurgico: la Cassazione esclude la riduzione del risarcimento dovuto dal medico al paziente danneggiato

28/06/2024
Cass. civ., Sez. III, 24/04/2024, n. 11137

La Cassazione, con ordinanza n. 11137/2024, torna a pronunciarsi in tema di risarcimento del danno da malpractice sanitaria: il principio di buona fede oggettiva esclude che al paziente possa essere imposto di sottoporsi a trattamenti sanitari per emendare danni prodotti da precedenti interventi chirurgici. Rigettata quindi la richiesta del medico danneggiante di ottenere la riduzione del danno in proporzione ai benefici che il paziente avrebbe potuto ottenere in emenda.

Vediamo su quali argomentazioni si è fondata questa importante pronuncia della Suprema Corte.   

La vicenda

A seguito dei danni riportati per interventi di mastopessi, mastoplastica additiva e addominoplastica, la paziente proponeva domanda di risarcimento nei confronti del medico che li aveva eseguiti.

Il giudice di primo grado, accertati i danni permanenti riportati dalla paziente al seno e all’addome quali diretta conseguenza dell’inesatto adempimento della prestazione da parte del medico, li valutava nella misura del 12% e, applicate le Tabelle Milanesi, nonché un aumento a titolo di personalizzazione equitativa del danno, lo condannava a risarcire la paziente la somma complessiva di 55.000 euro.

A conclusioni parzialmente diverse perveniva invece il giudice di secondo grado.

La Corte d’appello, infatti, pur confermando il diritto al risarcimento dei danni, escludeva l’aumento per la personalizzazione riconosciuto dal giudice di prime cure e condannava il medico al pagamento, a titolo risarcitorio, della minor somma di 52.947,27 euro.

Contro la decisione ricorreva in Cassazione il sanitario, il quale, tra le varie censure riteneva che, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1227 c.c. e 2058 c.c., il giudice di primo grado avrebbe dovuto liquidare un minor importo risarcitorio in quanto la paziente avrebbe potuto rimediare ad una parte dei danni subiti sottoponendosi ad ulteriori trattamenti sanitari in emenda. Più in particolare, secondo la difesa del medico,  la Corte d’appello avrebbe dovuto scomputare dal danno complessivo (riconosciuto, come abbiamo visto, in misura del 12%) i danni che non si sarebbero prodotti in caso di interventi in emenda, quantificabili nella misura del 3% e, pertanto, con una percentuale di danno complessiva minore pari al 9%.

Inoltre, il medico ricorrente sosteneva che alla percentuale del 9% si potessero esclusivamente aggiungere i costi sostenuti dalla paziente degli interventi riparatori, mentre il danno “biologico” evitabile doveva rimanere in capo alla stessa danneggiata.

L’arresto della Cassazione

Con la pronuncia in commento, la Cassazione, tra l’altro, dichiara infondato il ricorso promosso dal professionista con riferimento particolare alla domanda di riduzione del risarcimento dovuto.

Sebbene la motivazione della Corte contenga questioni di ordine processuale di estrema importanza, il dato che ci interessa rilevare è quello per cui, nella sentenza, si riporta la seguente massima:

“il fondamento del dovere del danneggiato di evitare l’aggravamento del danno risiede nel principio di buona fede oggettiva, quale principio specificantesi, in particolare, nel canone di salvaguardia dell’utilità della controparte nei limiti del proprio sacrificio personale o economico: limiti che sarebbero violati se, per adempiere a tale dovere, si imponesse al danneggiato di sottoporsi ad un intervento chirurgico”

Secondo la Corte, in sostanza, il fondamento del dovere del danneggiato di evitare l’aggravamento del danno (ai sensi dell’art. 1227 c.c.), va rintracciato nel principio di buona fede oggettiva che può impedire la riduzione del risarcimento nel caso in cui il paziente decida di non sottoporsi ad un successivo intervento chirurgico volto ad emendare i postumi dell'errata esecuzione dei precedenti interventi da parte del professionista. Si tratta, quindi, di un arresto di fondamentale rilevanza perché, in caso di danni cagionati dal medico, al paziente non potrà essere contestato di non essersi sottoposto ad interventi in emenda (anche se necessari e dovuti) qualora ciò possa determinare un inaccettabile sacrificio personale o economico.