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RSA e lesioni personali gravi subite da una degente: la carenza organizzativa in cui versa la struttura può costituire un’esimente per il sanitario?
Cass. pen. Sez. IV, 29-01-201, n. 16132
Con recente sentenza la Cassazione ha affrontato un interessante profilo in tema di responsabilità penale del sanitario in caso di lesioni personali colpose subite dal paziente in un contesto di gravi carenze strutturali della residenza sanitaria.
Nel caso in esame, con una doppia conforme, una infermiera professionale ed una operatrice sanitaria in servizio presso una R.S.A. venivano ritenute responsabili del reato di cui all’art. 590 c.p. per aver cagionato per colpa – in cooperazione – una grave compromissione delle condizioni psicofisiche di una ospite della struttura (stato di incoscienza, dispersione di urina, edemi declivi, ulcere da decubito con aree necrotiche, grave compromissione della pressione arteriosa, grave ipernatremia con disidratazione, infezione delle vie urinarie con ematuria e piuria), tanto da metterne a repentaglio la sua stessa vita.
Tra i vari motivi di doglianza, la difesa lamentava in particolare che la Corte di Appello avesse ignorato la circostanza – acclarata da successive indagini amministrative – che la struttura versasse in una condizione di drammatica carenza di organico, tanto che una delle imputate si era trovata a gestire – assieme ad altre due infermiere – ben 41 pazienti. Poteva quindi esigersi dalle imputate il rispetto della regola cautelare idonea ad evitare l’evento?
Sebbene entrambi i ricorsi per Cassazione siano dichiarati inammissibili, gli Ermellini si soffermano a precisare alcuni aspetti di assoluto interesse:
- Tutti gli operatori sanitari sono portatori di una posizione di garanzia e ciò è sancito dalla Costituzione agli art. 2 e 32, per cui hanno il dovere di tutelare i pazienti da qualsivoglia pericolo che ne minacci l’integrità (Sez. 4, n. 39256 del 29/03/2019, Parkhomenko Inna, Rv. 277192; Sez. 4, n. 2192 del 10/12/2014, dep. 2015, Leonardi, Rv. 261776; Sez. 4, n. 9638 del 02/03/2000, Troiano e altri, Rv. 217477);
- L’indagine sulle condizioni psicofisiche prima dell’ingresso in struttura è di massima rilevanza: nel caso di specie il medico curante così come il Consulente del P.M. avevano escluso che le gravi condizioni cliniche in cui versava la degente (impossibilità a camminare, difficoltà di deglutizione) rappresentassero evoluzione delle originarie patologie, considerato che precedentemente la donna si trovava in una condizione clinica stabile e ben controllata;
- Il profilo colposo addebitabile all’infermiera e all’operatrice sanitaria è consistito nel non essersi avvedute delle ingravescenti condizioni di salute della donna, benchè il progressivo degrado nel periodo di degenza di oltre 20 giorni fosse talmente evidente da poter essere colto anche da un profano;
- Vista la posizione di garanzia di entrambe, in caso di condotte colpose indipendenti, non può invocare il principio di affidamento il soggetto che non abbia osservato una regola precauzionale su cui si innesti l’altrui condotta colposa, poiché la sua responsabilità persiste in base al principio di equivalenza delle cause, salva l’affermazione dell’efficacia esclusiva della causa sopravvenuta, che presenti il carattere di eccezionalità e imprevedibilità (Sez. 4, n. 50038 del 10/10/2017, De Fina, Rv. 271521).
In caso di deficienza organizzativa e strutturale, quindi, nessuna esimente per il sanitario che non abbia rispettato il dovere di attivazione che la sua posizione (di garanzia) richiede.