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Malpractice sanitaria: la Corte dei Conti definisce i limiti della rivalsa dell’ASL nei confronti del medico-sanitario curante
Con la sentenza n. 158/2022 la Corte dei conti della Regione Sicilia ha confermato l’ammissibilità dell’azione di responsabilità amministrativa (i.e. rivalsa) promossa dalla Procura della Corte dei Conti nei confronti di due medici operanti nel sistema sanitario nazionale per recuperare dagli stessi l’importo pagato dall’ASL al paziente a titolo di risarcimento danni nella misura complessiva di € 250.000.
Qui un breve riepilogo del caso.
Il fatto
Il paziente convocava in mediazione l’ASL competente, nonché il ginecologo e l’ostetrica per il risarcimento danni derivato ai genitori a causa del decesso della neonata avvenuto nel reparto di neonatologia. In mediazione si presentava solo il paziente e l’ASL competente, i quali, dopo aver svolto le trattative, raggiungevano un accordo transattivo che prevedeva il pagamento a favore dei genitori di € 250.000. Subito dopo e prima di firmare l’accordo, l’ASL inviava ai due medici che non avevano partecipato alla mediazione (benché – si rimarca - convocati dal paziente) una nota in cui si dava atto dell’imminente conclusione dell’accordo e si invitava gli stessi a manifestare la loro volontà di profittarne.
Il processo
Concluso l’accordo e pagata la somma dovuta, la Procura della Corte dei Conti promuoveva l’azione di responsabilità amministrativa al fine di recuperare l’importo di € 250.000 pagato al paziente dall’ASL. La Corte dei Conti, con la sentenza di primo grado, dichiarava i medici esenti da responsabilità, sia perché non avevano partecipato all’accordo, sia in quanto l’ASL non li aveva adeguatamente informati circa lo stato delle trattative in corso con il paziente svolte nell’ambito del tentativo di mediazione. Avverso tale assoluzione, il Procuratore proponeva ricorso e la Corte dei Conti di Appello, con la sentenza in commento, lo accoglieva ritenendo che i medici non avrebbero dovuto partecipare obbligatoriamente al tentativo di mediazione né tantomeno sarebbe stato obbligatorio per l’ASL adempiere a ulteriori obblighi informativi rispetto a quelli già adempiuti.
Per quanto tale sentenza abbia deciso su un tema molto specifico (nella specie, obbligatorietà della partecipazione dei medici al tentativo di mediazione e valutazione degli obblighi informativi a carico dell’ASL), l’articolata e diffusa motivazione della pronuncia giurisprudenziale dà spazio ad una riflessione più ampia sulla natura dell’azione di responsabilità amministrativa. Sul punto, deve osservarsi che la disciplina dell’azione di responsabilità amministrativa trova la sua collocazione normativa nella prima parte dell’art. 9, comma 5 della Legge Gelli:
“In caso di accoglimento della domanda di risarcimento proposta dal danneggiato nei confronti della struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica …, l'azione di responsabilità amministrativa, per dolo o colpa grave, nei confronti dell'esercente la professione sanitaria è esercitata dal pubblico ministero presso la Corte dei conti. Ai fini della quantificazione del danno, …, si tiene conto delle situazioni di fatto di particolare difficoltà, anche di natura organizzativa, della struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica, in cui l'esercente la professione sanitaria ha operato. L'importo della condanna per la responsabilità amministrativa … non può superare una somma pari al valore maggiore della retribuzione lorda o del corrispettivo convenzionale conseguiti nell'anno di inizio della condotta causa dell'evento o nell'anno immediatamente precedente o successivo, moltiplicato per il triplo. Per i tre anni successivi al passaggio in giudicato della decisione di accoglimento della domanda di risarcimento proposta dal danneggiato, l'esercente la professione sanitaria, nell'ambito delle strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche, non può essere preposto ad incarichi professionali superiori rispetto a quelli ricoperti e il giudicato costituisce oggetto di specifica valutazione da parte dei commissari nei pubblici concorsi per incarichi superiori.”.
