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L’interesse difensivo all’accesso dell’offerta tecnica va dimostrato in concreto
Cons. Stato, V, 21/08/2020 n. 5167
Con la sentenza in commento la V° sezione del Consiglio di Stato dichiara la piena legittimità del diniego all’acceso all’offerta tecnica dell’aggiudicatario in mancanza della prova, da parte dell’istante, della stretta “indispensabilità” della conoscenza di detti documenti per la propria difesa in giudizio.
La questione trae origine da un’istanza riferita ad una procedura di gara informale, formulata dal 2° graduato che la motivava per la “tutela e difesa dei propri interessi e diritti in sede giurisdizionale nella qualità di operatore economico partecipante alla gara”.
L’Amministrazione, preso atto dell’opposizione dell’aggiudicatario nonché tenuto conto della natura sensibile (sotto il profilo industriale e commerciale) dei dati contenuti in detta offerta tecnica, negava parzialmente l’accesso.
L’istante allora impugnava il diniego parziale avanti il TAR, che accoglieva il ricorso sulla base dell’assunto che “l’interesse difensivo [della richiedente] debba essere valutato in astratto e, comunque, in senso ampio e comprensivo di qualsivoglia mezzo di tutela (tra cui l’azione risarcitoria), deducendo che le necessità difensive poste a fondamento dell’istanza d’accesso escludono in ogni caso l’operatività del limite previsto dall’art. 53, comma 5, lett. a), del predetto d.lgs. n. 50 del 2016”.
A quel punto l’aggiudicatario, appellando la sentenza di 1° grado, deduce:
- la mancata dimostrazione, da parte del ricorrente, dell’“interesse difensivo” alla conoscenza dei documenti acceduti;
- l’omessa indicazione del concreto mezzo di tutela che l’istante avrebbe attivato a valle dell’accesso all’offerta tecnica, a fronte della generica affermazione circa l’esigenza di tutela e difesa dei propri interessi in sede giurisdizionale;
- la dimostrazione invece, dal canto suo, dell’effettiva sussistenza di un segreto industriale o commerciale meritevole di salvaguardia.
Per dirimere la controversia il Consiglio di Stato parte dalla considerazione che l’accesso al “saper fare”, ovvero alle competenze ed esperienze maturate nell’esercizio dell’attività industriale e commerciale da parte di un operatore non può essere ammesso se non è dimostrata puntualmente l’esigenza di difesa, proprio perché l’accesso a queste informazioni “speciali” concorre a definire e qualificare la competitività di quell’impresa nel mercato aperto alla concorrenza.
Ciò in quanto l’accesso nelle gare d’appalto è consentito, secondo il Codice dei contratti, solo per esigenze di difesa in giudizio, previsione più restrittiva di quella generale dell’art. 24, comma 7, L.n. 241/90, che consente invece un ventaglio più ampio di possibilità d’accesso correlate alla dimostrazione che la conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici (in una proiezione NON necessariamente processuale).
Da ciò ne consegue che il Consiglio di Stato, riformando la sentenza impugnata, conferma il diniego d’accesso della S.A. sulla base dei seguenti assunti:
- l’accesso ad informazioni contenenti eventuali segreti tecnici o commerciali dev’essere sostenuto da una istanza che dimostri nel “concreto” non già un generico interesse alla tutela dei propri interessi ma l’effettiva necessità, da intendersi in termini di “stretta indispensabilità”, d’utilizzo di detta documentazione in uno specifico giudizio, il che equivale ad affermare che l’interesse difensivo all’accesso va verificato in concreto;
- l’onere della prova di detto nesso di strumentalità incombe su chi agisce /richiede.
Da ciò ne deriva che il rapporto di “strumentalità” tra la documentazione richiesta e l’interesse all’accesso che il soggetto intende soddisfare dev’essere inteso in senso “restrittivo” ovvero dev’essere eseguita una valutazione in concreto, da parte della P.A. ed, ancor piu’, del Giudice, in ordine alla possibilità (o meno) d’accoglimento della domanda sostanziale eventualmente proponibile dall’istante la richiesta d’accesso agli atti.