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L’indipendenza e l’autonomia terapeutica dei medici ai tempi del Covid diventa una questione di Giustizia Amministrativa

10/02/2022
Consiglio di Stato, 09 febbraio 2022 nr. 946 

Le Linee Guida ministeriali dedicate alla gestione domiciliare dei pazienti affetti da SARS CoV-2 sono mere raccomandazioni e perciò non possono pregiudicare l’indipendenza e l’autonomia terapeutica del medico, il quale può continuare a prescrivere i farmaci che ritiene più idonei secondo la sua scienza e coscienza.

Questo il principio di diritto definito dal Consiglio di Stato nella recente sentenza del 09 febbraio 2022, con cui è stata completamente riformata la sentenza del Tar Lazio (Sent. n. 419/2022).

La vicenda trae origine dal ricorso proposto da alcuni Medici di Medicina Generale, con cui veniva chiesto l’annullamento della circolare ministeriale che recepiva le citate Linee Guida elaborate dall’AIFA.

Più esattamente, le Linee Guida illustravano le modalità di gestione domiciliare del paziente affetto da COVID-19 prevedendo una serie di raccomandazioni, tra cui il non utilizzo di cortisonici, la somministrazione dell’eparina solo nei soggetti immobilizzati per l’infezione in atto e l’invito a evitare l’uso di antibiotici. Le citate indicazioni venivano rilasciate a seguito della conferma o meno dell’utilizzo dei vari farmaci negli studi clinici randomizzati fino ad (all)ora condotti.

Secondo i ricorrenti, le indicazioni impartite dalla Circolare imponevano delle vincolanti scelte terapeutiche ai medici, in aperto contrasto con la libertà terapeutica che contraddistingue l’attività professionale di ciascun medico, così come demandata nei termini indicati dalla scienza e dalla deontologia professionale.

Il Tar Lazio accoglieva il ricorso, affermando che il contenuto delle Linee Guida fosse “in contrasto con la richiesta professionalità del medico, e con la sua deontologia professionale, imponendo, anzi impedendo l’utilizzo di terapie eventualmente ritenute idonee ed efficaci al contrasto della malattia COVID-19” e ancora che le stesse costituissero “mere esimenti in caso di eventi sfavorevoli”, ossia regole di comportamento osservate solo al fine di evitare responsabilità professionali.

Il Ministero della Salute impugnava la sentenza, chiedendo in via cautelare la sospensione della sua efficacia.

Il Consiglio di Stato accoglieva l’appello, sin dalla richiesta cautelare, del Ministero della Salute sulla scorta di diversi principi che regolano da anni l’ars medica e, più in generale, il diritto alla salute.

Secondo i Giudici, il provvedimento impugnato contiene mere raccomandazioni e non prescrizioni cogenti, collocandosi, sul piano giuridico, “a livello di semplici indicazioni orientative per i medici di medicina generale, in quanto parametri di riferimento circa le esperienze in atto nei metodi terapeutici a livello internazionale”.

E ancora “ le linee guida lungi dall’atteggiarsi come regole di cautela a carattere normativo, costituiscono invece raccomandazioni di massima che non sollevano il sanitario di dover verificarne la praticabilità e l’adattabilità nel singolo caso concreto. (…) il rispetto delle linee guida non può essere univocamente assunto quale parametro di riferimento della legittimità e di valutazione della condotta dal medico e non può aggiungere o togliere al diritto del malato di ottenere le prestazioni mediche più appropriate  né all’autonomia ed alla responsabilità del medico nella cura e, pertanto, non può dirsi esclusa la responsabilità colposa del medico per il solo fatto che abbia rispettato le linee guida, comunque elaborate, avendo il dovere di curare utilizzando i presidi diagnostici e terapeutici di curare utilizzando i presidi diagnositici e terapeutici di cui al tempo la scienza medica dispone”.

Dunque, i Giudici di Palazzo Spada evidenziano come, sebbene il medico possa ispirarsi alle linee guida, lo stesse deve operare nel rispetto delle peculiarità del caso specifico, senza assoggettarvisi acriticamente.

La sentenza rimarca l’indiscutibile assioma per cui l’autonomia terapeutica del medico è un diritto inalienabile del professionista, il quale deve essere sempre libero di decidere in scienza e coscienza, senza sottostare a interessi, imposizioni o condizionamenti di qualsivoglia natura.

L’argomentazione della sentenza ha il pregio di cristallizzare i principi che regolano da anni l’attività del medico, tuttavia, sorge spontaneo chiedersi quanto nella pratica, effettivamente i Giudici possono accettare “l’allontanamento” dalle Linee Guida e/o protocolli, che, come giustamente ribadito, corrispondono attualmente alle evidenze della comunità scientifica.

Al proposito, non si deve dimenticare che proprio il timore di eventuali richieste di risarcimento danni ha fatto nascere il fenomeno della c.d. “medicina difensiva”, ma questa ( forse) è una altra storia.