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LE PENALI nei contratti d'appalto pubblici
Cons.St. V°, 11/12/2014, n. 6094
Può una P.A. comminare una penale per il non corretto adempimento dell'appaltatore ed esiste una regolamentazione di questo istituto nel Codice dei contratti pubblici o nel suo Regolamento ?Il Consiglio di Stato risponde di no.
O meglio, chiarisce come l'art. 5 lett. m) del D.Lgs.n.163/2006 demandi al Regolamento l'individuazione dell'entità delle penali e la loro modalità applicativa, mentre l'art. 298 del D.P.R.n. 207/2010 stabilisce come sia il contratto a definire l'ammontare ed i termini delle penali, stabilendone altresì la giusta “gradazione” in relazione alla natura delle prestazioni dedotte pattiziamente nonché alla loro entità e complessità.
In mancanza quindi di una regolamentazione normativa, è lasciata alla libera discrezionalità delle parti la determinazione di dette “penali”, che il committente potrà applicare all'appaltatore nel caso di suo ritardo nell'esecuzione del contratto e/o in caso di suo tempestivo, ma non corretto, adempimento.
Ciò pertanto significa che in un appalto pubblico – in cui, come noto, è la P.A. appaltante ad “imporre” le condizioni esecutive (nello schema di contratto/convenzione allegato alla lex specialis) - all'appaltatore non resta che contestare le condizioni inique all'atto di stipula contrattuale (con il rischio, tuttavia, di far saltare la sottoscrizione) oppure, piu' ragionevolmente, invocarne la reductio ad equitatem nel caso d'applicazione di penale totalmente disancorate alla natura ed entità della contestata esecuzione, invocando la disciplina della clausola penale prevista dal Codice Civile (art. 1382).