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L’abuso di posizione dominante nell’uso dei diritti di proprietà intellettuale: in particolare, l’evergreening

09/11/2023
Gaspare Castelli
Elena Panella

Le  piccole, medie e grandi imprese  investono parte delle proprie  risorse in attività di Ricerca e Sviluppo (R&S) per progettare e fabbricare prodotti di varia natura, come farmaci, cosmetici,  dispositivi di protezione individuale, dispositivi medici, software e  varie tecnologie  di intelligenza artificiale. Uno degli obiettivi è quello di “monetizzare” l’investimento attraverso lo sfruttamento dei diritti di proprietà intellettuale o industriale (diritto d’autore, marchi, brevetti, know-how ecc.), cioè nuove creazioni quali invenzioni, opere d’ingegno, disegni, modelli, simboli, sviluppo di nuove conoscenze tecniche, nonché nomi e immagini utilizzate dall’impresa.

Questo obiettivo talvolta conduce gli operatori economici, soprattutto le grandi imprese, ad intraprendere attività mirate a prolungare la loro posizione di monopolio, con l’effetto di limitare illecitamente la concorrenza e realizzare un abuso di posizione dominante sul mercato. Vediamo un caso in cui l’(ab)uso dei diritti di proprietà intellettuale e industriale può generare condotte illecite in quanto volte a ostacolare indebitamente la concorrenza e di fatto impedire  l’ingresso di nuovi concorrenti, integrando la fattispecie dell’abuso di posizione dominante.

La concorrenza e la disciplina dell’abuso di posizione dominante

Le condotte anticoncorrenziali sono disciplinate a livello europeo nell’art. 101 del Trattato di Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE):

Sono incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato interno …”

A sua volta, l’art. 102 del TFUE qualifica come incompatibili le attività di abuso di posizione dominante nella parte in cui stabilisce che:

“È incompatibile con il mercato interno e vietato, nella misura in cui possa essere pregiudizievole al commercio tra Stati membri, lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato interno o su una parte sostanziale di questo.”

La normativa italiana peraltro disciplina l’abuso di posizione dominante nell’art. 3 della legge n. 287/90, che recita:

“È vietato l'abuso da parte di una o più imprese di una posizione dominante all'interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante, ed inoltre è vietato:
a) imporre direttamente o indirettamente prezzi di acquisto, di vendita o altre condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose;
b) impedire o limitare la produzione, gli sbocchi o gli accessi al mercato, lo sviluppo tecnico o il progresso tecnologico, a danno dei consumatori;
c) applicare nei rapporti commerciali con altri contraenti condizioni oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti, così da determinare per essi ingiustificati svantaggi nella concorrenza;
d) subordinare la conclusione dei contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari che, per loro natura e secondo gli usi commerciali, non abbiano alcuna connessione con l'oggetto dei contratti stessi.”

Sulla base di tali divieti posti dal legislatore europeo e nazionali, esaminiamo una tipologia di condotta che, seppur formalmente lecita, è in grado di integrare un abuso del diritto ed esporre le imprese al rischio di violazioni e conseguenti sanzioni amministrative-pecuniarie.

Un caso pratico: l’evergreening e i brevetti divisionali abusivi

Il c.d. "evergreening" è una pratica che attiene i brevetti, cioè diritti di proprietà intellettuale e industriale in forza dei quali all’impresa titolare viene conferito il diritto esclusivo di sfruttare l’invenzione brevettata, impedendo ad altri di produrre, vendere o utilizzare l’invenzione senza autorizzazione del titolare.

Nello specifico la pratica di “evergreening” consiste nell’estendere artificialmente la vita di un brevetto al fine di prolungare il periodo di esclusività dei prodotti brevettati. Tale finalità può produrre un effetto illecito distorsivo sul mercato per mezzo dell’abuso del cd. “brevetto divisionale”. Il brevetto divisionale è disciplinato dall’art. 76 nella Convenzione sul Brevetto Europeo, ai sensi del quale:

“1. Una  domanda  divisionale  di  brevetto  europeo  deve   essere depositata direttamente  presso  l'Ufficio  europeo  dei  brevetti  a Monaco o presso la sua sede dell'Aia.  Essa  può  essere  depositata soltanto per degli elementi che non si estendono oltre  il  contenuto della domanda iniziale quale è stata depositata; nella misura in cui questa esigenza è soddisfatta, la domanda divisionale è considerata depositata alla data di deposito della domanda iniziale  e  beneficia del suo diritto di priorità.
2. Una domanda divisionale  di  brevetto  europeo  può  designare soltanto Stati contraenti già designati nella domanda iniziale.
3.La procedura per l'applicazione del paragrafo 1, le  condizioni che una domanda divisionale deve soddisfare come pure il termine  per il versamento delle tasse di deposito, di ricerca e  di  designazione sono stabiliti dal regolamento di esecuzione.”

