TAR Lazio, Sez. III, 10/02/2023, nr. 2297
Il TAR Lazio, con la sentenza n. 2297/2023, cristallizza i criteri di accoglimento dell’istanza di accesso agli atti amministrativi, nonché le modalità di superamento della contrapposizione tra diritti fondamentali di pari rango, attraverso il bilanciamento di interessi agli stessi sottesi.
I fatti di causa
Il TAR Lazio veniva adito per ottenere l’annullamento del provvedimento di diniego all’istanza di accesso agli atti presentata da un padre all’Ospedale San Paolo di Civitavecchia e all’ASL Roma 4.
Più esattamente, l’istanza di accesso aveva ad oggetto la richiesta di copia conforme all’originale di sia dell’attestazione di nascita e/o certificato di assistenza al parto reso dal medico e dall’ostetrica che avevano assistito alla nascita della minore; sia della cartella clinica relativa alla minore medesima. La specificità della documentazione richiesta muoveva dall’interesse del (presunto) padre della minore di ottenere quanto necessario, da un lato, ai fini della presentazione della pratica di riconoscimento della minore; dall’altro, ai fini difensivi, stante la pendenza di un giudizio dinanzi al Tribunale per i Minorenni di Roma volto ad ottenere la dichiarazione di decadenza dalla responsabilità genitoriale della madre e la conseguente dichiarazione di adottabilità della minore.
L’Azienda sanitaria coinvolta esprimeva il proprio diniego di accesso agli atti motivato dalla manifestata volontà della madre della minore di non riconoscere la figlia e di avvalersi del proprio diritto a non essere nominata.
Successivamente al diniego, veniva presentata istanza di riesame al Difensore Civico della Regione Lazio, il quale, riconoscendo la sussistenza di un interesse concreto e attuale del richiedente, invitava l’Azienda sanitaria a riesaminare l’istanza consentendo l’accesso alla documentazione richiesta, provvedendo ad oscurare i dati identificativi della madre della minore.
Ciononostante, l’ASL confermava il proprio provvedimento di diniego di accesso agli atti, da cui derivava l’introduzione del giudizio in commento, per l’annullamento di detto provvedimento.
La ricostruzione giuridica sull’accesso agli atti operata dal TAR Lazio
Per giungere alla decisione del ricorso, il Tribunale Amministrativo laziale opera una preziosa ricostruzione della disciplina generale che regola l’accesso agli atti amministrativi.
Difatti, con l’introduzione della L. n. 241/1990 (rubricata “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”), il legislatore ha affermato il diritto del cittadino a conoscere i documenti amministrativi, disciplinando all’art. 22 e ss. l’accesso agli atti.
Il diritto di accesso si eleva, così, a bene della vita autonomo - come tale meritevole di tutela – che si estrinseca sostanzialmente in due principi (espressione di civiltà e democrazia), quali:
- quello di consentire ai cittadini di orientare i propri comportamenti al fine di curare e difendere i loro interessi giuridici (utile, ad esempio, a valutare l’opportunità di instaurare un giudizio);
- quello di assicurare all’interessato trasparenza ed imparzialità, indipendentemente dalla lesione in concreto di un interesse legittimo o diritto soggettivo facente capo alla sfera giuridica dell’interessato (onde verificare, ad esempio, il rispetto del principio di uguaglianza nel trattare situazioni giuridiche uguali in modo uguale).
Pur se qualificato come diritto fondamentale, il diritto di accesso non può essere esercitato illimitatamente, laddove inevitabilmente deve essere bilanciato con altri diritti di pari rango che assumono o possono assumere rilevanza nel caso concreto (quale spesso è il diritto alla riservatezza).
Ed è a tal proposito che la legge individua precisamente i presupposti che debbono imprescindibilmente ricorrere nelle istanze di accesso agli atti: (i) la legittimazione a richiedere l’accesso agli atti amministrativi presuppone la dimostrazione che gli atti oggetto dell’istanza siano in grado di spiegare effetti diretti o indiretti nella sfera giuridica dell’istante; (ii) la posizione da tutelare deve risultare comunque collegata ai documenti oggetto della richiesta di accesso.
Elementi questi che il Tribunale in questione, nel caso di specie, arricchisce di contenuto affermando che il suddetto rapporto di strumentalità deve emergere dalla motivazione della richiesta che deve fornire: “la prova dell’esistenza di un puntuale interesse alla conoscenza della documentazione stessa e della correlazione logico-funzionale intercorrente fra la cognizione degli atti e la tutela della posizione giuridica del soggetto che esercita il diritto, permettendo di capire la coerenza di tale interesse con gli scopi alla cui realizzazione il diritto di accesso è preordinato”.
Detto in altri termini, non è sufficiente la sussistenza di un interesse diretto, concreto e attuale (art. 2, DPR n. 184/2006, in materia di accesso ai documenti amministrativi), ma occorre altresì la dimostrazione del legame strumentale tra la conoscenza dell’atto o del documento e la concreta ed effettiva tutela di un proprio diritto fondamentale.
Gli aspetti descritti sono sì determinanti ma non gli unici a dover muovere la decisione dell’amministrazione verso l’accoglimento o il rigetto dell’istanza di accesso agli atti. L’Amministrazione dovrà infatti operare un bilanciamento degli interessi delle parti coinvolte, espressione di più diritti di pari rango.
Sul punto, il Tribunale chiarisce che il diritto all’accesso, pure quando determini o sia volto a determinare la conoscenza di dati sensibili quali quelli relativi alla salute, deve comunque essere garantito, laddove la suddetta conoscenza sia necessaria per curare o difendere i propri interessi giuridici. Pertanto, conclude il TAR, “il problema del bilanciamento delle contrapposte esigenze delle parti, diritto di accesso e difesa, da un lato, e diritto di riservatezza dei terzi, dall’altro, deve essere risolto dando la prevalenza al diritto di accesso qualora sia strumentale alla cura o alla difesa dei propri interessi giuridici”.
La decisione
La precisa e puntuale applicazione dei principi e degli elementi normativi sin qui trattati ha condotto il TAR, nel caso di specie, a rigettare il ricorso.
Rigetto motivato dal fatto che il soggetto onerato della prova, cioè chi agisce in giudizio e, in tal caso, chi propone istanza di accesso agli atti, in virtù di un generico interesse, non aveva provato né la stretta indispensabilità dell’utilizzazione della documentazione richiesta in uno specifico giudizio (risultando totalmente assente quel nesso di strumentalità che giustifica il ricorso al bilanciamento di interessi giuridicamente rilevanti); né il collegamento tra la posizione giuridica soggettiva da tutelare e i documenti oggetto della richiesta.