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È legale vendere prodotti usati? E quando si diventa fabbricanti? Tutto quello che bisogna sapere sul “second hand”

25/06/2025

Il mercato del riuso è in forte crescita, sostenuto dalla spinta dell’economia circolare e dalle numerose iniziative europee a tutela dell’ambiente.
Ma vendere, modificare o ricondizionare prodotti usati è sempre lecito?
E quali regole si applicano?
In questo articolo, analizziamo i profili giuridici più rilevanti per chi acquista, vende o interviene tecnicamente su beni di seconda mano.

  1. Il contesto generale: un mercato in crescita, ma con poche regole chiare

Secondo uno studio della Commissione Europea sul New Legislative Framework (Supporting Study for the evaluation of certain aspects of the New Legislative Framework – Decision No 768/2008/EC e Regulation (EC) No 765), il valore stimato del mercato del remanufacturing nell’Unione Europea è di 30 bilioni annuali, ma rappresenta solo il 2% del potenziale. L’attesa è di una forte crescita, trainata dalla Sustainable Product Initiative, con l’obiettivo di superare il modello “prendi, produci, usa e getta”.

Se da un lato vi è un’ampia convergenza sul valore del riuso e sulla necessità di dare nuova vita ai prodotti, dall’altro è molto più difficile orientarsi tra obblighi e divieti applicabili a chi opera in questo settore. Gli operatori economici attivi nella rivendita, ricondizionamento, manutenzione o modifica dei prodotti usati si trovano spesso a fronteggiare manifestazioni di intenti e/o principi generali privi di attuazione concreta, in un quadro normativo disomogeneo e talvolta contraddittorio anche all’interno delle stesse leggi emanate dall’Unione Europea.

La Commissione Europea nello studio citato ha riconosciuto queste criticità, osservando come i modelli di produzione alternativa (remanufacturing, refurbishment, riparazione, riutilizzo) siano strategici per l’economia circolare, ma ancora privi di un’effettiva disciplina giuridica che contempli adeguatamente i seguenti profili:

  • i prodotti dopo il loro utilizzo possono essere modificati o deteriorarsi;
  • le attività sui prodotti usati (inclusa la rivendita) possono incidere sulla sicurezza o sulla conformità originaria;
  • le responsabilità degli operatori coinvolti nel mercato del riuso.
  1. Il riuso è lecito: libera circolazione delle merci

Innanzitutto, occorre premettere come non esista alcun divieto generale alla vendita, modifica o riparazione di prodotti usati. Questo è confermato da norme nazionali e dell’Unione Europea di rango primario:

  • Art. 41 Costituzione: l’iniziativa economica privata è libera, salvo che non contrasti con l’utilità sociale o rechi danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà o alla dignità umana.
  • Art. 26 TFUE: garantisce la realizzazione e il funzionamento del mercato interno, fondato sulla libera circolazione delle merci.
  • Articoli 34, 35 e 36 TFUE: vietano restrizioni quantitative all’importazione ed esportazione, salvo per motivi legittimi come la tutela della salute o la sicurezza pubblica.

In linea generale, quindi, l’unico limite alla vendita o modifica di prodotti usati è rappresentato dal potenziale impatto sulla salute e sicurezza degli utilizzatori. In caso contrario, si dovrebbe in linea di principio escludere qualsiasi divieto.

  1. Le norme di armonizzazione non si applicano ai prodotti usati già presenti nel mercato UE

Le varie normative di armonizzazione dell’Unione Europea (es. MDR, AI Act, Direttive di sicurezza ecc.) regolano l’immissione sul mercato di prodotti nuovi. I prodotti usati tuttavia non rientrano nel loro ambito applicativo.

