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La condotta di un soggetto apicale può “contagiare” la società e portare alla sua esclusione
Il TAR Lazio è intervenuto su un tema cruciale per gli operatori economici, ovvero la valutazione dell’inaffidabilità professionale in presenza di condotte penalmente rilevanti in ambito corruttivo imputabili a soggetti con ruoli, anche solo di fatto, apicali.
Oggetto del giudizio era l’esclusione di un operatore economico, disposta da una stazione appaltante nei confronti di una società il cui ex rappresentante legale, pur formalmente dimissionario, risultava ancora pienamente coinvolto nella governance del gruppo societario.
La decisione del TAR conferma la legittimità dell’esclusione, valorizzando alcuni passaggi centrali:- il silenzio della ricorrente rispetto all’esistenza di un’indagine penale e all’adozione di una misura cautelare nei confronti del soggetto in questione;
- l’attualità e la gravità dei fatti contestati, riconducibili a condotte corruttive commesse nell’ambito di altre procedure pubbliche;
- l’inefficacia delle misure di self-cleaning adottate, giudicate dalla stazione appaltante tardive, formali e incapaci di produrre una reale cesura.
Siamo dunque nell’ambito d’applicazione del cd. principio del “contagio reputazionale”, che consente di estendere l’inaffidabilità della persona fisica alla società da essa diretta o controllata, anche solo in via sostanziale. Richiamando alcuni precedenti giurisprudenziali, il TAR ribadisce che l’amministratore di fatto – anche se formalmente cessato – può “contagiare” l’ente sotto il profilo reputazionale, a maggior ragione se questi continua a esercitare una influenza determinante sulle decisioni societarie.
Secondo tale prospettiva diviene dunque rilevante che la condotta sia maturata nell’ambito generale dell’attività professionale e riveli un rischio concreto per l’integrità dell’operatore.
Nel caso in commento hanno sicuramente pesato l’omessa comunicazione all’Amministrazione di provvedimenti rilevanti intervenuti a carico del soggetto indagato, e dunque un mancato onere informativo da parte dell’Operatore Economico. Ciò ha sicuramente integrato, nell’ottica dell’Amministrazione, un chiaro indice di inaffidabilità.
Le misure di self-cleaning, inoltre, sono state ritenute non idonee a dimostrare una discontinuità gestionale effettiva. Ciò significa, ad esempio, che le dimissioni del soggetto, la cooptazione di nuovi amministratori, la costituzione di un diritto di usufrutto sulle partecipazioni ed altre soluzioni adottabili, devono accompagnarsi a una riorganizzazione sostanziale, idonea a disinnescare ogni rischio di continuità con condotte passate.
Infine il TAR sottolinea come sia del tutto legittimo per l’Amministrazione, ai fini dell’esclusione dell’operatore, valorizzare indizi gravi, precisi e concordanti, anche se ancora privi di accertamento giudiziario, purché inseriti in un percorso istruttorio solido e non pretestuoso.
In sintesi, l’integrità richiesta oggi non è (più) solo formale. Essa investe la sostanza dei rapporti interni all’impresa, e impone – tanto agli operatori quanto alle stazioni appaltanti – una lettura sistematica e prudente della catena societaria e dei poteri effettivamente esercitati.
Chi non se ne dota, si espone. Chi ne sottovaluta l’importanza, sbaglia.