Per ciò che invece concerne la normativa nazionale, è possibile fare riferimento a quanto statuito dal legislatore italiano nel Codice della Proprietà Industriale all’art. 161, comma 2, (D. lgs. 10 febbraio 2005, n. 30) in tema di unicità dell'invenzione e divisione della domanda:

Se la domanda comprende più invenzioni, l'Ufficio italiano brevetti e marchi inviterà l'interessato, assegnandogli un termine, a limitare tale domanda ad una sola invenzione, con facoltà di presentare, per le rimanenti invenzioni, altrettante domande, che avranno effetto dalla data della domanda primitiva. Tale facoltà può essere esercitata dal richiedente, anche in mancanza dell'invito dell’Ufficio italiano brevetti e marchi, prima che quest'ultimo abbia provveduto alla concessione del brevetto.”

Il brevetto divisionale è un tipo di brevetto che deriva da una domanda di brevetto precedente (domanda “originaria”, “base” o “madre”) della quale contiene alcuni elementi che non potevano rientrare nella stessa, mantenendone però la data di deposito e rivendicandone la stessa priorità. Grazie alla tutela offerta dal brevetto divisionale, le imprese sono  di fatto in grado di estendere  il “monopolio” sui prodotti brevettati. Tale tutela è lecita fintanto che la domanda di brevetto venga arricchita dal titolare con elementi effettivamente innovativi; è invece abusiva in loro mancanza qualora venga utilizzata con lo scopo di manipolare la concorrenza restringendo il mercato e arrecando danno ai consumatori.

Un esempio di suddetta fattispecie illecita è offerto dalla vicenda che ha coinvolto un colosso del mercato farmaceutico, sanzionato dall’AGCM per 10,6 milioni di euro.

In particolare, secondo l’AGCM, l’azienda dominante sul mercato di riferimento (di cui deteneva il 60% delle quote), oltre all’avvio illegittimo di una litigation giudiziale per scoraggiare o rendere maggiormente onerosa la vendita dei farmaci generici e interdirne direttamente la commercializzazione, avrebbe realizzato la condotta di evergreening costituita proprio dall’artificiosa estensione della protezione brevettuale in Italia oltre la il termine di scadenza del brevetto principale.

Pertanto, l’Autorità, mediante provvedimento n. 23194 (A431) del 2012, ha accertato che detta condotta fosse finalizzata ad ostacolare l’ingresso sul mercato dei concorrenti cd “genericisti”(produttori di farmaci “generici” o “equivalenti”). Secondo l’indagine dell’AGCM la condotta integrava l’ipotesi di abuso di posizione dominante in quanto la multinazionale avrebbe:

  • reso più oneroso il costo di ingresso sul mercato per i concorrenti;
  • ritardato l’ingresso dei farmaci equivalenti sul mercato;
  • mantenuto l’esclusiva della commercializzazione di farmaci a base di un principio attivo, anche successivamente il venir meno della copertura brevettuale;
  • provocato un mancato risparmio per SSN.

La vicenda in questione si è conclusa, a seguito del ricorso promosso dalla multinazionale,  con una pronuncia giurisdizionale del Consiglio di Stato che ha confermato l’abuso di posizione dominante per condotte anticoncorrenziali e l’importo della sanzione irrogata dall’AGCM (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, Sent., (data ud. 14/01/2014) 12/02/2014, n. 693)

In conclusione

I mercati caratterizzati da un alto livello di competitività tra le imprese, con un focus specifico sulla ricerca e sull'innovazione, sono spesso terreno fertile per l'emergere di pratiche abusive: le aziende per ottenere nuovi brevetti e mantenere la posizione di “monopolisti” nel mercato possono in determinati casi integrare l’abuso di posizione dominante per il tramite della pratica concorrenziale illecita dell’evergreening. Proprio a causa di queste frequenti dinamiche, le autorità di vigilanza nazionali ed europee prestano una particolare attenzione a tali settori: per le aziende che operano in settori altamente competitivi e orientati all'innovazione, è quindi cruciale bilanciare attentamente le strategie di proprietà intellettuale al fine di evitare che sfocino in illeciti concorrenziali, come l’abuso di posizione dominante.