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Con l’evoluzione dell’influencer marketing la digital chart si rinnova

06/07/2023

Da anni ormai il Regolamento Digital Chart emanato dall’Istituto di Autodisciplina della Pubblicitaria (“IAP”) indica la strada maestra per lo svolgimento di pubblicità corrette da parte di operatori commerciali, veicolate tramite celebrità, influencers o altri utenti che hanno seguito online.

Con l’obiettivo di garantire che ogni attività di comunicazione rivolta al pubblico sia coerente e conforme ai principi generali di trasparenza e riconoscibilità dei messaggi pubblicitari, lo IAP individua e aggiorna costantemente le indicazioni per una corretta pubblicità, a tutela del consumatore e della concorrenza. In quest’ottica lo IAP, dal 1° giugno 2023, ha innovato il Regolamento Digital Chart implementando le regole della pubblicità trasparente, affinché il pubblico sia messo in condizione di riconoscere la natura pubblicitaria di un messaggio sin dal primo momento utile (c.d. “primo contatto”) ed a prescindere dal mezzo utilizzato per la sua diffusione. 

Per il raggiungimento dell’“obiettivo trasparenza”, la Digital Chart si propone come testo normativo dedicato alla comunicazione commerciale veicolata da influencer e personaggi noti al pubblico.
Prima di entrare nel vivo delle recenti modifiche, pare opportuno cristallizzare alcune regole di base che, sin dagli albori della Digital Chart, muovono (o dovrebbero muovere) l’attività degli operatori del settore.
Il processo di regolamentazione del principio di trasparenza parte infatti dalla previsione dell’obbligo di utilizzare dei disclaimer all’interno dei contenuti pubblicitari, attraverso l’uso di hashtag (#) volti a qualificare un contenuto come pubblicitario:

  • da un lato, quelli come: “Advertisement”; “Pubblicità”; “Ad”; “in collaborazione con” seguiti dal tag (@) del brand o dell’azienda committente, i quali debbono essere posizionati non oltre il terzo hashtag, se si tratta di post, ovvero in sovraimpressione, se si tratta di video o stories;
  • dall’altro, quelli come: “prodotto inviato da” seguito dalla denominazione dell’azienda e l’hashtag “regalo/gift” o simili, nel caso in cui il corrispettivo offerto all’influencer non si traduca in una elargizione di denaro ma in un omaggio del prodotto oggetto di promozione.

Nella pratica, tuttavia, non sono pochi i casi in cui gli influencer preferiscano utilizzare il più essenziale “Ad” o “Adv” (quasi mai posizionato entro i primi 3 hashtag), vuoi per indicazioni ricevute dalla committente, vuoi per non appesantire il contenuto della comunicazione (forse sottovalutando il loro potere di condizionare il pubblico), rimanendo spesso di difficile individuazione il confine tra l’espressione di un pensiero autentico dell’influencer e la diffusione di un messaggio concordato e dietro corrispettivo. 

Ma veniamo alle novità introdotte dal Regolamento. Dalla sua prima apparizione, la Digital Chart è oggi al quarto aggiornamento, che recepisce la rapida evoluzione della creazione di contenuti sul web e l’orientamento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato formatosi negli ultimi anni sul tema dell’influencer marketing.
Le novità, in particolare, intervengono sui seguenti aspetti: 

