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QUANDO LA PIANIFICAZIONE URBANISTICA REGIONALE DIVENTA UN MEZZO LIMITATIVO DELLA LIBERTA DI INIZIATIVA ECONOMICA

16/03/2013

CORTE COSTITUZIONALE N. 38 DEL 15.03.13

Le Regioni devono stare attente alla pianificazione urbanistica perchè anche quest’ultima, seppur legata principalmente alla tutela dell’armonia dell’ambiente e del territorio, può trasformarsi in uno strumento limitativo della libertà di iniziativa economica e, come tale, passibile di censura. Questo ha statuito di recente la Corte Costituzionale, allorchè ha dichiarato l’illegittimità di una serie di norme adottate dalla Provincia Autonoma di Bolzano in materia di liberalizzazione delle attività commerciali intrecciate alle esigenze della pianificazione urbanistica. Qui di seguito il caso da cui è scaturita la sentenza in esame.

La Provincia Autonoma di Bolzano adottava la Legge Regionale n. 7 del 16.03.12 intitolata “Liberalizzazione delle attività commerciali” che, agli artt. 5 e 6, in tema di commercio nelle zone produttive, statuiva come segue: “(..)stante la scarsità di aree idonee all’esercizio di attività produttive e di commercio all’ingrosso e in considerazione del prevalente interesse generale di salvaguardia delle esigenze dell’ambiente urbano, della pianificazione ambientale e del traffico e di quelle culturali e sociali, finalizzato all’integrazione del commercio al dettaglio nelle zone residenziali, il commercio al dettaglio nelle zone produttive è ammesso solo quale eccezione nei casi di seguito elencati: (..) a) autoveicoli a due o più ruote (..), b) materiali edili, macchine utensili e combustibili, d) mobili, e) bevande, in confezioni formato all’ingrosso” E’ evidente come detta previsione limitasse fortemente la possibilità di condurre attività di commercio al dettaglio nelle aree produttive, circoscrivendone la fattibilità alle poche categorie sopra individuate. Il Presidente del Consiglio dei Ministri in carica promuoveva, quindi, questioni di legittimità costituzionale in merito ai detti artt. 5 e 6, reputandoli applicazione scorretta e distorsiva a livello regionale di quanto stabilito a livello statale dall’art. 31 del Decreto Legge n. 201/2011 (“Disposizioni urgenti per la crescita , l’equità ed il consolidamento dei conti pubblici”), secondo cui “la disciplina dell’Unione Europea e nazionale in materia di concorrenza, libertà di stabilimento e di prestazione di servizi, costituisce principio generale dell’ordinamento nazionale la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti, limiti territoriali od altri vincoli di qualsiasi altra natura, esclusi quelli connessi alla tutela (...) dell’ambiente, ivi incluso l’ambiente urbano e dei beni culturali”. La Provincia di Bolzano tentava di giustificare le previsioni tacciate d'illegittimità alla luce del vigente Statuto di autonomia, che le attribuisce competenza primaria in tema di tutela e conservazione del patrimonio storico, artistico e popolare, di urbanistica e piani regolatori nonché di tutela del paesaggio e le limitazioni al commercio nelle aree qualificate come produttive venivano "giustificate" proprio come poste a tutela del paesaggio. Tuttavia la Corte Costituzionale non ha ritenuto fondata la tesi della Provincia ritenendo che le limitazioni alla tutela del patrimonio ambientale e culturale nulla hanno a che fare con le aree produttive, che al contrario hanno, di per sè, una connotazione commerciale. Quale sarebbe quindi, stando al ragionamento della Corte, l’impatto negativo dello svolgimento di attività di commercio al dettaglio sul patrimonio ambientale? Nessuno, si risponde la Corte e dunque, di qui, la motivazione di incostituzionalità delle previsioni della Provincia, oltre che per violazione della potestà statale esclusiva (distorta interpretazione art. 31 in violazione dell’art. 117 Cost.), anche per illegittima compressione della libertà di iniziativa economica (violazione art. 41 Cost.) In poche parole, quindi, nelle aree qualificate come produttive le autorità locali non possono legittimamente porre limiti alle attività commerciali e di impresa sulla base di esigenze urbanistiche legate alla tutela dell’ambiente e dei beni culturali.