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Ritiro Direttiva “Green claims”: tutto perduto nella lotta al “greenwashing”? Non è proprio così…

04/09/2025

Lo scorso 20 giugno 2025, la Commissione Europea ha ufficialmente comunicato l’intenzione di ritirare la proposta di Direttiva sui c.d. “green claims” (Proposal for a Directive on substantiation and communication of explicit environmental claims), in gran parte a causa delle pressioni politiche generate dall’European People’s Party (EPP).

L’intento dichiarato della Commissione nel 2023 al momento della presentazione della proposta era quello di contrastare il c.d. greenwashing.

Il greenwashing è una strategia di comunicazione ingannevole tramite cui alcune imprese cercano di costruirsi un'immagine positiva dal punto di vista ambientale, al fine di distogliere l'attenzione dai reali impatti negativi delle proprie attività o prodotti. Questa pratica, diffusa e dannosa, mina la fiducia dei consumatori e ostacola la transizione verso un'economia realmente sostenibile.

Spesso è difficile per i consumatori comprendere il significato delle numerose etichette relative alle prestazioni ambientali dei prodotti (sia beni che servizi) e delle aziende; alcune dichiarazioni ambientali sono inaffidabili e i consumatori possono essere indotti in errore.

La proposta di Direttiva “green claims” aveva lo scopo di contrastare il greenwashing e proteggere i consumatori e l'ambiente, garantendo che le etichette e le dichiarazioni ambientali siano credibili e affidabili così da consentire ai consumatori di prendere decisioni di acquisto più informate.

Se l’annunciato ritiro della Direttiva “green claims” fosse confermato, rimarremmo dunque privi di strumenti per contrastare il fenomeno del greenwashing?

In realtà non è così.

La Direttiva 2024/825

L'Unione Europea il 6 marzo 2024 ha approvato la Direttiva 2024/825, che modifica le precedenti Direttive 2005/29/CE e 2011/83/UE, per quanto riguarda la responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde mediante il miglioramento della tutela dalle pratiche sleali e dell’informazione, che troverà effettiva applicazione in tutti gli stati membri a far data dal 27/09/2026. La Direttiva mira a fornire ai consumatori gli strumenti per compiere scelte più informate e sostenibili, rafforzandone la protezione contro le pratiche commerciali sleali e promuovendo una maggiore trasparenza nelle comunicazioni ambientali delle aziende. 

Tra le pratiche esplicitamente vietate dalla Direttiva 2024/825 rientrano:

  • Marchi di sostenibilità falsi: è proibito esibire marchi di sostenibilità non basati su sistemi di certificazione approvati o non stabiliti da autorità pubbliche.
  • Asserzioni ambientali generiche: non è consentito utilizzare affermazioni generiche come "rispettoso dell'ambiente", "verde" o "biodegradabile" se non supportate da prove concrete dell'eccellenza delle prestazioni ambientali relative a tale asserzione.
  • Compensazione delle emissioni: è vietato dichiarare un impatto neutro o ridotto sull'ambiente in termini di emissioni di gas serra basandosi solo su compensazioni, senza una reale riduzione delle emissioni.
  • Requisiti legali presentati come distintivi: non è permesso presentare requisiti imposti per legge come se fossero un tratto distintivo dell'offerta dell’azienda.

La Direttiva, inoltre, impone che le affermazioni ambientali siano supportate da dati verificabili, aumentando la trasparenza e la fiducia dei consumatori nel mercato.

Già alla luce della Direttiva 2024/825, le imprese non solo dovranno adeguare le proprie strategie di comunicazione e garantire che ogni affermazione ambientale sia rigorosamente supportata da dati concreti e verificabili ma anche dettagliare meticolosamente le strategie per il raggiungimento degli obiettivi, oltre a pubblicare una rendicontazione completa e accessibile su tutte le iniziative intraprese. Ciò favorirà un mercato più equo e sostenibile, in cui i consumatori potranno fare scelte consapevoli basate su informazioni veritiere.

