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Attenzione ai rischi “legali” per i dispositivi a base di sostanze nascosti nel nuovo Regolamento europeo

28/02/2024

Nuovi profili giuridici sono emersi o, a breve, emergeranno a seguito delle importanti modifiche apportate dal Regolamento Ue 2017/745 in materia di dispositivi medici a base di sostanze medicinali aventi funzione accessoria. Originariamente la materia era regolata dalle Direttive 93/42/CE per i dm (cfr. Allegato I, sezione 7.4.) e 90/385/CEE per i dispositivi impiantabili attivi (Allegato I, sezione 10). Il nuovo Mdr, invece, unifica la disciplina dei dm e dei dm impiantabili attivi, andando, in particolare, a modificare alcuni aspetti che impattano inevitabilmente sui diritti e obblighi dei fabbricanti di questa particolare tipologia di dispositivi.

Valutare i nuovi rischi legali

Per tutti i fabbricanti che devono o dovranno passare al nuovo Mdr diviene fondamentale valutare i nuovi rischi “legali” derivanti dai nuovi obblighi. Tra le nuove questioni aperte dal Mdr, occorre esaminarne almeno tre che riguardano i seguenti aspetti:

  • l’estensione dell’ambito di applicazione della disciplina;
  • la natura e gli effetti dei termini stabiliti dal Mdr per il rilascio del parere sulla sostanza medicinale da parte delle Autorità competenti;
  • i rimedi e gli effetti derivanti dal rilascio di un parere sfavorevole da parte delle Autorità competenti.

 Estensione dell’ambito di applicazione

Per individuare il maggior ambito di applicazione determinato dal Mdr, occorre anzitutto riportare le analoghe ma differenti definizioni di “dispositivi medici integranti sostanze medicinali aventi funzione accessoria” contenute in entrambi gli atti legislativi (di seguito, in questa sede per semplicità “Mdms”).

ARTICOLO 1, P.4, DIR. 93/42/CE ARTICOLO 1, P. 8, MDR
"I dispositivi comprendenti come parte integrante una sostanza la quale, qualora utilizzata separatamente, possa essere considerata un medicinale ai sensi dell'articolo 1 della direttiva e possa avere effetto sul corpo umano con un'azione accessoria a quella del dispositivo sono valutati ed autorizzati in conformità della presente direttiva. Ogni dispositivo che, quando viene immesso sul mercato o messo in servizio, incorpora come parte integrante una sostanza che, se usata separatamente, sarebbe considerata un medicinale quale definito all'articolo 1, punto 2, della direttiva 2001/83/CE. compreso un medicinale derivato dal sangue o dal plasma umani quale definito all'articolo 1, punto 10, della medesima direttiva, e che ha un'azione accessoria a quella del dispositivo, è valutato e autorizzato conformemente al presente regolamento".

Come emerge dal confronto tra le due definizioni, si richiede sempre che la sostanza medicinale del Mdms se, usata separatamente, debba essere considerata un farmaco ma produrre un’azione accessoria (e non principale) a quella del dm.

Al netto di alcune differenze di natura tecnica che inevitabilmente dovranno formare oggetto di approfondimento, una novità – a nostro avviso – interessante è l’eliminazione da parte del Mdr della capacità della sostanza medicinale di avere “un effetto sul corpo umano”. Tale modifica dovrebbe comportare che tali Mdms inizieranno a rientrare nella definizione di cui all’articolo 1, p. 8, Mdr, a prescindere dalla sussistenza o meno nella sostanza medicinale dell’effetto prodotto sul corpo umano. Come precisato dalle MDCG 2020-12, quindi, i fabbricanti di Mdms la cui sostanza non ha “effetto sul corpo umano” non potranno più limitarsi a rispettare gli ordinari requisiti di sicurezza richiesti per gli altri dispositivi, essendo oramai espressamente obbligati ad osservare anche l’ulteriore disciplina speciale prevista dall’articolo 52, par. 9, Mdr.

Natura ed effetti dei termini previsti per il rilascio del parere sulla sostanza medicinale

La procedura che i fabbricanti dovevano osservare era prevista dall’Allegato I, sezione 7.4. della Direttiva 93/42/CE (per i dm) e dall’Allegato I, sezione 10, Dir. 90/385/CEE (per i dm impiantabili attivi). Similmente alle previgenti Direttive, l’articolo 52, p. 9, MDR stabilisce che i fabbricanti che intendono commercializzare un Mdms abbiano l’obbligo di:

  • svolgere la valutazione di conformità a norma dei paragrafi 2, 4, 6 o 7, ossia quella prevista, a seconda della classe di rischio, per i “normali” dispositivi medici;
  • eseguire una ulteriore (e parallela) procedura di consultazione che impone all’Organismo Notificato del fabbricante di chiedere un parere scientifico sulla sostanza medicinale all’Agenzia Europea per i medicinali (Ema), o alle Autorità competenti designati dai singoli Stati Membri (che, in Italia, è l’Aifa ai sensi dell’articolo 3, comma 4, D.lgs. 137/2022).

A differenza delle previgenti Direttive, però, il Mdr, come confermato dalle MDCG 2020-12, apporta una novità di indubbio rilievo giuridico in quanto prevede che il parere dell’Autorità competente debba pervenire:

  • entro 120 giorni in caso di valutazione iniziale della conformità del dm;
  • entro 60 giorni per qualsiasi modifica successiva della sostanza ausiliaria intervenuta in corso di certificazione.

Posto che il Mdr ha stabilito termini ben precisi per il rilascio del parere è lecito ora chiedersi cosa accada in caso di mancato rispetto da parte dell’Autorità competente. Sul punto, rileva segnalare come, nonostante il Mdr nulla abbia specificato al riguardo, il Gruppo di coordinamento nelle MDCG 2020-12 – adottando un’interpretazione favorevole alle Autorità Competenti – ha ritenuto che detti termini siano meramente indicativi e discrezionali.