Quando l’ASL deve provvedere al risarcimento dei danni per l’operato dei propri medici, quindi, la Procura della Corte dei Conti (N.B.: non l’ASL direttamente coinvolta, ma la Procura della Corte dei Conti) deve, in presenza dei presupposti di legge richiesti dalla Legge Gelli, promuovere azione di responsabilità amministrativa nei confronti dei singoli medici curanti. L’accoglimento dell’azione di responsabilità amministrativa, oltre all’obbligo di rifondere quanto pagato dall’ASL, produce nei tre anni successivi alla condanna anche il divieto di investitura di incarichi superiori a quelli già ricoperti (quindi, nessuna promozione) nonché obbligo dei commissari dei pubblici concorsi di valutare negativamente la condanna ai fini del superamento del concorso.
Come si ricava dalla trasposizione dell’art. 9, comma 5, Legge Gelli, tuttavia, l’azione di responsabilità amministrativa può essere accolta dalla Corte dei Conti solo in presenza di alcune condizioni/limiti, in mancanza dei quali nulla potrà essere richiesto e/o contestato al medico danneggiante.
Vediamo quali sono le condizioni e/o limiti principali previste per l’azione di responsabilità amministrativa
1. ADEMPIMENTO OBBLIGHI INFORMATIVI A CARICO DELL’ASL
La prima condizione da analizzare è quella sulla quale ha statuito la citata sentenza in commento e che di fatto è consistita nella valutazione del corretto adempimento degli obblighi informativi previsti dalla Legge Gelli in capo alle ASL. Il richiamo corre all’art. 13 della Legge Gelli:
“Le strutture sanitarie e sociosanitarie … comunicano all'esercente la professione sanitaria l'instaurazione del giudizio promosso nei loro confronti dal danneggiato, entro dieci giorni dalla ricezione della notifica dell'atto introduttivo, mediante posta elettronica certificata o lettera raccomandata con avviso di ricevimento contenente copia dell'atto introduttivo del giudizio. Le strutture sanitarie e sociosanitarie … entro dieci giorni comunicano all'esercente la professione sanitaria, mediante posta elettronica certificata o lettera raccomandata con avviso di ricevimento, l'avvio di trattative stragiudiziali con il danneggiato, con invito a prendervi parte. L'omissione, la tardività o l'incompletezza delle comunicazioni di cui al presente comma preclude l’ammissibilità delle azioni di rivalsa o di responsabilità amministrativa di cui all'articolo 9”.
In base alla disposizione in commento, quindi, sull’ASL grava l’obbligo di comunicare al singolo medico curante che ha cagionato il danno:
- l’istaurazione del processo e quindi l’atto introduttivo giudiziale notificato dal paziente alla stessa ASL entro 10 giorni dalla ricezione;
- in ogni caso, l’avvio di trattative stragiudiziali e/o mediazioni civili, con il paziente con invito a prendervi parte.
In mancanza delle condizioni sopraindicate, quindi, l’azione di responsabilità amministrativa dovrà essere respinta dalla Corte dei conti poiché inammissibile. L’inammissibilità implica che il giudice rigetterà l’azione senza esaminare il merito della causa e per il sol fatto che l’ASL non abbia ottemperato agli obblighi informativi predetti (senza che sia necessario, per esempio, valutare il presupposto della colpa grave di cui sotto).