Gli interventi delle Autorità nazionali: alcuni precedenti significativi

Anche in assenza della piena applicazione della Direttiva 2024/825, l’AGCM è intervenuta recentemente per contrastare pratiche di greenwashing.

Il caso GLS

Il gruppo GLS è stato oggetto di un provvedimento da parte dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) per greenwashing. In data 21 gennaio 2025, l'AGCM ha irrogato una sanzione di 8 milioni di Euro a GLS per pratiche commerciali scorrette e affermazioni non veritiere in merito alla sostenibilità dei propri servizi di consegna, in particolare riguardo all'utilizzo di veicoli a emissioni zero.

La sanzione non è stata erogata ai sensi della Direttiva 2024/825, la cui applicazione non è ancora vincolante per le aziende italiane, ma in base alla normativa nazionale vigente in materia di pratiche commerciali scorrette, applicabile sia ai rapporti con i consumatori sia con le microimprese, più precisamente l’AGCM ha accertato che le condotte poste in essere dal gruppo GLS integrano una pratica commerciale scorretta in violazione degli articoli 20, 21, 22 e 26, lett. f) del Codice del consumo.

Il caso Shein

E’ notizia di pochi giorni fa (4 agosto 2025) la sanzione di 1 milione di Euro a carico di Infinite Styles Services Co. Ltd, la società che in Europa gestisce i siti di compravendita dei prodotti Shein, per l’utilizzo di messaggi e asserzioni ambientali (green claim) ingannevoli/omissivi nella promozione e vendita di prodotti di abbigliamento a marchio Shein.

Secondo l’AGCM, le asserzioni ambientali relative alla “progettazione di un sistema circolare” o sulla riciclabilità dei prodotti, sono risultate false o quanto meno confusionarie, idonee a indurre i consumatori a ritenere non solo che la collezione “evoluSHEIN by Design” sia realizzata unicamente con materiali “ecosostenibili”, ma anche che i prodotti di questa collezione siano totalmente riciclabili, circostanza che, considerando le fibre utilizzate e i sistemi di riciclo attualmente esistenti, non risulta veritiera. Inoltre, sempre secondo l’AGCM, gli annunci da parte di Shein di voler ridurre del 25% le emissioni di gas serra entro il 2030 e di azzerarle entro il 2050 sono presentati, nella sezione relativa alla “Responsabilità sociale”, in maniera generica e vaga, risultando addirittura contraddetti dall’incremento delle emissioni di gas serra dell’attività di Shein per gli anni 2023 e 2024.

Ancora una volta AGCM ha erogato la sanzione sulla base delle norme nazionali contenute nel Codice del Consumo.

Alcune osservazioni conclusive

Anche se la Direttiva Green Claims non dovesse mai vedere la luce, il quadro normativo e sanzionatorio sia italiano che europeo è, già oggi, molto rigoroso e mira a garantire trasparenza e veridicità nelle comunicazioni ambientali delle imprese. I casi citati rappresentano un monito per tutte le imprese: la sostenibilità non può essere utilizzata come mero strumento di marketing ingannevole, ma deve essere supportata da fatti concreti e verificabili, pena pesanti conseguenze economiche e reputazionali.

La Direttiva 2024/825 introduce sanzioni che possono arrivare fino al 4% del fatturato annuo dell’impresa, oltre all’esclusione temporanea da gare pubbliche e, abbiamo visto, già oggi la nostra Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato è stata in grado di comminare sanzioni “pesanti” sulla base dell’attuale Codice del Consumo.

Le imprese hanno, quindi, oggi l’opportunità – e la responsabilità – di anticipare il cambiamento, adottando da subito pratiche trasparenti e verificabili, per evitare sanzioni future e contribuire attivamente a un’economia più sostenibile.

Adottare fin da ora criteri di trasparenza, accountability e comunicazione responsabile permette non solo di evitare sanzioni, ma anche di costruire un vantaggio competitivo duraturo. In un mercato sempre più sensibile alle tematiche ambientali, la sostenibilità, se autentica e dimostrabile, può diventare un potente motore di fiducia, innovazione e crescita.