Il progresso tecnologico porta allo sviluppo della cosiddetta “economia della conoscenza”, basata sull’utilizzo delle informazioni al fine di generarne valore. Negli ultimi anni stiamo infatti assistendo ad un aumento di prodotti culturali e scientifici che circolano all’interno del mercato nazionale e comunitario.
In questo contesto, si inserisce il rapporto tra il mondo dell’Open Science e quello della proprietà intellettuale.
La Commissione europea promuove dal 2015 una politica basata sull’Open Science, definendola come “un approccio al processo scientifico che si concentra sulla diffusione della conoscenza non appena disponibile, utilizzando la tecnologia digitale e collaborativa”.
Dalla lettura di questa definizione, risulta evidente come l’ambito della scienza aperta si contrapponga a quello della proprietà intellettuale, dove l’obiettivo è quello di fornire strumenti di tutela in via esclusiva all’autore/inventore dell’opera.
Ci troviamo così davanti a due interessi differenti:
- quello della comunità scientifica, di condividere i risultati della ricerca il più presto e ampiamente possibile;
- quello dell’industria, di controllare la diffusione di un’invenzione, stabilendone le modalità di commercializzazione al fine di ottenere tutele e profitto.
È chiaro, dunque, il paradosso che si presenta nello scenario europeo e nazionale: la contrapposizione del diritto di accesso alla conoscenza, ed il diritto alla protezione degli interessi morali e materiali del creatore.
Dal punto di vista operativo, accade infatti frequentemente, che la ricerca pubblica finanziata, realizzata nell’ambito di istituti di ricerca o universitari, porti alla realizzazione di un’invenzione che verrà successivamente brevettata e trasferita ad imprese commerciali che sfrutteranno economicamente il “trovato”.
Questo accade soprattutto nell’ambito farmaceutico e dei dispositivi medici dove l’esercizio di diritti di proprietà intellettuale (DPI) consente di accelerare il trasferimento delle conoscenze e di ridurre i ritardi nel riutilizzo dei risultati della ricerca scientifica, facilitando in questo modo un percorso più rapido dalla ricerca all’innovazione.
La Commissione europea, nel Report of Study intitolato “Open Science and Intellectual Property Rights” pubblicato nell’aprile del 2022, ha esaminato l’importante principio cardine dell’Open Science “as open as possible, as closed as necessary”, in relazione ai DPI.
In particolare, secondo la comunità scientifica i risultati scientifici dovrebbero essere il più possibile aperti e solo se necessario limitati, evidenziando inoltre che “la scienza aperta offre la protezione necessaria per i dati, le informazioni, le fonti e i soggetti di studio sensibili. Restrizioni proporzionate all’accesso sono giustificabili sulla base della sicurezza nazionale, della riservatezza, della privacy e del rispetto dei soggetti di studio”.
Pertanto, è evidente che la scienza aperta intesa come scienza pubblica e accessibile, presuppone una compressione dei diritti di proprietà intellettuale, che verranno meno ledendo in questo modo gli interessi commerciali degli imprenditori presenti sul mercato.
Ma questa prospettiva come si concilia con i diritti fondamentali alla salute e alla sicurezza?
Il panorama italiano
La diffusione della pandemia da Covid-19 ha accentuato il dibattito relativo al rapporto tra Open Science e proprietà intellettuale, soprattutto in relazione alla commercializzazione di vaccini e dispositivi medici.
Se da un lato si temeva infatti che l’esistenza di DPI sui vaccini impedisse l’accesso al pubblico ai medicinali, dall’altro lato le grandi industrie farmaceutiche vedevano la presenza di brevetti sui vaccini come incentivi necessari all’investimento sull’innovazione.
Ciò che in concreto si è poi verificato, è che gli istituti di ricerca si sono resi disponibili a brevettare tipologie vaccinali e successivamente a cedere i propri DPI alle industrie farmaceutiche per fini di commercializzazione, minimizzato così il ruolo dei finanziamenti pubblici sulla ricerca scientifica.
Tuttavia, è lo stesso Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR) che tramite la pubblicazione delle linee guida per le iniziative di sistema del PNRR, nell’ambito della Missione 4 “Istruzione e ricerca” esorta università ed istituti di ricerca a praticare il trasferimento tecnologico alle imprese mediante proprietà intellettuale.
Alcune considerazioni
Sebbene sembrino prevalere i punti di distanza tra Open Science e proprietà intellettuale, la Commissione europea nel Report of Study del 2022 ha evidenziato che non sono presenti incompatibilità tra questi due settori, assumendo un ruolo di promozione della scienza aperta e del suo equilibrio con i DPI.
Questo porta dunque a ritenere la necessità di un intervento legislativo al riguardo, che tenga conto del rapporto tra ricerca pubblica e mercato, rivedendo il sistema di valutazione ed incentivazione dei brevetti da parte dei ricercatori pubblici.