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L’affidamento delle concessioni sotto-soglia e l’inapplicabilità delle norme in materia di appalti

10/09/2025
TAR Palermo, Sez. II, 27/05/ 2025, nr. 1165

Con la sentenza oggi in commento il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, sede di Palermo, si pronuncia su due ricorsi presentati contro l’affidamento di una concessione sottosoglia.

I ricorrenti hanno chiesto l'annullamento dell’atto con cui la S.A. ha deliberato di affidare direttamente la gestione di una casa di riposo per un periodo non superiore a 9 mesi, al fine di garantire la continuità del servizio in attesa dell'espletamento di una nuova procedura di gara.

Uno dei ricorrenti era il concessionario uscente del servizio, il cui contratto scadeva il 30 aprile 2025. In prossimità di tale scadenza, l’Amministrazione aveva avviato una procedura negoziata per un affidamento quadriennale del servizio ai sensi dell’art. 50, comma 1, lett. b), del D.lgs. n. 36/2023; tuttavia, lo stesso giorno, aveva adottato anche un’altra delibera giustificando l'affidamento diretto e temporaneo con una "situazione di estrema urgenza ed imprevedibilità" per evitare la cessazione del servizio, richiamando gli artt. 50, comma 1, lett. b) e c), e 76, comma 2, lett. b), del D.lgs. n. 36/2023.

Alla luce di ciò, i ricorrenti hanno sollevato due principali motivi.

  1. Violazione delle norme su concessioni e appalti, sostenendo che il contratto di gestione della casa di riposo dovesse qualificarsi come concessione e non come appalto di servizi. Di conseguenza, le disposizioni richiamate dalla S.A. relative agli appalti, non sarebbero applicabili alla luce del fatto che, in materia di concessioni, non è consentito l'affidamento diretto, nemmeno se temporaneo o sotto la soglia di valore per gli appalti di servizi, dovendosi invece seguire la procedura indicata dall'art. 187 del D.lgs. n. 36/2023. L'unica eccezione per un "affidamento ponte" in materia di concessioni è prevista dall'art. 178, comma 5, solo per le tratte autostradali, confermando l'impossibilità generale.
  2. Insussistenza dei presupposti per l'affidamento diretto: anche qualora le norme sugli appalti fossero applicabili, i ricorrenti hanno lamentato che non sussistevano i presupposti per l'affidamento diretto. In particolare, l'Amministrazione avrebbe artificiosamente frazionato l'appalto (riducendo la durata a nove mesi) per rientrare nel limite di legge (€140.000) per l'affidamento diretto, in violazione dell'art. 14, comma 6, del D.lgs. n. 36/2023. Inoltre, non sarebbero state presenti le ragioni di urgenza o imprevedibilità "non imputabili" alla stazione appaltante previste dall'art. 76, comma 2, lett. c), dato che l'Amministrazione era ben consapevole della scadenza del contratto.

L'Amministrazione intimata ha eccepito l'inammissibilità parziale del ricorso del gestore uscente, in quanto, proprio in qualità di gestore uscente, non avrebbe potuto aspirare a un nuovo affidamento a causa del principio di rotazione.

Il Collegio ha ritenuto fondata tale eccezione e ha affermato che il principio di rotazione, espressamente richiamato per i contratti di concessione di importo inferiore alla soglia europea dall’art. 187 del D.lgs. n. 36/2023, impedisce che l'affidatario uscente venga invitato a una nuova procedura, per garantire la concorrenza e prevenire il consolidarsi di posizioni di rendita. Di conseguenza, il ricorso del gestore uscente è stato dichiarato inammissibile nei termini in cui pretendeva di essere invitata per un nuovo affidamento.

Il ricorso dell’altra ricorrente è stato invece ritenuto ammissibile e il Giudice ha ribadito chiaramente i seguenti principi.

La distinzione cruciale tra concessione e appalto

Il punto centrale della sentenza riguarda la qualificazione giuridica del rapporto. Il Collegio ha qualificato l'affidamento come una concessione e non come un appalto di servizi.

La sentenza chiarisce la differenza sostanziale tra appalto e concessione:

  • Appalto: il rischio d'impresa è limitato all'erogazione del servizio, indipendentemente dalla sua redditività. Il committente sostiene l'esborso finanziario.
  • Concessione: il concessionario assume un rischio operativo significativo, legato alla gestione dei lavori o dei servizi, che può riguardare sia la domanda che l'offerta. La sua remunerazione dipende direttamente dai proventi della gestione, e non è garantito il recupero degli investimenti o dei costi sostenuti in condizioni operative normali. Questo rischio deve comportare una "reale esposizione alle fluttuazioni del mercato". L'art. 177, comma 2, del D.lgs. n. 36/2023 riprende questo concetto.

Nel caso di specie, la sentenza ha rilevato che:

  • Il provvedimento impugnato prevedeva che l'affidatario avrebbe remunerato l'Amministrazione per la gestione del servizio.
  • L'avviso per l'affidamento quadriennale faceva riferimento a un "canone offerto in rialzo".
  • Il contratto con la controinteressata stabiliva che l'affidatario avrebbe corrisposto una somma all’Amministrazione e avrebbe incassato direttamente dagli utenti le rette per l'ospitalità.
  • Analogamente, il precedente contratto prevedeva che il Concessionario avrebbe versato un canone all'Amministrazione e incamerato le rette dagli utenti.

Questi elementi sono stati considerati prove inequivocabili che l'affidatario si assumeva il rischio operativo, tipico di una concessione.

Inapplicabilità degli affidamenti diretti alle concessioni sottosoglia

Avendo qualificato l'affidamento come concessione, il Collegio ha esaminato la disciplina applicabile. La sentenza sottolinea che il nuovo codice dei contratti pubblici (D.lgs. n. 36/2023) ha regolamentato in via autonoma le concessioni, riconoscendone una dignità propria rispetto agli appalti, sia per gli aspetti sostanziali che procedurali. In particolare, per le concessioni di importo inferiore alla soglia europea, la scelta del Legislatore del 2023 è stata di operare una "radicale inversione di rotta" rispetto alla disciplina previgente, regolamentando autonomamente l'affidamento di tali contratti senza alcun rinvio alle disposizioni dettate per i contratti di appalto e, soprattutto, senza alcun richiamo all’art. 50 del D.lgs. n. 36/2023.

L'articolo applicabile è il 187 del D.lgs. n. 36/2023, che stabilisce che per le concessioni sottosoglia l'ente concedente può procedere mediante procedura negoziata, senza pubblicazione di un bando di gara, previa consultazione di almeno 10 operatori economici, nel rispetto del criterio di rotazione.

La conclusione centrale del TAR è che, per le concessioni, l'affidamento diretto non è mai consentito, neanche per importi inferiori alla soglia europea. La disciplina specifica dell'art. 187 esclude la possibilità di ricorrere alle procedure semplificate previste per gli appalti, come l'affidamento diretto. Il primo motivo di ricorso è stato, pertanto, ritenuto fondato.

In sintesi, la sentenza rafforza la distinzione tra appalti e concessioni nel diritto amministrativo, sottolineando l'autonomia della disciplina delle concessioni nel nuovo codice dei contratti pubblici e chiarendo che, a differenza di alcune forme di appalti, gli affidamenti diretti non sono ammessi per le concessioni, nemmeno quando il loro valore è al di sotto della soglia europea, richiedendo sempre l'applicazione di procedure selettive nel rispetto del principio di rotazione.