Alcune criticità

Pur nel rispetto del parere del Gruppo di coordinamento, riteniamo doversi segnalare che la questione in realtà potrebbe essere assai più complessa perché:

  • il tema della perentorietà (i.e. obbligatorietà) o meno dei termini di legge è molto spesso oggetto di contenzioso in Italia, anche se è corretto segnalare che la giurisprudenza maggioritaria in questi casi ha sempre ritenuto il termine non perentorio per mancanza di una espressa disposizione che ne dichiari la perentorietà, ovvero di ulteriori indici dai quali se ne possa desumere l’obbligatorietà (cfr. Cons. Stato, 537/2022);
  • peraltro, anche qualora il termine venga inteso discrezionale, si dovrebbe valutare se tale violazione conferisca al fabbricante il diritto di chiedere il risarcimento del cosiddetto danno da ritardo (cfr. Cons. Stato, 537/2022) e/o di quello derivante dalla violazione del dovere di correttezza e buona fede (cfr. Cons. Stato, ord. n. 2753/2021).

Non è questa ovviamente la sede opportuna per esaminare una questione tanto complessa, si può però sostenere che, a priori, non è certamente possibile escludere una forma di responsabilità delle Autorità competenti in caso di mancato rispetto dei termini, benché dal parere del Gruppo di coordinamento sembrerebbe desumersi l’esatto contrario.

Rimedi ed effetti dei termini derivanti dal parere sfavorevole dell’autorità

Una seconda novità indubbiamente irrilevante è quella che consiste nell’introduzione di un divieto espresso per l’Organismo notificato di rilasciare la Certificazione CE in caso di parere negativo dell’Ema o dell’Aifa (in Italia). L’espressa previsione di questo divieto per l’Organismo notificato non è senza effetti sul piano giuridico: il parere, in buona sostanza, si trasforma di fatto in una sorta di “licenza” o “autorizzazione” perché il suo esito determina il diritto del fabbricante di commercializzare il Mdms. Difatti, sebbene sottoforma di richiesta “filtrata” dall’intervento dell’Organismo notificato, l’effetto prodotto da questa obbligatorietà non è molto dissimile da quello dell’autorizzazione che i produttori devono ottenere per commercializzare i farmaci ai sensi della Dir. 2001/83/CE (c.d. AIC). Se però è certo in Italia che il diniego dell’AIC in materia di farmaci possa essere opposto per consentire all’operatore di cambiare l’esito di una decisione ingiusta (cfr. articolo 40, c. 4, D.lgs. 2019/2006), sussistono dubbi su quali siano i rimedi per il fabbricante per opporsi e/o contestare il parere negativo dell’Autorità competente. .

Possibili ipotesi

Valutando le varie ipotesi giuridiche prospettabili si ritiene che:

  • da un lato, al fabbricante potrebbe essere precluso il diritto di contestare l’operato dell’Organismo notificato, essendo vietato il rilascio del certificato CE in assenza di parere favorevole e non potendo costituire “illecito” o “inadempimento contrattuale” l’osservanza di un obbligo legislativo;
  • dall’altro lato, potrebbe essere preclusa pura un’opposizione “amministrativa” simile a quella prevista in caso di diniego dell’AIC (cfr. articolo 40, c. 4, D.lgs. 2019/2006), in quanto né il MDR né il D.lgs. italiano n. 137/2022 sembrerebbero essersi interessati di introdurre una disciplina ad hoc che consenta una “formale” opposizione.

Pertanto, al di là dei fondati dubbi di costituzionalità, il rischio odierno è che il fabbricante si trovi costretto a subire un parere vincolante sfavorevole, senza però poterlo “reclamare”, “impugnare” o contestare in alcun modo e trovandosi costretto quindi a dover soggiacere alla decisione.

Conclusioni

Si possono ora trarre alcune conclusioni:

  • I fabbricanti dovranno seguire la speciale disciplina ex articolo 52, p. 9 Mdr a prescindere dall’effetto che la sostanza medicinale accessoria possa “avere sul corpo umano”, così non potendo più limitarsi a svolgere le ordinarie procedure di valutazione di conformità previste per gli altri dispositivi medici. In caso di violazione, potrebbe essere irrogata la sanzione da 26 mila a 120mila euro prevista dall’articolo 27, c. 32, D.lgs. 137/2022 per l’ipotesi di omessa osservanza delle procedure di valutazione di conformità richieste dal Mdr.
  • In caso di violazione del termine di 120 (per la valutazione iniziale) o 60 giorni (per le successive modifiche), il fabbricante dovrà verificare se il ritardo è tale da consentirgli di agire nei confronti della Autorità competente per chiedere il risarcimento dei danni c.d. da ritardo o di quelli derivanti dalla violazione del dovere di correttezza e buona fede contrattuale;

In caso di rilascio di parere sfavorevole, ad oggi la disciplina unionale e nazionale non tutela la posizione del fabbricante, il quale non potrebbe contestare nulla all’Organismo Notificato (essendo quest’ultimo obbligato per legge a non rilasciare il certificato) né sembrerebbe poter proporre opposizione amministrativa formale, come invece è consentita ai produttori di farmaci che ricevono il diniego dell’AIC. La questione è tutt’ora aperta, ma è ragionevole pensare che l’assenza di mezzi di impugnazione, reclamo e/o risarcitori non appare ad una prima valutazione conforme al quadro costituzionale.

 

ARTICOLO PUBBLICATO SU ABOUTPHARMA

Rubrica "I DISPOSITIVI MEDICI TRA NORMATIVA E REGOLATORIO"

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