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Riconoscimento titoli professionali conseguiti all’estero: per valutare la durata contano le effettive ore di formazione
La domanda proposta al Ministero della Salute concerneva il riconoscimento in Italia del titolo di medico specialista in Ortopedia e Traumatologia conseguito presso l’ospedale delle Cliniche dell’Università Federal di Minas Gerais di Belo Horizonte in Brasile. A tale domanda era allegata l’obbligatoria dichiarazione di valore dalla quale emergeva: (i) la durata di 3 anni del corso di laurea; (ii) un numero di ore di formazione di 10560, superiore di 1440 ore rispetto a quello minimo richiesto in Italia/Europa.
Il Ministero della Salute riscontrava la domanda, comunicando all’istante prima un preavviso di diniego, poi un provvedimento di diniego definitivo. Il rigetto della domanda verteva sostanzialmente sul fatto che ai sensi dell’art. 34, comma 4 del D.Lgs. n. 206/2007, la durata della formazione specialistica non possa essere inferiore a quella indicata nell’allegato V della Direttiva 2005/36/CE. Nel caso di specie, con riferimento alla specialistica in medicina d’emergenza-urgenza, la durata minima di formazione prevista è di 5 anni a tempo pieno. Nell’attività di comparazione dei titoli di studio, poi, occorre verificare che tra il titolo estero e quello italiano non vi sia cumulativamente né “gap temporale” (in termini di durata di anni di formazione), né “gap contenutistico” (cioè ore di studio).
Il diniego veniva impugnato avanti al TAR Lazio, il quale, con ordinanza n. 2810/2022 ordinava al Ministero della Salute di riesaminare la domanda di riconoscimento in quanto il provvedimento:
- considerava solo la durata della formazione per il conseguimento del titolo di medico specialista in Ortopedia e Traumatologia (3 anni in Brasile e 5 anni in Italia);
- non valutava in concreto l’effettivo percorso di studi del ricorrente (il quale aveva svolto un numero di ore di formazione annuo ben superiore a quello previsto in Italia);
- anche in assenza di corrispondenza tra i titoli, il riconoscimento è subordinato ad una misura compensativa, in luogo del semplice rigetto della domanda.
Nonostante il disposto dell’ordinanza, il Ministero della Salute manteneva la sua convinzione rinnovando il diniego, poiché nel caso di specie veniva a mancare uno dei requisiti obbligatoriamente previsti dalla normativa comunitaria (i.e. la corrispondente durata in anni della formazione specialistica), cosicché non si sarebbe comunque potuto procedere con lo svolgimento di una misura compensativa, prevista solo per compensare un gap contenutistico ma non temporale.
Anche tale provvedimento veniva impugnato dal ricorrente con motivi aggiunti all’interno del medesimo procedimento, e da qui la decisione del Giudice amministrativo.
La decisione del TAR Lazio
Censurabile, per il Giudice amministrativo, la decisione presa dal Ministero della Salute.
Il TAR Lazio rilevava che l’errore del Ministero sarebbe stato quello di essersi limitato a svolgere una astratta comparazione della durata in anni della formazione, senza considerare la normativa in materia di riconoscimenti dei titoli nel suo complesso.
In particolare, il Ministero della Salute, contrariamente a quanto avvenuto, avrebbe dovuto adeguatamente considerare che:
- il DPR n. 394/1999 disciplina il riconoscimento dei titoli extracomunitari posseduti da cittadini extracomunitari (artt. 49 e 50), precisando che il riconoscimento può essere subordinato ad una misura compensativa (prova attitudinale o tirocinio di adattamento);
- l’art. 22 del D.Lgs. n. 206/2007 stabilisce le condizioni per lo svolgimento della misura compensativa. In particolare, si prevede che per i medici specialisti il riconoscimento è subordinato al superamento di una prova attitudinale;
- l’art. 34, comma 4, del D.Lgs. n. 206/2007 prevede che la durata della formazione medica specialistica non può essere inferiore a quelle indicate, per ciascuna formazione, nell’allegato V della Direttiva 2005/36/CE.
Alla luce di tale quadro normativo, dunque, considerare il solo dato numerico degli anni di corso non consentirebbe di svolgere una completa valutazione circa i contenuti del corso affrontato e del numero di ore di studio o pratica espletate dal soggetto richiedente. Valutazione coerente anche con quanto affermato dalla Commissione Europea, laddove ha precisato che debbono essere rispettati tutti i requisiti formativi minimi previsti dalla legge (dunque, sia di durata che di contenuto).
Difatti, alcuna norma di legge impone che la valutazione circa la durata del corso di studi non debba tenere conto delle ore di studio svolte e, dunque, dell’impegno concretamente richiesto allo specializzando per conseguire il titolo di cui chiede il riconoscimento.
Il TAR Lazio, in virtù di tali considerazioni annullava il provvedimento di diniego del Ministero della Salute, rimettendo a quest’ultimo il procedimento al fine di consentirgli lo svolgimento delle ulteriori e conseguenti opportune valutazioni.
L’orientamento assunto dal TAR Lazio ci induce a concludere che, nel pieno rispetto della normativa di settore, la riconoscibilità del titolo non può prescindere da una valutazione di tipo sostanziale circa la coesistenza del fattore temporale e contenutistico dei percorsi formativi messi a confronto, da considerarsi come ulteriore rispetto al semplice confronto formale circa la sola durata degli insegnamenti previsti.