Cons. Stato, 10/1/2021 n. 632 La Sentenza in commento affronta la tematica del
limite temporale degli obblighi dichiarativi e dell’eventuale esclusione automatica nel caso d’omessa dichiarazione da parte dell’operatore economico di un’annotazione nel Casellario informatico ANAC.
In una procedura negoziata telematica la P.A. appaltante escludeva un concorrente quando scopriva che questi non aveva dichiarato la presenza di un’annotazione a suo carico sul Casellario informatico, risalente all’anno 2009.
Impugnata l’esclusione, il TAR dava tuttavia ragione alla P.A. in quanto l’omessa dichiarazione aveva negato all’amministrazione di poter valutare la gravità (o meno) del fatto illecito “annotato” ai fini di accertare l’integrità ed affidabilità del concorrente.
Di diverso avviso invece è risultato il Consiglio di Stato che, correttamente, sottolinea come non solo l’annotazione all’epoca (2009) non risultava preceduta da alcun procedimento di valutazione dell’ANAC (al tempo AVCP), risultando l’annotazione del tutto automatica ed in assenza di alcuna valenza interdittiva o sanzionatoria a carico dell’operatore, a cui si aggiunge poi che
il Regolamento ANAC del 2018 (art. 38, comma 3)
dispone il termine di durata della pubblicità delle annotazioni priva di carattere interdittivo in 10 anni. A questo punto il Consiglio ritiene poi che un obbligo dichiarativo privo dell’individuazione di un limite di operatività temporale potrebbe rilevarsi eccessivamente oneroso per gli operatori economici, imponendo loro di dover dichiarare vicende professionali anche ampiamente datate o, comunque, del tutto insignificanti nel contesto della vita professionale di una impresa.
La necessità di un limite temporale si rinviene dall’
art. 57 della Direttiva 2014/24/UE, che ha fissato in 3 anni dalla data del fatto la rilevanza del grave illecito professionale, seguita dalle
Linee guida ANAC n. 6/2016, che ha affermato la diretta applicazione nell’ordinamento nazionale della previsione di cui al predetto paragrafo.
A ciò si aggiunga anche quanto stabilito dallo stesso Consiglio di Stato nella Adunanza Plenaria n. 16 del 2020 relativamente alle “false” od “omesse” informazioni rilasciate dal concorrente in fase di partecipazione (cfr "
Risarcimento del danno in favore del concorrente illegittimamente escluso").
Sul tema la Adunanza Plenaria aveva già enunciato i seguenti principi:
- la falsità di informazioni rese dal partecipante è riconducibile all’ipotesi prevista dalla lett. c) [ora c-bis)] dell’art. 80, comma 5, del Codice Appalti;
- la Stazione Appaltante, però, è tenuta a svolgere la valutazione di integrità e affidabilità del concorrente, senza alcun automatismo espulsivo;
- stesso ragionamento vale anche nel caso di omissione d’informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, nell’ambito della quale rilevano, oltre ai casi oggetto di obblighi dichiarativi predeterminati dalla legge o dalla normativa di gara, solo quelle evidentemente incidenti sull’integrità ed affidabilità dell’operatore economico;
- l’automatismo espulsivo, quindi, si può avere solo nei casi di “falsità” di cui alla lett. f-bis) dell’art. 80, comma 5 che rappresenta però una regola residuale.
In conclusione, dice il Consiglio di Stato, le informazioni che sono dovute dall’operatore economico in sede di gara, perché incidenti sulla valutazione della sua integrità e affidabilità, sono quelle che presuppongono “obblighi dichiarativi predeterminati dalla legge o dalla normativa di gara”, e nel caso di specie
non sussiste alcuna delle due predette ipotesi, men che meno quindi
l’obbligo di dichiarare situazioni risalenti al 2009 ancorchè annotate nel Casellario informatico.