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Pubblicità degli apparecchi acustici: separazione tra attività di vendita online e comunicazione degli aspetti sanitari connessi

01/02/2023

La pubblicità dei dispositivi medici è da sempre una materia sulla quale il legislatore svolge particolare attività di controllo. Se ne comprende facilmente la ragione: il dispositivo medico è identificato come un prodotto progettato al fine di prevenire, diagnosticare, curare o controllare una malattia. Il controllo sulla pubblicità è, dunque, giustificato dalla connessione del dispositivo medico alla salute del cittadino, la quale richiede particolare tutela nel mercato “commerciale”.

Difatti, in termini generali, la forma di pubblicità consentita dal legislatore, cioè quella avente ad oggetto (solo alcune tipologie di) dispositivi medici, è soggetta alla previa approvazione da parte del Ministero della Salute dei claims utilizzati per “promuovere” il dispositivo.

L’approvazione ministeriale di uno o più claims riferiti ad un dispositivo medico non implica, tuttavia, l’esercizio dell’attività di controllo circa la correttezza dei messaggi pubblicitari da parte degli enti, anche autodisciplinari, a ciò preposti. Si fa riferimento all’Istituto di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale (IAP), il cui organo facente funzioni giudicanti si è di recente espresso in merito all’attività pubblicitaria svolta da una società che commercializza apparecchi acustici.

Il Giurì dell’Autodisciplina pubblicitaria, nel caso deciso con Pronuncia n. 32/2022, si è pronunciata sulla liceità dell’utilizzo di taluni claims, tra i quali: “Acquisti online e regoli dove vuoi”; “Dì ciao ai tuoi problemi di udito”; “2 Apparecchi Acustici Ricaricabili CIAO Tuoi a 1.499 euro”.

Tra le svariate questioni controverse, quella sulla quale si è maggiormente incentrato il Giurì – e conseguentemente la sua decisione - atteneva alla lamentata ingannevolezza sia dei cliams contenuti all’interno dello spot contestato (tra cui quelli riportati) sia del complessivo comportamento tenuto della società nei confronti del consumatore (ad esempio, attraverso i termini e le condizioni generali di vendita presenti sul sito web, al contenuto stesso del sito web in relazione alle modalità di acquisto ed uso del prodotto).

L’utilizzo di claims di tale tenore attirava particolarmente l’attenzione del ricorrente. Ciò soprattutto perché l’attività di comunicazione circa le modalità di vendita online del prodotto e del suo prezzo di acquisto risultava sconnessa rispetto alla comunicazione della necessaria – poiché prescritta dalla legge – attività medica e sanitaria legata alla regolazione e all’uso dell’apparecchio acustico.

Sotto tali aspetti, il Giurì prende una posizione estremamente fedele alla lettera della normativa in materia di pubblicità dei dispositivi medici (contenuta, in particolare, nell’art. 6 del nuovo Regolamento (UE) 2017/745).

Il Giurì, segnatamente, motiva che nel caso di specie non ci sarebbe contrasto con le norme del codice di autodisciplina della comunicazione commerciale in quanto l’attività pubblicitaria degli apparecchi acustici attiene ad un ambito rispetto al quale il legislatore avrebbe fatto una precisa scelta. La scelta cioè di ammettere la separazione tra mera attività di vendita del dispositivo medico (anche online) e attività sanitaria legata all’uso del prodotto stesso.

Nella specie, per fare una breve parentesi esplicativa, va detto che gli apparecchi acustici sono dispositivi medici che implicano il coinvolgimento di due figure:

  • il medico: dal momento che si tratta di un dispositivo acquistabile su prescrizione. Ciò, per precisione, presuppone una visita da parte dell’otorinolaringoiatra che certifichi la necessità di cure che l’acquisto del dispositivo assolverebbe;
  • il tecnico audioprotesista: incaricato, tra l’altro, dell’adattamento e controllo dei presidi protesici su prescrizione del medico.

Ora, pur considerando il Giurì il fatto che “il mercato degli apparecchi acustici presenta aspetti problematici, alla luce della delicatezza delle diagnosi della patologia e dei problemi tecnici sofisticati da affrontare per configurare correttamente le protesi”, il consumatore di riferimento (i.e. chi soffre di patologie legate all’udito) sarebbe comunque conscio del fatto che l’acquisto della protesi non equivarrebbe a ricevere contestualmente le attività sanitarie connesse al suo adattamento ed uso. Ciò sarebbe ancor più vero nell’ambito del commercio elettronico ove il consumatore rinuncerebbe, per il solo fatto di scegliere la modalità di acquisto online, al contatto fisico con il venditore, potendo il consumatore reperire online le informazioni relative al prodotto.

La suddetta conclusione sembrerebbe, in definitiva, ammettere la possibilità di effettuare pubblicità basata su informazioni parziali e sarebbe giustificata dal più generale rispetto del “modello di mercato” che legittimerebbe lo spacchettamento delle attività di vendita e sanitarie connesse al dispositivo. È, però, opinione di chi scrive che non si possa prescindere dal considerare che, per definizione, il consumatore è considerato (dalla stessa legge) un soggetto che si trova in una posizione di debolezza rispetto al professionista/imprenditore e che lo sia ancor di più quando l’oggetto della vendita è rappresentato da un dispositivo volto alla cura di una patologia, dunque attinente, più in generale alla salute della persona.

D’altra parte, è nella tutela della salute della persona che si rinviene la ratio della normativa costruita intorno alla pubblicità sanitaria in generale ed alla pubblicità dei dispositivi medici nello specifico, entrambe soggette a stringenti limiti.

La conclusione dell’organo autodisciplinare, dunque, potrebbe suscitare alcune riflessioni, le quali non possono prescindere da una valutazione, caso per caso, non solo della posizione del legislatore rispetto ad una specifica attività di impresa (i.e. la comunicazione attinente alla sola vendita dei dispositivi medici online), ma altresì delle disposizioni normative connesse (anch’esse espressione della volontà del legislatore e, per ciò stesso, di tutela di un’esigenza collettiva). Tra queste si possono anche solo citare i principi di trasparenza e chiarezza, i quali debbono essere considerati nell’attività di bilanciamento degli interessi che sottendono tutelare le norme coinvolte.