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Legge di conversione del Decreto CuraItalia: stop ai pignoramenti sulla abitazione principale del debitore

04/05/2020

Il Decreto “Curaitalia” è stato convertito in Legge ad opera della L. 24 aprile 2020, n. 27, con l’aggiunta di alcune modifiche rispetto al testo previgente. Sebbene non siano state apportate particolari modifiche con riguardo alle “misure bancarie”, la Legge di conversione ha inserito una disposizione molto importante che di seguito si descrive.

L’art. 54 ter della Legge n. 27/2020 ha sancito la sospensione fino al 24 ottobre 2020 di tutti i pignoramenti immobiliari eseguiti, o a ancora eseguire, sull’abitazione principale del debitore (incluse le pertinenze classificate C/2, C6 e C/7). In particolare, la norma ha previsto testualmente che:

“Al fine di contenere gli effetti negativi dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, in tutto il territorio nazionale è sospesa, per la durata di sei mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare, di cui all’articolo 555 del Codice di procedura civile, che abbia ad oggetto l’abitazione principale del debitore”.

Al di là dell’impropria collocazione della disposizione nella sezione relativa alle “misure bancarie”, è evidente come la sospensione troverà applicazione fino al 24 ottobre p.v., nei confronti di tutte le procedure esecutive immobiliari pendenti, o ancora da eseguire, e ciò a prescindere dal fatto che il creditore pignorante dell’abitazione principale sia la banca, altro soggetto privato (Es. Fornitore, Somministrante ecc.) o una pubblica amministrazione (Es. Agenzia delle entrate: la quale, peraltro, anche prima di tale intervento, aveva già il divieto di pignorare l’abitazione principale in mancanza di determinate condizioni e, in ogni caso, per importi non superiori a € 20.000).

Ma cosa si intende per “abitazione principale”?

Il concetto di “abitazione principale” è legato al luogo in cui un soggetto ha la propria residenza e dimora abituale. Ciò si ricava dall’art. 13, comma 2, Decreto-legge n. 101/2011 (Decreto c.d. “Monti”) che riporta la seguente definizione:

“Per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente.  Per pertinenze   dell'abitazione   principale   si intendono esclusivamente   quelle   classificate   nelle   categorie catastali C/2, C/6 e C/7, nella misura massima di un’unità pertinenziale per ciascuna delle categorie catastali indicate, anche se iscritte in catasto unitamente all’unità ad uso abitativo”.

Pertanto, affinché si possa qualificare un immobile “abitazione principale e, conseguentemente, beneficiare della misura della sospensione del pignoramento immobiliare introdotto dalla Legge di conversione, dovranno ricorrere 3 condizioni:

  1. Il possesso e/o la proprietà dell’immobile (o altro diritto reale, quale ad esempio, l’usufrutto o il diritto di abitazione);
  2. La residenza anagrafica del soggetto e/o del suo nucleo familiare, così come risulta dall’anagrafe del Comune in cui risiede il soggetto e il nucleo familiare;
  3. La dimora abituale, intesa come elemento che sussiste continuativamente nel tempo;

Ora, nessuna questione con riguardo ai primi due requisiti, in quanto agevolmente verificabili attraverso la mera consultazione dei Registri di Conservatoria immobiliare e dell’anagrafe Comunale in cui il debitore risiede.

Al contrario, benché con riguardo specifico all’applicazione delle agevolazioni IMU e TARI previste per l’abitazione principale, è sorta di recente una questione giurisprudenziale in ordine alle modalità attraverso cui il titolare dell’immobile può “dimostrare” la ricorrenza del requisito della “dimora abituale”.

In primo luogo, il requisito della “Dimora abituale” può essere dimostrato attraverso la compilazione del “Modulo per Dimora”, predisposto da tutti i Comuni al fine di verificare la possibilità del cittadino di accedere alle agevolazioni tributarie IMU e TASI. In caso di compilazione di tale modulo, infatti, il requisito della “dimora abituale” verrà ritenuta ricorrente fino a prova contraria, e quindi sempre che l’amministrazione o altro soggetto terzo non riescano a provare la non veridicità di quanto dichiarato nel modulo.

La seconda possibilità per dimostrare la ricorrenza del requisito della “Dimora abituale” sorge nel caso in cui il cittadino non abbia sottoscritto alcun modulo.

La questione è stata recentemente esaminata dalla Corte di Cassazione in un caso di mancata applicazione delle agevolazioni IMU e TASI per l’abitazione principale. In tale pronuncia la Corte di legittimità, con sentenza n. 8627 del 28 marzo 2019, ha avuto modo di chiarire che la mancata sottoscrizione del “Modulo per dimora”, ancorché ritenuta obbligatoria da alcuni Regolamenti Comunali, non rappresenta un elemento necessario per dimostrare la “dimora abituale”, potendo il titolare dell’abitazione dimostrarne la ricorrenza attraverso il pagamento periodico delle utenze o delle bollette o, in mancanza, per il tramite di ulteriori strumenti probatori idonei a dimostrare di vivere stabilmente nell’immobile.

Proprio la difficoltà di acquisire il requisito della “dimora abituale” per accedere alla sospensione del pignoramento, potrebbe non impedire al creditore di azionare o proseguire comunque il pignoramento sull’abitazione principale. In tali ipotesi, spetterà al debitore opporsi all’attivazione e/o prosecuzione della procedura esecutiva immobiliare da parte del creditore, dimostrando al Giudice dell’esecuzione la ricorrenza del requisito della “Dimora abituale”.

A ciò si aggiunga poi come le limitazioni tipicamente previste per la definizione della “prima casa” non troveranno applicazione nel caso dell’art. 54 ter della Legge di conversione, con la conseguenza che la sospensione opererà anche:

  • per immobili residenziali con categoria catastale A1 (abitazioni di tipo signorile), A8 (abitazioni in ville), A9 (castelli e palazzi di eminenti pregi artistici e storici);
  • a favore di titolari, esclusivi o in comunione col coniuge, di diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione, su altra casa nel territorio del Comune dove si trova l’immobile oggetto di abitazione principale;
  • a favore di titolari, anche per quote o in comunione legale, di diritti di proprietà, uso, usufrutto, abitazione o nuda proprietà, su altro immobile su tutto il territorio nazionale, per i quali il soggetto ha già usufruito delle agevolazioni previste per la prima casa.


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Questo articolo fa parte della rubrica "Emergenza Coronavirus: focus per le imprese". Vedi qui gli altri approfondimenti