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Procedure d’appalto e obblighi dichiarativi: reati, “gravi illeciti professionali” e 231. Alcune riflessioni
09/03/2021
L’articolo 80 del Codice degli appalti pubblici (d.lgs. n. 50/2016) definisce i motivi di esclusione di un operatore economico dalla partecipazione ad una procedura d’appalto.
In particolare, il soggetto che intende partecipare ad una procedura ad evidenza pubblica deve possedere una serie di requisiti soggettivi (tra i quali rientra l’assenza di condanne penali o di misure di prevenzione) ed oggettivi (relativi alla capacità economica, nonché alle caratteristiche finanziarie ed organizzative dei partecipanti).
Per quanto riguarda i requisiti soggettivi, l’art. 80 comma 1 del Codice degli appalti indica tassativamente reati che – se accertati con una sentenza di condanna definitiva o un decreto penale irrevocabile o ancora una sentenza di applicazione della pena su richiesta ex art. 444 c.p.p. – comportano tassativamente l’esclusione dell’impresa da una gara.
Il comma 5 lett. c) del medesimo articolo, invece, annovera tra le cause di esclusione il caso in cui:
Trattasi di una clausola generale che si presta quindi all’interpretazione discrezionale della stazione appaltante, in quanto non vi è alcun elenco di quali siano le condotte che consistano in “gravi illeciti professionali” (per un’analisi approfondita del testo dell’articolo 80 c. 5 lett.c, si veda l’articolo dell’Avv. Colomban pubblicato sul nostro sito qui).
È interessante inoltre sottolineare il rapporto tra l’articolo 80 comma 5 lett. c e il regime di responsabilità degli enti previsto dal d.lgs. 231/2001 (qui il nostro approfondimento).
L’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) ha infatti stabilito nelle sue Linee Guida la rilevanza dei reati previsti dal d.lgs. 231/2001 al fine della valutazione della stazione appaltante quale possibile causa di esclusione per il concorrente (salvo che, ovviamente, le stesse fattispecie non configurino altra causa ostativa che comporti l’automatica esclusione dalla procedura di affidamento ai sensi dell’art. 80 c. 1 del codice).
Analizziamo ora due pronunce degli ultimi due anni che meritano una qualche riflessione.
Innanzitutto, il Consiglio di Stato con la sentenza n. 7749 del 12 novembre 2019, si è spinta ad affermare che l’art. 80 comma 5 lett. c) rimette alla pubblica amministrazione o stazione appaltante (e non quindi all’operatore economico) di vagliare – secondo la propria unilaterale e discrezionale valutazione – quali siano i precedenti professionali dei concorrenti ai quali vuole attribuire rilevanza nel giudicare l’integrità e l’affidabilità dell’operatore economico.
Secondo i ricorrenti, infatti l’obbligo di dichiarare i gravi illeciti professionali non si traduceva in un obbligo di dichiarare tutte le condanne penali a carico.
Di altro avviso il Consiglio di Stato, che evidenziava come “In concreto, poi, i fatti oggetto della condanna penale non potevano essere valutati palesemente inconferenti al giudizio di affidabilità dell’impresa, perché riguardavano la mancata adozione dei necessari requisiti di sicurezza (illuminazione insufficiente, mancanza di protezioni ai parapetti, inadeguata segnalazione del pericolo e mancanza di sistemi compensativi di sicurezza) nella gestione di un evento culturale”, tema questo che invece potrebbe apparire rilevante ai sensi dell’art. 80, comma 5 lett. a) che individua nella violazione della normativa in tema di sicurezza una causa di esclusione dalla gara.
Nel 2020 vi è stata, inoltre, una pronuncia interessante a livello regionale: la sentenza TAR Roma n. 8821 del 28 luglio 2020.
In questa sentenza il TAR Lazio ha deciso sul ricorso per annullamento dell’aggiudicazione di un appalto indetto dalla città metropolitana di Roma relativo alla gestione dei rifiuti nel Comune di Ladispoli.
In particolare la ricorrente, classificatasi al secondo posto della graduatoria, formulava domanda di annullamento della gara lamentando la violazione di legge e l’eccesso di potere.
Si costituiva poi in via incidentale la società controinteressata che chiedeva a sua volta l’esclusione della ricorrente ai sensi, per l’appunto, dell’articolo 80 del d.lgs. 50/2016 ed è su questo ricorso che si incentra il TAR, ritenendolo fondato.
Secondo la ricorrente incidentale, infatti, la società ricorrente aveva omesso di dichiarare gravi illeciti professionali quali la pendenza di una serie di procedimenti penali per reati quali frode in pubbliche forniture, truffa, riciclaggio nonché la condanna conseguita in seguito al patteggiamento per violazione delle prescrizioni in tema allo smaltimento di rifiuti pericolosi.
Il TAR Lazio, accogliendo il ricorso incidentale, ribadiva dunque come il fatto che realizza l’illecito professionale possa venire ricostruito alla luce delle condanne penali riportate dai vertici dell’impresa, ovvero anche in relazione alla sussistenza di procedimenti penali, in quanto l’art. 80 c.5 lett. c) comporta che l’esclusione non pervenga automaticamente per aver riportato una condanna (come previsto invece dal primo comma) ma da un apprezzamento discrezionale della stazione appaltante circa i riflessi che esso abbia sulla affidabilità dell’operatore economico.
