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LAVORO: il mero svuotamento di mansioni non e automaticamente mobbing

24/10/2013

CASS. CIV. SEZ. LAV. 02/04/2013 N° 7985

Eccoci nuovamente sul c.d. mobbing, questa volta però in una fattispecie inedita.
Gli Ermellini infatti, nell'ipotesi sottoposta al loro insindacabile giudizio, hanno decretato l'incompatibilità dell'automatismo tra lo svuotamento di mansioni e la configurazione del mobbing.
La fattispecie in parola (mobbing) infatti, affinché possa ritenersi propriamente configurata, richiede la necessaria presenza di quattro elementi costitutivi:
a) plurimi comportamenti persecutori, posti in essere in modo sistematico e prolungato contro il dipendente;
b) intento persecutorio, ossia volontà di perseguitare o emarginare il dipendente;
c) evento lesivo sul piano professionale, morale, psicologico o fisico del lavoratore;
d) nesso causale tra la condotta del datore di lavoro ed il pregiudizio alla salute o alla personalità del dipendente.
Pertanto non può essere sufficiente, per dare prova della condotta mobbizzante, allegare la mancanza di qualsiasi ordine direttivo impartito al dipendente, di talchè lo stesso sia privo di qualsiasi mansione (fatto piuttosto frequente nelle società di grandi dimensioni), in quanto risulta invece necessario provare – in maniera rigorosa - gli atti persecutori posti in essere dal datore di lavoro, con il preciso fine di emarginare il dipendente.
La condotta mobbizzante, spiegano i giudici di legittimità, non può avere una connotazione omissiva, ma commissiva, poiché è solo da quest'ultima che è possibile apprezzare la c.d. “volontà di nuocere”, di avere cioè “il preciso intento di emarginare quel lavoratore”.
In mancanza della prova di tutti gli elementi qui sopra elencati, al datore di lavoro non può essere addebitata alcuna condotta mobbizzante, e pertanto lo stesso va mandato esente da censura.
Resta quindi il plauso per i Supremi giudici di non consentire che le aule di Tribunale siano piene di contenziosi su condotte che, prive di qualsiasi possibilità di essere rigorosamente provate, costringano il datore di lavoro a doversi difendere da domande speculative e proposte per vedersi risarcito qualsiasi “malumore” patito dal lavoratore nei luoghi dove questi opera durante la giornata.