  • l’art. 1 del Regolamento estende la necessità di una palese dichiarazione circa la natura pubblicitaria del messaggio anche ai casi in cui un determinato contenuto sia soggetto a “repost”, cioè condiviso su altre piattaforme online o sui social network;
  • l’art. 2 del Regolamento sta al passo con le innovazioni della tecnologia (es. il metaverso), ridefinendo la generale figura di influencer, vale a dire “celebrity, influencer, blogger, o altre figure simili di utilizzatori della rete che con il proprio intervento possono potenzialmente influenzare le scelte commerciali del pubblico (…) siano essi umani o virtuali”. Ora anche personaggi virtuali hanno delle regole, dovendo rendere riconoscibile un messaggio se di natura pubblicitaria. Lo si comprende se si considera l’investimento che molte aziende fanno nel mondo del metaverso (si pensi a quanto fatto da Dolce&Gabbana e Balenciaga nel mondo del gaming), ed investimento si traduce anche in pubblicità. Protagonisti virtuali ben possono essere in grado, al pari di influencer umani, di condizionare l’andamento del mercato attraverso lo sviluppo di capacità attrattive nei confronti degli utenti di internet che sì navigano in un mondo virtuale ma interagiscono e si interfacciano in un mondo reale, connotato da transazioni economiche (reali) e atteggiamenti consumistici (anch’essi reali);
  • ancora l’art. 2 introduce il nuovo concetto di “call to action”, vale a dire l’invito all’utente da parte dell’influencer finalizzato al compimento di una determinata azione. In tale circostanza, l’influencer o l’inserzionista dovrà esortare gli utenti a rendere manifesta la natura promozionale del contenuto collegato ad un marchio, un prodotto o un servizio, pubblicato su invito degli stessi. Ciò sarà possibile adottando gli stessi accorgimenti previsti per gli influencer. Probabilmente l’introduzione di tale regola è conseguita ad un intervento dell’AGCM nei confronti di una società produttrice di un dispositivo di riscaldamento del tabacco “Glo Hyper” e di alcuni influencer (in realtà celebrità), contestando una peculiare fattispecie di pubblicità occulta. Senza voler travalicare il focus di questo contributo, basti ricordare che nel caso richiamato i consumatori erano invitati a pubblicare dei contenuti relativi al prodotto (senza alcun disclaimer), i migliori dei quali sarebbero stati ripubblicati nel profilo della celebrità. L’AGCM si è trovata a valutare un contesto nel quale brand, influencer e consumatori partecipano (i primi due in forza di un rapporto di committenza; gli altri senza alcun legame contrattuale) al raggiungimento del fine ultimo del brand di ottenere quanta più visibilità possibile. Il contenuto realizzato dall’utente non può, dunque, definirsi libero ma rappresenta il risultato di uno stimolo inviato allo stesso dal brand o direttamente o – peggio - indirettamente da influencer pagati per lo svolgimento di tale attività. Da qui la necessità che anche l’utente segua, in tali casi, le regole di una pubblicità trasparente, rimanendo tuttavia dubbio alla generalità degli altri utenti se un contenuto dichiaratamente pubblicitario derivi da un rapporto di committenza con l’azienda/il brand ovvero se sia, diversamente, spontaneo e, come tale, non pubblicitario;
  • l’art. 4 del Regolamento (prima dedicato agli Inviti ad eventi, ora disciplinati dal successivo art. 5) introduce la disciplina dei Codici sconto e dell’affiliate marketing. La norma prevede che deve essere ben visibile la finalità promozionale qualora l’influencer promuova dei codici sconto o link di affiliazione, grazie ai quali lo stesso può essere premiato con una commissione o vantaggi di altra natura al raggiungimento di un determinato risultato fissato dall’inserzionista. 

Come è evidente, la tutela della trasparenza nella pubblicità è la spinta che induce ed accompagna le autorità (autodisciplinari e non) a regolamentare quanto più dettagliatamente possibile il fenomeno dell’influencer marketing in tutte le sue sfaccettature.
Lo strumento autodisciplinare ha un forte potere sulla regolamentazione della comunicazione commerciale, funge da concreto supporto all’attività di Autorità nazionali e Tribunali (spesso ingolfati dal carico di lavoro), ed è al tempo stesso un grande valore per il consumatore e per le aziende.
Le disposizioni emanate dallo IAP (tanto il Codice quanto i Regolamenti) tuttavia non hanno validità erga omnes al pari delle norme di legge, rimanendo applicabili e, quindi, vincolanti solo per coloro che decidono di aderirvi.
Ciò significa che vi è ancora una grossa fetta di mercato, per così dire “a briglia sciolta”, che vede molteplici soggetti che effettuano pubblicità, autonomamente o per conto di terzi, non conforme ai principi di trasparenza ed in un contesto in cui la comunicazione è sempre più veloce (si pensi alle storie di Instagram che rimangono in rete per sole 24 ore) e l’utente sempre più distratto da “inondazioni” di informazioni spesso incomplete, veloci e fuorvianti. 

Lodevole il rapido adeguamento delle regole della pubblicità, tuttavia, ad avviso di chi scrive, rimangono ancora aree grigie e necessità di definizione delle responsabilità di aziende ed influencer verso il consumatore non sempre pacificamente delineate, rispetto alle quali si auspicano ancor più precise linee di indirizzo regolamentari, onde non incorrere in errori interpretativi.