Insomma, neanche la nuova formulazione dell’art. 80 appare offrire una “sicura” bussola all’operatore economico, che ancora dovrà affacciarsi alla procedura d’appalto con le dovute, necessarie, ponderate “cautele” in sede dichiarativa.
In particolare, il soggetto che intende partecipare ad una procedura ad evidenza pubblica deve possedere una serie di requisiti soggettivi (tra i quali rientra l’assenza di condanne penali o di misure di prevenzione) ed oggettivi (relativi alla capacità economica, nonché alle caratteristiche finanziarie ed organizzative dei partecipanti).
Per quanto riguarda i requisiti soggettivi, l’art. 80 comma 1 del Codice degli appalti indica tassativamente reati che – se accertati con una sentenza di condanna definitiva o un decreto penale irrevocabile o ancora una sentenza di applicazione della pena su richiesta ex art. 444 c.p.p. – comportano tassativamente l’esclusione dell’impresa da una gara.
Il comma 5 lett. c) del medesimo articolo, invece, annovera tra le cause di esclusione il caso in cui:
c) la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità;
Trattasi di una clausola generale che si presta quindi all’interpretazione discrezionale della stazione appaltante, in quanto non vi è alcun elenco di quali siano le condotte che consistano in “gravi illeciti professionali” (per un’analisi approfondita del testo dell’articolo 80 c. 5 lett.c, si veda l’articolo dell’Avv. Colomban pubblicato sul nostro sito qui).
È interessante inoltre sottolineare il rapporto tra l’articolo 80 comma 5 lett. c e il regime di responsabilità degli enti previsto dal d.lgs. 231/2001 (qui il nostro approfondimento).
L’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) ha infatti stabilito nelle sue Linee Guida la rilevanza dei reati previsti dal d.lgs. 231/2001 al fine della valutazione della stazione appaltante quale possibile causa di esclusione per il concorrente (salvo che, ovviamente, le stesse fattispecie non configurino altra causa ostativa che comporti l’automatica esclusione dalla procedura di affidamento ai sensi dell’art. 80 c. 1 del codice).
Analizziamo ora due pronunce degli ultimi due anni che meritano una qualche riflessione.
Innanzitutto, il Consiglio di Stato con la sentenza n. 7749 del 12 novembre 2019, si è spinta ad affermare che l’art. 80 comma 5 lett. c) rimette alla pubblica amministrazione o stazione appaltante (e non quindi all’operatore economico) di vagliare – secondo la propria unilaterale e discrezionale valutazione – quali siano i precedenti professionali dei concorrenti ai quali vuole attribuire rilevanza nel giudicare l’integrità e l’affidabilità dell’operatore economico.
Secondo i ricorrenti, infatti l’obbligo di dichiarare i gravi illeciti professionali non si traduceva in un obbligo di dichiarare tutte le condanne penali a carico.
Di altro avviso il Consiglio di Stato, che evidenziava come “In concreto, poi, i fatti oggetto della condanna penale non potevano essere valutati palesemente inconferenti al giudizio di affidabilità dell’impresa, perché riguardavano la mancata adozione dei necessari requisiti di sicurezza (illuminazione insufficiente, mancanza di protezioni ai parapetti, inadeguata segnalazione del pericolo e mancanza di sistemi compensativi di sicurezza) nella gestione di un evento culturale”, tema questo che invece potrebbe apparire rilevante ai sensi dell’art. 80, comma 5 lett. a) che individua nella violazione della normativa in tema di sicurezza una causa di esclusione dalla gara.
Nel 2020 vi è stata, inoltre, una pronuncia interessante a livello regionale: la sentenza TAR Roma n. 8821 del 28 luglio 2020.
In questa sentenza il TAR Lazio ha deciso sul ricorso per annullamento dell’aggiudicazione di un appalto indetto dalla città metropolitana di Roma relativo alla gestione dei rifiuti nel Comune di Ladispoli.
In particolare la ricorrente, classificatasi al secondo posto della graduatoria, formulava domanda di annullamento della gara lamentando la violazione di legge e l’eccesso di potere.
Si costituiva poi in via incidentale la società controinteressata che chiedeva a sua volta l’esclusione della ricorrente ai sensi, per l’appunto, dell’articolo 80 del d.lgs. 50/2016 ed è su questo ricorso che si incentra il TAR, ritenendolo fondato.
Secondo la ricorrente incidentale, infatti, la società ricorrente aveva omesso di dichiarare gravi illeciti professionali quali la pendenza di una serie di procedimenti penali per reati quali frode in pubbliche forniture, truffa, riciclaggio nonché la condanna conseguita in seguito al patteggiamento per violazione delle prescrizioni in tema allo smaltimento di rifiuti pericolosi.
Il TAR Lazio, accogliendo il ricorso incidentale, ribadiva dunque come il fatto che realizza l’illecito professionale possa venire ricostruito alla luce delle condanne penali riportate dai vertici dell’impresa, ovvero anche in relazione alla sussistenza di procedimenti penali, in quanto l’art. 80 c.5 lett. c) comporta che l’esclusione non pervenga automaticamente per aver riportato una condanna (come previsto invece dal primo comma) ma da un apprezzamento discrezionale della stazione appaltante circa i riflessi che esso abbia sulla affidabilità dell’operatore economico.
Insomma, neanche la nuova formulazione dell’art. 80 appare offrire una “sicura” bussola all’operatore economico, che ancora dovrà affacciarsi alla procedura d’appalto con le dovute, necessarie, ponderate “cautele” in sede dichiarativa.