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Comunità Energetiche Rinnovabili: nuove opportunità con il Parternariato Pubblico Privato
Le “Comunità Energetiche Rinnovabili” possono diventare uno strumento chiave per le amministrazioni pubbliche, soprattutto a livello locale, per contribuire alla “decarbonizzazione” aumentando la quota di energia pulita prodotta a livello di comunità, e per combattere la “povertà energetica” potendo destinare i ricavi (in tutto o in parte) a beneficio dei membri della comunità in situazioni disagiate o per finanziare progetti di interesse della collettività.
Fino al prossimo 30 novembre sarà possibile per le amministrazioni pubbliche - e per la quasi totalità dei Comuni italiani (considerato che il DM 127/2025 ha innovato aprendo ai Comuni con popolazione fino a 50.000 abitanti a differenza del precedente limite dei 5.000 abitanti) prenotare le risorse del PNRR (attraverso la presentazione di una domanda a sportello al GSE) per ottenere la copertura a fondo perduto (pari al 40%) delle spese sostenute per la realizzazione di nuovi impianti di produzione di energia rinnovabile (di potenza fino ad 1 Mw) da mettere a disposizione di una CER, allo scopo di massimizzare l’autoconsumo e la condivisione a livello locale dell’energia prodotta dai nuovi impianti.
Ma anche senza l’incentivo previsto dalla misura del PNRR (contributo a fondo perduto per nuovi impianti), le amministrazioni che promuovo una CER possono creare “valore” per il proprio territorio e la propria comunità locale.
Promuovere la costituzione di una CER avrà comunque un valore - in termini di benefici ambientali, sociali ed economici- per le amministrazioni pubbliche a prescindere dalla scadenza del 30 novembre 2025 in quanto sarà comunque possibile per gli impianti messi in condivisione nell’ambito di una CER accedere al meccanismo di incentivazione legato alla tariffa di valorizzazione (erogata dal GSE) per l’energia prodotta e condivisa (virtualmente) tra i membri della stessa CER. In questo modo la CER avrà dei ricavi che potrà destinare per progetti sociali o per azioni volte alla riduzione della bolletta energetica di alcune fasce di cittadini.
Si consideri inoltre che l’ente pubblico può assumere diversi ruoli nella CER.
Nel caso in cui un ente pubblico (o un Comune) decida di farsi promotore della costituzione di una CER (socio fondatore) potrebbe partecipare alla stessa con il ruolo di prosumer (produttore e consumatore) e, quindi, potrebbe mettere a disposizione della CER gli impianti di produzione di energia sua proprietà (realizzati sui propri immobili) e utilizzati per soddisfare i propri bisogni energetici. In questo modo il Comune ottiene dei benefici economi diretti (riduce gli oneri della sua bolletta energetica) e contestualmente mette a disposizione della CER la quota di energia prodotta ma non autoconsumata dei propri impianti. L’energia condivisa con gli altri membri (soggetti pubblici o privati) della CER che non dispongono di impianti e che aderiscono con il ruolo di meri consumatori finali, viene valorizzata dal GSE e si traduce in ricavi e quindi in nuovi progetti.
L’ente pubblico (o il Comune) potrebbe, tuttavia, decidere di partecipare ad una CER assumendo il ruolo di mero consumatore. In questo caso, quindi, non essendo proprietario di alcun impianto aderirebbe alla CER con le proprie utenze di consumo, analogamente a quanto possono fare soggetti privati.
Chiarito i diversi ruoli (prosumer o consumatore finale) che può assumere l’amministrazione pubblica (o il comune) nell’ambito di una CER resta da verificare quali siano gli strumenti a disposizione dei soggetti pubblici tutte le volte in cui non abbiano le risorse sufficienti in bilancio per realizzare impianti su edifici pubblici e contestualmente promuovere una CER.
Lo strumento a disposizione è la finanza di progetto (PPP)
Il Codice Appalti e il Correttivo (DLgs. 209/2024) hanno fortemente spinto su tale istituto arrivando a procedimentalizzare due tipologie di Finanza di Progetto: la “Finanza di Progetto ad iniziativa privata” (art. 193, commi 2-7) e la “Finanza di Progetto ad iniziativa pubblica” (art. 193, commi 3-10). 
Nel primo caso la proposta privata viene formulata spontaneamente da un operatore economico privato, mentre nel secondo caso la proposta viene formulata su sollecitazione (“iniziativa”) dell’ente pubblico mediante la pubblicazione di un avviso pubblico.
Un ente pubblico (in particolare un Comune) potrebbe, quindi, sollecitare attraverso un avviso pubblico proposte per la realizzazione di impianti di produzione di energia rinnovabile sulle aree o edifici pubblici (di sua proprietà) e contestualmente promuovere la costituzione di una CER che verrà aperta alla adesione di altri soggetti pubblici e privati interessati a partecipare con il ruolo di prosumer o di meri consumatori (con l’unico vincolo tecnico di insistere tutti sotto la stessa e cabina primaria).
In questo modo, attraverso una operazione di project financing, il Comune affiderebbe al privato la realizzazione e gestione degli impianti e la contestuale costituzione e successiva gestione della CER allo scopo di ottenere una immediata ottimizzazione dei propri consumi elettrici (autoconsumo) e contestualmente la “valorizzazione” dell’energia condivisa (virtualmente) da parte degli altri soggetti clienti finali aderenti alla CER.
In altri termini, attraverso il ricorso al PPP (nelle due forme previste) il Comune potrebbe ricevere (iniziativa privata) o sollecitare (iniziativa pubblica) proposte da parte di operatori economici privati che, aggiudicandosi una contratto di concessione, provvedono a proprie cura e spese alla installazione e manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti di produzione di energia rinnovabile nonché, per tutto il periodo di durata della concessione, si fanno carico anche della gestione della CER cercando di valorizzare al massimo l’energia condivisa, a fronte di un canone di disponibilità.
Una ipotesi diversa è che l’ente pubblico (o il Comune) metta a disposizione dell’operatore privato, scelto sempre mediante procedura competitiva, proprie aree/superfici per l’installazione di impianti dietro la corresponsione di un corrispettivo (canone concessorio) stante lo sfruttamento economico dell’asset riconosciuto all’operatore privato in via di esclusiva. In questo caso l’operatore privato, attraverso un apposito vincolo formulato alla costituzione del diritto di superficie, o tramite un altro accordo negoziale, sarà tenuto a mettere gli impianti a disposizione della CER costituita o in via di costituzione. Anche in questo caso il concessionario sarà tenuto alla installazione e alla manutenzione degli impianti a proprie spese.
Una terza ipotesi è che l’ente pubblico ceda il diritto di superficie direttamente alla CER sulle aree di proprietà dietro erogazione di un corrispettivo e con partecipazione agli incentivi ove la PA parteci anche in qualità di consumatore. In questo caso alla CER spetterà il compito di installare e manutenere gli impianti.
Le formule, quindi, sono tante e diverse e crediamo che nel tempo le iniziative potranno diffondersi, in quanto l’apertura ai Comuni fino a 50.000 abitanti segna un modello di sviluppo fondato sul decentramento della produzione di energia e di autoconsumo locale, per uno sviluppo sostenibile dei territori.