La Guida Blu 2022 della Commissione Europea (Comunicazione 2022/C 247/01) fornisce indicazioni chiare ai par. 2.1 e 2.3: i prodotti usati presenti nel mercato UE godono della libera circolazione. In modo ancora più esplicito, il Considerando n. 3 del Regolamento (UE) 2017/745 (MDR) chiarisce che le disposizioni in esso contenute non armonizzano le norme relative alla vendita di dispositivi medici già messi in servizio, compresi quelli usati.

Di conseguenza, la mera rivendita o modifica di un prodotto usato già presente nel mercato UE non comporta, di per sé, l’applicazione delle normative di armonizzazione, né l’assunzione del ruolo di fabbricante e dei conseguenti obblighi previsti dalle pertinenti leggi vigenti.

  1. Quando si applicano le normative di armonizzazione: le eccezioni

La Guida Blu individua due casi in cui un prodotto usato può essere soggetto alla normativa di armonizzazione:

  1. Importazione nell’Unione Europea: il prodotto usato è acquistato da un Paese Extra UE e poi venduto in Europa;
  2. Modifica consistente: l’intervento cambia le prestazioni, la finalità o il tipo originari.

In queste ipotesi, chi immette il prodotto sul mercato o la modifica assume il ruolo di fabbricante, con obblighi specifici di conformità sul “nuovo” prodotto.

Se la prima ipotesi — l’importazione di un prodotto usato da un Paese extra-UE — è di facile interpretazione, più complesso è stabilire quando un’attività svolta rappresenti una modifica “consistente”.

La difficoltà aumenta se si considera che le normative di armonizzazione unionale definiscono in modo diverso i casi in cui un operatore economico deve essere qualificato come nuovo fabbricante di un prodotto. Le definizioni non sono univoche e spesso non coincidono pienamente da una normativa all’altra, rendendo necessaria una valutazione tecnica e giuridica accurata caso per caso. Ad esempio, si diventa fabbricanti di un nuovo prodotto:

  • Per il MDR (Reg. 2017/745): quando l’operatore:
    • rimette a nuovo un dispositivo medico (art. 2(30);
    • appone un marchio senza accordo con il fabbricante originario, modifica la destinazione d’uso e/o compromette la conformità del dispositivo medico (art. 16)
    • sostituisce componenti con effetti sulle prestazioni o sulla sicurezza del dispositivo medico (Art. 23).
  • Per l’AI Act (Reg. 2024/1689) quando l’operatore apporto una modifica sostanziale non prevista nella valutazione iniziale e che incide sulla conformità o cambia la finalità del sistema (art. 3, n. 23).

Lo stesso principio si applica anche alle altre normative di armonizzazione dell’Unione Europea, oltre a quelle già menzionate, come ad esempio la Direttiva 2014/30/UE sulla compatibilità elettromagnetica e la Direttiva 2014/35/UE sulla bassa tensione, che in alcuni casi adottano definizioni differenti di “modifica rilevante” rispetto ad altre discipline settoriali.

In definitiva, il quadro normativo relativo alle modifiche dei prodotti è complesso e articolato, e richiede agli operatori una conoscenza approfondita di tutte le discipline settoriali potenzialmente applicabili al prodotto interessato.

  1. Il Regolamento (UE) 2023/988: sicurezza dei prodotti usati venduti ai consumatori

Anche quando le norme di armonizzazione non si applicano, può intervenire il Regolamento (UE) 2023/988 sulla sicurezza generale dei prodotti (DSGP), pensato per garantire la sicurezza dei consumatori anche nel caso di prodotti usati.

Secondo l’art. 2, par. 3, il regolamento si applica a prodotti nuovi, usati, riparati o ricondizionati quando venduti a consumatori (B2C), salvo siano antiquariato o destinati a riparazione, purché ciò sia chiaramente indicato.

Sul punto, il Ministero del Made in Italy ha chiarito che l’etichetta “solo per uso professionalenon esclude automaticamente l’applicazione del regolamento, se il prodotto è acquistabile anche da un consumatore su canali aperti. Ne consegue che, secondo l’interpretazione ministeriale, il Regolamento (UE) 2023/988 si applicherà anche alla vendita o modifica di prodotti usati, qualora questi vengano commercializzati in modo tale da essere accessibili anche ai consumatori, anche se formalmente destinati a un uso professionale.

