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TARIFFE: le restrizioni deontologiche sono contrarie al diritto comunitario la qualita della prestazione e garantita dall'art. 2233 c.c.
Consiglio di Stato 22 gennaio 2015 n. 238
Si chiude con una sconfitta ordinistica la battaglia dell’ordine dei geologici contro le tariffe.
Dopo un complesso percorso giurisdizionale, il Consiglio di Stato ha stabilito che l’obbligo deontologico di applicare i minimi tariffari configura una limitazione alla concorrenza.
La rilevanza della sentenza sta nell’enunciare principi giuridici validi anche per tutte le altre professioni.
Iter processuale
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l’Ordine dei Geologi, nella revisione del Codice deontologico anno 2010, aveva inserito il dovere di osservare, nella determinazione dei compensi, il criterio del “decoro professionale”, con conseguente applicazione di sanzioni in caso di inosservanza.
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l’AGCM, ritenendo che tale previsione costituisse una reintroduzione dei minimi tariffari aboliti dal legge 248/2006 (c.d. Decreto Bersani) apriva una procedura che terminava con le delibere AGCM 22 dicembre 2009 e 23 giugno 2010 si accertamento di un’intesa restrittiva della concorrenza con una sanzione di euro 14.254.
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tali delibere venivano impugnate avanti al TAR Lazio che con sentenza 4584/2011 dichiarava corretta la posizione dell’AGCM.
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a sua volta la decisione del TAR veniva impugnata avanti al Consiglio di Stato che con sentenza n. 00238/2015 decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre alcune questioni pregiudiziali alla Corte di Giustizia Europea.
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più esattamente si chiedeva alla CGCE di pronunciarsi – oltre a questioni processuali sulla possibilità che il richiamo alla “dignità professionale” nella determinazione dei compensi possa comportare un intesa restrittiva della concorrenza.
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con sentenza CGCE 18 luglio 2013 - C-135/12, i giudici comunitari sancivano che i regolamenti deontologici (come quello adottato dal CNG) che prevedono un obbligo di commisurazione dei compensi alla dignità della professione, sono da qualificarsi come decisioni di associazioni di imprese ai sensi dell’articolo 101 TFUE: conseguentemente possono avere effetti restrittivi della concorrenza nel mercato interno.
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la questione tornava dunque al Consiglio di Stato per la decisione finale.
La decisione del Consiglio di Stato
Dopo aver ripercorso l’iter processuale sopra sintetizzato il Consiglio di Stato rigetta il ricorso del Consiglio Nazionale dei Geologi, sancendo la correttezza della decisione dell’AGCM.
In particolare la sentenza stabilisce i seguenti principi (applicabili a tutte le professioni)
Più precisamente:
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non esiste una distinzione tra concorrenza commerciale e concorrenza professionale, ciò in quanto la nozione eurounitaria di impresa include anche l’esercente di una professione intellettuale, con la conseguenza che il relativo Ordine professionale può essere qualificato alla stregua di un’associazione di imprese ai sensi dell’art. 101 TFUE.
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per decidere poi se un’intesa debba considerarsi (o meno) restrittiva della concorrenza occorre valutare se gli obiettivi che l’intesa si pone sono (o meno) legittimi e se gli strumenti posti in essere siano effettivamente limitati (o meno) al perseguimento di detti obiettivi (principio di proporzionalità)
Chiarito questo sul caso del quo il CdS stabilisce che:
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l’obbligo di applicare i minini tariffari è stato introdotto – secondo le indicazioni del CNG – allo scopo di garantire la qualità della prestazione
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seppure tale obiettivo possa considerarsi di per sé legittimo, lo strumento utilizzato (obbligo di minimi tariffari nel codice deontologico) non può dirsi idoneo a garantire l’obiettivo della qualità della prestazione
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più esattamente si legge in sentenza che “Il fine di tutelare il consumatore viene adeguatamente perseguito dall’ordinamento nazionale tramite altri strumenti, che trovano il loro principale ambito di applicazione nella disciplina del singolo rapporto tra professionista e cliente, e si traducono nella previsione di rimedi civilistici, la cui piena operatività non richiede l’attribuzione di alcun potere di vigilanza all’Ordine professionale”
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sotto questo l’art. 2233, comma 2, cod. civ., occupandosi del contratto d’opera intellettuale, prevede espressamente che “in ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione”. Questa norma secondo i giudice dei Consiglio di Stato “si indirizza, infatti, al singolo professionista, disciplinando i suoi rapporti con il cliente nell’ambito del singolo rapporto contrattuale, senza attribuire alcun potere di vigilanza agli Ordini in merito alle scelte contrattuali dei propri iscritti”
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ed ancora secondo i giudici è proprio questa norma che prevedendo “compensi professionali in ogni caso adeguati all’importanza dell’opera e al decoro della professione assicura …….., un adeguato strumento a garanzia della qualità della prestazione e degli interessi dei consumatori".
Pertanto a fronte di un preciso obbligo civilistico che già àncora il compenso professionale al decoro della professione e all’importanza dell’opera, l’introduzione di una regola deontologica volta a ribadire tale obbligo, riservando la vigilanza circa il suo rispetto all’Ordine, e prevedendo l’eventualità di sanzioni disciplinari in caso di inosservanza, appare evidentemente estranea o, comunque, manifestamente non proporzionata, rispetto all’esigenza di fornire al consumatore adeguata tutela.
Pertanto non sussistono i presupposti per ritenere che nel caso di specie la riscontrata restrizione della concorrenza (prodotta dall’introduzione dei minimi tariffari) possa essere considerata necessaria al conseguimento dell’obiettivo legittimo (garanzia della qualità della prestazione).