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Adunanza Plenaria n. 10 del 2/4/2020: può una P.A. a cui è inoltrata istanza ex L.n. 241/90, accettarla quale accesso civico generalizzato? (1° principio)
La prima problematica portata all’attenzione dell’Adunanza Plenaria dalla III Sezione del Consiglio di Stato con l'ordinanza n. 8501/2019 (oggetto dell’articolo "Accesso agli atti: all'Adunanza Plenaria l'ardua sentenza"), riguarda sostanzialmente la natura dell’istanza ostensiva presentata ad una P.A. e la possibilità di una sua differente qualificazione nell’ambito del procedimento d’accesso.
Nel caso posto all’attenzione della Plenaria il richiedente non aveva qualificato la propria istanza, non avendo invocato né l’applicazione della L.n. 241/1990 (c.d. accesso documentale) né del D.Lgs.n. 33/2013 (c.d. accesso civico generalizzato).
Così il Consiglio di Stato, con un approccio nettamente sostanzialistico, ha ritenuto che, benché l’accesso documentale e quello civico differiscano “per finalità, requisiti ed aspetti procedimentali”, tuttavia la P.A. ha il dovere di esaminare l’istanza nel suo complesso (nel suo c.d. “anelito ostensivo”), evitando inutili formalismi procedurali che potrebbero condurre ad una duplicazione d'istanza.
Allorquando poi non sia individuabile l’esercizio di una specifica forma d’accesso, la Stazione appaltante deve “qualificarlo” quanto più ampio possibile, considerato che detta richiesta ben potrebbe essere legittimamente formulata sia con riferimento all’una che all’altra normativa.
In altri termini è sempre ammissibile depositare un’istanza che richieda sia l’accesso formale che quello civico generalizzato (SI cumulo d’istanze) così come che non specifichi alcuna modalità di accesso.
Sarà poi la P.A. a dover esaminare la sussistenza dei presupposti dell’una o dell’altra e concedere, conseguentemente, l’ostensione documentale (che, lo si ripete, può attenere anche a documenti diversi) nel rispetto dell’una o dell’altra normativa.
Diversamente invece, qualora l’istante espressamente indichi a quale modalità (documentale o civica) intende riferirsi nella sua istanza, in tal caso l’Amministrazione ricevente non può “mutare normativa” e concedere l’ostensione documentale in assenza dei presupposti della normativa indicata, anche se in presenza dei presupposti dell’altra (NO conversione procedimentale).
Così come non potrà essere il Giudice Amministrativo, se investito della questione e qualora l’istanza sia stata inoltrata ai sensi di una determinata normativa, concederla in ragione della sussistenza dei presupposti dell’altra (NO Conversione giudiziale).
Citando dunque testualmente la Plenaria:
“la pubblica amministrazione ha il potere-dovere di esaminare l’istanza di accesso agli atti e ai documenti pubblici, formulata in modo generico o cumulativo dal richiedente senza riferimento ad una specifica disciplina, anche alla stregua della disciplina dell’accesso civico generalizzato, a meno che l’interessato non abbia inteso fare esclusivo, inequivocabile, riferimento alla disciplina dell’accesso documentale, nel qual caso essa dovrà esaminare l’istanza solo con specifico riferimento ai profili della L.n. 241 del 1990, senza che il giudice amministrativo, adìto ai sensi dell’art. 116 c.p.a., possa mutare il titolo dell’accesso, definito dall’originaria istanza e dal conseguente diniego adottato dalla pubblica amministrazione all’esito del procedimento”.
In conclusione il 1° principio che si può trarre risulta il seguente: quando si formula un'istanza d'accesso è fondamentale individuare correttamente la normativa per cui si procede, non potendo la P.A. concedere poi l'ostensione documentale in assenza dei presupposti della legge per cui si è formulata l'istanza.
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