  1. La disciplina civilistica e le garanzie applicabili alla vendita di beni usati

Oltre alla normativa europea in materia di sicurezza e conformità dei prodotti, chi opera nel mercato del riuso deve considerare anche le regole del diritto civile nazionale, in particolare per quanto riguarda la vendita di beni usati.

Nel caso di vendita tra professionisti (B2B), si applicano le disposizioni generali del Codice Civile, a partire dall’art. 1470 e seguenti, che disciplinano il contratto di compravendita. In questo ambito, le parti possono liberamente pattuire garanzie, esclusioni di responsabilità e limiti risarcitori, nel rispetto dei principi generali di buona fede e correttezza contrattuale.

Diverso è il caso della vendita a consumatori (B2C). In questo contesto, oltre alle norme del Codice Civile, si applica anche il Codice del Consumo (D.lgs. 206/2005), che prevede, oltre la responsabilità del fornitore di prodotto difettoso (Parte 4, Titolo 2), le minime garanzie per difetti previste a favore del consumatore. In particolare, l’art. 133, comma 5 stabilisce che: “Le disposizioni del presente capo si applicano alla vendita di beni usati, tenuto conto del tempo del pregresso utilizzo, limitatamente ai difetti non derivanti dall'uso normale della cosa.”. Questo significa che anche i beni usati sono coperti dalla garanzia legale di conformità, seppur con una valutazione più flessibile da eseguire caso per caso, che tenga conto dell’età e dello stato d’uso del bene al momento della vendita.

  1. Conclusioni: sì al riuso, ma con consapevolezza normativa

Il riuso e la valorizzazione dei prodotti usati rappresentano una concreta opportunità per imprese e consumatori, oltre che una leva fondamentale per lo sviluppo dell’economia circolare. Tuttavia, chi opera in questo settore deve conoscere e applicare regole complesse, spesso frammentate tra normative europee, linee guida interpretative e disposizioni del diritto civile nazionale.

In linea generale, vendere, riparare o modificare un prodotto usato è perfettamente lecito. Tuttavia, non sempre queste attività sono neutre sul piano giuridico: in alcuni casi, soprattutto quando si interviene in modo rilevante sul prodotto, l’operatore può assumere il ruolo di nuovo fabbricante, con tutti gli obblighi di conformità e responsabilità che ne derivano.

Per evitare rischi, è essenziale agire con consapevolezza, valutando con attenzione la normativa applicabile (incluso il Reg. 2023/988) e soprattutto predisponendo contratti chiari, che definiscano limiti, responsabilità e garanzie tra tutte le parti coinvolte. Nel mercato del second hand, la compliance tecnica e la corretta gestione contrattuale non sono dettagli formali, ma strumenti concreti per operare in modo sicuro, trasparente e sostenibile.

È quindi da accogliere con favore l’entrata in vigore del Regolamento (UE) 2024/1781 sui requisiti di progettazione ecocompatibile. Il nuovo testo normativo impone ai fabbricanti l’obbligo di progettare i prodotti destinati al mercato dell’Unione tenendo conto di aspetti spesso trascurati, quali: durabilità, riutilizzabilità, riparabilità, manutenzione, ricondizionamento, rifabbricazione e recuperabilità dei materiali (art. 5).

Inoltre, tali informazioni dovranno essere comunicate in modo trasparente agli utilizzatori, attraverso una documentazione specifica da fornire insieme al prodotto (art. 7).

L’applicazione concreta di questo Regolamento rappresenterà un passo decisivo per consentire agli operatori economici di conoscere con chiarezza — e, se necessario, contestare — i limiti tecnici e giuridici delle attività che possono essere legittimamente svolte su un prodotto usato.