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Si allargano sempre piu le maglie per i soggetti che chiedono l’autorizzazione
CONSIGLIO DI STATO N. 4788-2013 DEL 26 SETTEMBRE 2013
Ma è legittimo vietare l’apertura di una nuova struttura sanitaria sostenendo che è “fabbisogno è soddisfatto”?
Dopo il Consiglio di Stato 550/2013 e Consiglio di Stato 4574/2013 con questa terza sentenza il Consiglio di Stato ribadisce che il diritto del privato che vuole fornire prestazioni sanitarie a titolo provato non può essere condizionato a monte da «un apposito strumento pianificatore generale» della Regione, ma soltanto «da una valutazione dell'idoneità della nuova struttura a soddisfare il fabbisogno complessivo di assistenza».
Nel caso di specie la regione Sardegna aveva negato l’apertura di una nuova struttura sostenendo che il numero di prestazioni erogate nel 1999 e nel 2000 risultavano superiori al parametro di 12 per abitante indicato in una delibera della Giunta come obiettivo tendenziale per il contenimento delle prestazioni convenzionate.
Secondo la regione poi era da considerarsi del tutto ininfluente il parere favorevole del Comune interessato che sosteneva l’assenza sul territorio di strutture simili: secondo la regione la vicinanza con il capoluogo vanificava la necessità di una nuova struttura.
A fronte di un Tar Sardegna positivo nei confronti della regione , il Consiglio di Stato capovolge il verdetto.
Interessante l’interpretazione dell’art. 8 ter del Dlgs 502/1992.
Affermano infatti i giudici che la realizzazione di nuove strutture sì è condizionata alla verifica di compatibilità da parte della Regione, ma questa regola di principio non può risolversi, alla luce degli articoli 32 e 41 della Costituzione, «in uno strumento oblatorio delle prerogative dei soggetti che intendano offrire, in regime privatistico (vale a dire senza rimborsi o sovvenzioni a carico della spesa pubblica, e con corrispettivi a carico unicamente degli utenti), mezzi e strumenti di diagnosi, di cura e di assistenza sul territorio».
Il Consiglio di Stato ribadisce quanto già espresso nella decisione di pochi giorni prima: «Una politica di contenimento dell'offerta sanitaria non può tradursi in una posizione di privilegio degli operatori del settore già presenti nel mercato, che possono incrementare la loro offerta a discapito dei nuovi entranti».