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Il Jobs Act e il patto di prova apposto al contratto di lavoro
Trib.Torino, Sez.Lav., 16/09/2016, est. Mancinelli
La pronuncia in commento si segnala per la novità della questione trattata, alla luce della nuova disciplina introdotta dal c.d. Jobs act, e l’applicabilità dello stesso a fronte di un patto di prova apposto al contratto, poi dichiarato nullo dal giudice.
Cosa accade in questo caso? Reintegra o indennità risarcitoria di 2 mensilità per ogni anno lavorato?
La fattispecie sottoposta ad esame del Giudice del Tribunale di Torino ha stabilito che se il patto di prova è nullo (nella specie apposto al contratto successivamente al suo inizio e/o formazione), l’attivazione del recesso per “mancato superamento della prova” di fatto assurge ad un atto arbitrario, ovvero ad nutum, privo cioè di una giusta causa e/o giustificato motivo, gli stessi necessari presupposti per la verifica della legittimità di un provvedimento espulsivo.
Da tale considerazione il Tribunale ha fatto discendere la tutela reale piena, e pertanto, pur in pendenza della disciplina di cui al Jobs act, la reintegra del lavoratore e il pagamento di tutte le mensilità perdute.
Pertanto, risulta ancora una volta sconfessato l’assunto che in nessun caso, dopo l’avvento del contratto a tutele crescenti, il lavoratore non possa più avere il diritto alla ricostituzione del rapporto, persistendo nel nostro ordinamento, certamente nei casi più eclatanti, ma anche nelle fattispecie meno particolari, come quella descritta sopra, il diritto alla tutela reale piena, introdotta nel nostro ordinamento dall’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori.
Tuttavia, e per completezza, si segnala anche una recentissima pronuncia del Tribunale di Milano, est.Bertoli del 14/03/2017 nella quale, relativamente ad una identica fattispecie, pur a fronte di una conclamata nullità del patto di prova, il Giudice adìto ha concluso per la pena attenuta, condannando il datore di lavoro al pagamento di due mensilità per ogni annualità di lavoro svolto alle dipendenze del datore di lavoro. In tale caso infatti, secondo il Giudice meneghino, pur a fronte dell’attivazione di un patto di prova nullo, il recesso datoriale doveva essere inquadrato nella fattispecie del licenziamento e sottostare alla disciplina del Jobs act, quella cioè delle tutele crescenti sulla base delle annualità di servizio effettivamente rese.
Concludiamo pertanto nel segnalare questo contrasto giurisprudenziale e per ribadire la necessaria attenzione con cui vanno redatti i contratti di lavoro e la predisposizione delle singole clausole in essi contenute, per non trovare poi brutte sorprese in fase giudiziale.