La sentenza in commento è stata risolutiva laddove ha ritenuto non applicabili gli obblighi informativi di cui all’art. 13 della Legge Gelli nei casi in cui il paziente abbia rivolto l’azione di risarcimento danni nei confronti del medico personalmente, oltre che nei confronti della struttura sanitaria pubblica e quindi dell’ASL ad essa afferente. Ciò in quanto secondo la Corte:
“appare pacifico che i legislatore abbia inteso onerare l’Azienda Sanitaria di una funzione informativa e non dispositiva, procedendo a notiziare il Sanitario di eventi sostanziali e processuali che non gli siano stati previamente noti …” per cui tale funzione informativa “è adeguatamente svolta dalla scelta dell’attore danneggiato che ha convocato nella fase di mediazione anche i sanitari putativamente responsabili, manifestandosi possibile, ma non strettamente necessario il preteso obbligo di comunicazione a carico dell’Azienda Sanitaria”
Posta l’assenza di oneri dispositivi in capo all’ASL, può dunque affermarsi che l’omessa informazione da parte dell’ASL:
- condurrà all’inammissibilità dell’azione di responsabilità amministrativa esercitata dalla Procura della Corte dei Conti solo quando il paziente non abbia esteso l’azione stragiudiziale e/o giudiziale risarcitoria anche nei confronti del singolo medico, così impedendogli di conoscere lo stato delle trattative e/o del giudizio e quindi di parteciparvi;
- se invece il paziente ha regolarmente coinvolto il sanitario, l’azione di responsabilità amministrativa sarà ammissibile e potranno dunque essere accertati i presupposti di merito previsti dalla Legge Gelli per valutare la fondatezza della domanda di “rivalsa” (i.e. colpa grave)
Deve inoltre precisarsi come la Corte dei conti abbia statuito un altro principio molto interessante:
“ove l’attore non avvii estragiudizialmente l’azione nei confronti dei Sanitari, non sussiste alcun obbligo di convocazione di tutte le parti coinvolte (permanendo in capo all’Amministrazione il solo obbligo informativo di cui all’art. 13 della legge n. 24/2017”
In conclusione:
- la presenza del medico curante alle fasi di trattativa, mediazione e/o giudiziali tra l’ASL e il paziente non è mai obbligatoria per esercitare l’azione di responsabilità amministrativa ai sensi dell’art. 9 della Legge Gelli;
- l’ASL dovrà però sempre rispettare gli obblighi informativi previsti dall’art. 13 della Legge Gelli, a meno che sia lo stesso paziente a coinvolgere il medico direttamente, così facendo venir meno la necessità di informarlo.
2. LA COLPA GRAVE
In secondo luogo, dopo l’avveramento delle condizioni di cui sopra, la Procura della Corte dei Conti, ai sensi dell’art. 9 della Legge Gelli, dovrà dimostrare la colpa grave del medico. Sul punto, la Corte dei Conti, Sezione Lazio, con la recente sentenza 883/2021, ha stabilito che sussista “colpa grave” quando:
“si siano verificati errori non scusabili per la loro grossolanità o l’assenza delle cognizioni fondamentali attinenti alla professione, ovvero abbia difettato quel minimo di perizia tecnica che non deve mai mancare in chi esercita la professione medica, oppure vi sia stata ogni altra imprudenza che dimostri superficialità e disinteresse per i beni primari affidati alle cure di tali prestatori d’opera”
Il medico “pubblico”, quindi, potrà essere condannato dalla Corte dei Conti solo se ha commesso un errore non scusabile, ovvero abbia peccato del minimo di perizia richiesto dal suo incarico, oppure sia stato superficiale e disinteressato verso le condizioni in cui versava il paziente.
Tale valutazione, rimessa al prudente apprezzamento del giudice, dovrà essere svolta dal giudice anche in considerazione delle difficoltà che ha incontrato il medico nell’eseguire la prestazione sanitaria, incluse quelle di natura organizzativa (si pensi, ad esempio, il sovrannumero di pazienti seguiti, la mancanza di attrezzature e/o di reparti specialistici), così come richiesto espressamente dalla norma sopratrascritta.
3. IL LIMITE DEL TRIPLO DEL RETRIBUZIONE /COMPENSO
Infine, anche qualora venisse dimostrata la colpa grave, la Procura, in osservanza dell’art. 9 della Legge Gelli, dovrà pur sempre dimostrare che la somma pagata dall’ASL al paziente a titolo di risarcimento non superi del triplo l’importo della retribuzione o del compenso conseguiti dal medico nell’anno immediatamente precedente o successivo.
Nella scelta tra l’anno precedente o successivo, posto che l’art. 9 della Legge Gelli si riferisce espressamente al “valore maggiore”, deve ritenersi che, in caso di differenze, dovrà prendersi come riferimento l’anno in cui il medico ha registrato il maggior guadagno.